La cultura è uno dei principali motori dell’economia e della ripresa in Italia. Quasi 90 miliardi di euro di valore aggiunto e 160 miliardi creati nel resto dell’economia, equivalenti al 16,7% del valore aggiunto nazionale. Oltre a 1,5 milioni di occupati (quasi 22mila unità in più del 2015), che rappresentano il 6% del totale dei lavoratori in Italia. Sono alcuni dei numeri del Sistema produttivo culturale e creativo presentati nel Rapporto “Io sono cultura”, uno studio che, annualmente, quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia italiana.
Elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche e di Sida Group, il Rapporto “Io sono cultura” è stato presentato a Roma alla presenza del ministro Dario Franceschini e del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, dal Segretario Generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, dal Presidente di Symbola Ermete Realacci e dal presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello.
Il Rapporto
Dall’analisi del rapporto, presentato dal segretario generale Tripoli, emerge con chiarezza quanto il ‘sistema Italia’ debba a cultura e creatività: il 6% della ricchezza prodotta in Italia, nel 2016, pari a 89,9 miliardi di euro. Ma non finisce qui: perché il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) ha un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia pari a 1,8. In altre parole, per ogni euro prodotto dal SPCC, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,9 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 160, per arrivare a quei 250 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 16,7% del valore aggiunto nazionale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano. Più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 37,9%, è attivata proprio dalla cultura e dalla creatività.
I settori, i trend
Le industrie culturali producono, da sole, oltre 33 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 37,1% della ricchezza generata dal SPCC, dando lavoro a 492mila persone (32,9% del settore). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 12,9 miliardi di valore aggiunto (il 14,4% del totale del comparto), grazie all’impiego di 253mila addetti (16,9%). Performing arts e arti visive generano invece 7,2 miliardi di euro di ricchezza e 129mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono quasi 3 miliardi di euro di valore aggiunto e oltre 53mila addetti.
A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 33,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 37,2% dell’intero sistema culturale e creativo) e 568mila addetti (38% del totale del sistema culturale e creativo).
Guardando alla dinamica dei settori, il dato eclatante è che, a differenza del quinquennio precedente, tutti i segmenti registrano bilanci positivi, sia in termini di valore aggiunto che di occupazione. Le performance più rilevanti rimangono connesse ai segmenti che già negli ultimi cinque anni avevano mostrato segnali positivi, come il design (+2,5% per valore aggiunto e +1,9% per occupazione), i videogame (+2,5% per il valore aggiunto e +1,7% per occupazione) e la produzione creative-driven (+1,7% per valore aggiunto e +1,5% per occupazione).
Pur restando il talento il cuore di tutti questi settori, al dinamismo descritto ha contribuito anche il significativo incremento dei livelli di istruzione richiesti alle professioni culturali e creative. Tra il 2011 e il 2016 coloro che operano nel Sistema Produttivo Culturale e Creativo e sono in possesso di una laurea sono aumentati dal 33 al 41%: valore nettamente superiore al resto dell’economia, in cui si è registrato un incremento inferiore a 3 punti percentuali (dal 17 al 20%). Segno che il comparto ha individuato anche nella crescita delle competenze una delle risposte alla crisi che ha investito orizzontalmente tutti i settori, in particolar modo quelli legati al Core cultura.
Geografia della cultura
La provincia di Roma, con il 10%, è al primo posto in Italia per incidenza del valore aggiunto del Sistema Produttivo Culturale e Creativo sul totale dell’economia. Seconda Milano (con il 9,9%), terza Torino, attestata sulla soglia dell’8,6%. Seguono Siena (8,2%), Arezzo (7,6%) e Firenze (7,1%). E ancora: Aosta, attestata al 6,9%, Ancona (6,8%), Bologna e Modena, entrambe al 6,6%. In termini di occupazione, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano, attestata al 10,1%. Al ridosso si collocano Roma (8,7%), Arezzo (8,6%%), Torino (8,2%), Firenze (7,6%), Modena Bologna e Trieste (tutte e tre al 7,5%), Monza-Brianza (7,3%) e Aosta (7,2%).
Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui, la cultura e la creatività producono il 7,4% del valore aggiunto. Seguono, da vicino, il Nord-Ovest (6,8%) e il Nord-Est, la cui incidenza si attesta al 5,5%. Il Mezzogiorno, ricco di giacimenti culturali e un patrimonio storico e artistico di primo ordine a livello mondiale, non riesce ancora a tradurre tutto ciò in ricchezza; solo il 4,1% del valore aggiunto prodotto dal territorio è da ascrivere alla cultura, il che rappresenta un problema ma allo stesso tempo un’opportunità di rilancio, su cui siamo obbligati a investire nei prossimi anni. Dinamiche simili si riscontrano per l’occupazione, con il Nord-Est che, in questo caso, mostra una performance leggermente migliore di quella del Nord-ovest.
Franceschini: orgoglioso che la cultura sia diventata centrale
“In quattro anni – ha spiegato Franceschini nel suo intervento – la cultura è diventata centrale nel dibattito pubblico e nelle scelte politiche del Paese. Questo è il risultato di cui sono più orgoglioso. Sono cambiate delle cose: è finita la stagione dei tagli, è emerso nel dibattito politico il tema della cultura come elemento centrale e si è ripreso a investire, ma c’è ancora molto da fare. È importante lavorare per governare la crescita del turismo internazionale del nostro Paese, continuare a accrescere le risorse umane ed economiche pubbliche e private per il settore, sostenere lo sviluppo delle industrie culturali creative”.
Le industrie culturali e creative
Per Franceschini è necessario fare di più sul fronte delle industrie culturali e creative. “Se abbiamo fatto tanto in materia di tutela – e stiamo facendo cose innovative dal punto di vista della valorizzazione del patrimonio – abbiamo ancora tantissimo da fare, sia dal punto di vista legislativo sia dal punto di vista di sostegno al settore, per quanto riguarda le industrie culturali e creative”. C’è una grande dinamicità, ci sono dei numeri enormi che “sono cresciuti senza che nel sistema politico ci fosse la consapevolezza di che cosa potrebbe voler dire investire nelle industrie culturali e creative nel nostro Paese”.
Altri paesi hanno fatto diventare quel settore “un settore trainante per la crescita e la creazione di occupazione”. La sfida della prossima legislatura, per Franceschini, è fare di più. “Questo settore – ha spiegato – ha fatto questi numeri senza che fosse centrale nelle scelte strategiche del Paese, se diventa centrale i numeri saranno numeri che cresceranno molto più in fretta e che dimostreranno che nel nostro Paese si può utilizzare il nostro patrimonio materiale e immateriale in modo da rispettare il dettato costituzionale dell’articolo 9 e contemporaneamente far diventare questo settore di grande sviluppo”.
Boccia: la cultura diventi un driver di sviluppo per il Paese
Per Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, “la cultura deve diventare un driver di sviluppo della politica economica del Paese”. “Non abbiamo materie prime, non abbiamo petrolio, ma abbiamo la cultura e la bellezza che devono diventare il punto di caduta da cui iniziare una stagione di Rinascimento del Paese”, ha aggiunto Boccia. Per farlo, però, “è necessario recuperare il senso di appartenenza a una comunità ed essere consapevoli e orgogliosi di ciò che siamo. Dobbiamo passare alla storia per chi lo ha fatto e non per chi lo ha detto”.
Realacci: la cultura è il soft power del Paese
Il presidente della fondazione Symbola, Ermete Realacci, ha definito la cultura il soft power italiano. “I dati contenuti in questo rapporto – ha detto – confermano che la cultura non solo fa mangiare l’Italia, ma è anche una parte importante del carisma dell’Italia nel mondo. Possiamo dire che è il soft power del nostro Paese”. I settori che investono di più in creatività, ha notato Realacci, sono quelli che vanno meglio: “producono più occupazione, esportano di più, innovano di più. Insomma, la cultura è una caratteristica vincente dell’Italia nel mondo. Abbiamo tanti problemi nel nostro Paese, ma abbiamo anche delle risorse e dei talenti che spesso sottovalutiamo. Questo rapporto ci mette in condizione di censire queste risorse e questi talenti”.