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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
Al via la Netflix italiana della cultura: un sistema in grado di promuovere audience development e rafforzare tutta la filiera (spazi fisici compresi)?

Da qualche settimana si fa un gran parlare, non solo tra gli esperti della materia ma anche sui principali media nazionali, del progetto del ministro Dario Franceschini di lanciare una “Netflix della cultura”.

L’argomento è rilevante per il grande pubblico perché ad un grande pubblico il progetto guarda, proponendo – finalmente! – una visione di politica pubblica volta a valorizzare l’imponente patrimonio nazionale all’interno del nuovo ecosistema digitale.

Molti treni sono stati persi, in questi anni, e non solo dall’Italia, ma dalla vecchia Europa tutta, per il timore che i contenuti on-line spezzassero modelli di business consolidati delle imprese operanti nei settori culturali e creativi. Si temeva che commercializzare musica o prodotti audiovisivi sul web avrebbe non solo stimolato la pirateria ma, soprattutto, avrebbe allontanato le persone dai luoghi fisici, e dalle piattaforme tradizionali. Nel frattempo Amazon, Facebook, Netflix, Spotify costruivano competenze e consolidavano modelli economici conquistando pubblici mondiali e lasciando i gruppi media del vecchio continente anni luce indietro.

Un progetto nazionale a forte valenza industriale, ma con una chiara missione pubblica non può, quindi, che essere benvenuto. Prova a mettere a sistema tentativi e pratiche su cui musei, siti archeologici, teatri e singoli creativi stanno lavorando intensamente, specie dopo lo scoppio della pandemia, nella direzione di ritrovare on-line i propri pubblici e, perché no, raggiungere nuove comunità, nuovi utenti, con nuove forme di comunicazione. Peraltro singoli esperimenti (vedi ad esempio La Cavalleria Rusticana trasmessa via Facebook dal San Carlo di Napoli) stanno dando risultati molto interessanti e fanno ben pensare che una nuova piattaforma in grado di veicolare il meglio della produzione nazionale (anzi europea, come nel disegno del Ministro Franceschini), con una offerta di qualità e a prezzi contenuti, sistemi di distribuzione efficienti (mettendo da parte per un attimo i problemi di interconnessione e digital divide del nostro Paese) e una grafica accattivante, potrebbe rivelarsi come una soluzione win-win per il pubblico e per le imprese.

Ancora una volta, però, occorrerebbe abbandonare il solito bipolarismo tra apocalittici (il digitale distruggerà il mondo come lo conosciamo ed è un pericolo che va osteggiato in tutti i modi) e integrati (viva il digitale che spezza gerarchie e mediazioni consolidate e allarga l’offerta a tutti) per entrare nel merito del “come”. Su questo, sulle modalità con cui valorizzare al meglio – nel modo più efficiente, inclusivo e abilitante (nel senso di costruttore di competenze) possibile – i contenuti culturali sul web, il dibattito, pubblico e specialistico, è ancora molto indietro e sarebbe davvero importante che una iniziativa come quella promossa dal Mibact assieme a CDP lo accendesse e nel modo migliore.

Propongo qui due spunti di riflessione, tra le tante questioni in gioco legate ad un progetto di tale portata (tra queste alcune già esplicitate sui quotidiani in questi giorni, come quella della governance, ovvero del progetto industriale, altre ancora nell’ombra, come le modalità con cui condividere i ritorni economici con produttori di contenuti, autori ecc.).

Il primo spunto riguarda il “sistema di raccomandazione”, ovvero il modo in cui i contenuti della nuova piattaforma verranno selezionati per gli utenti. Netflix ha un sistema di raccomandazione (cd “recommender system”) il cui obiettivo è quello di trattenere gli utenti il più a lungo possibile sulla piattaforma. A questo fine il recommender profila gli utenti, impara dai loro comportamenti e propone contenuti il più possibile attrattivi e fidelizzanti: non importa che prodotti siano, l’importante è che inchiodino le audience a non abbandonare il magico mondo di Netflix.

È evidente che una piattaforma nazionale con una forte mission pubblica come quella su cui sta lavorando CDP – e Chili Tv come provider scelto per la sua realizzazione – deve porsi ben altri traguardi. Fidelizzare la propria utenza è strategico, ma il valore aggiunto sta nel proporre contenuti di qualità alzando l’asticella delle abitudini di fruizione del pubblico, sta nel creare competenze in modo nettamente inclusivo, sta nel valorizzare anche prodotti difficili e di nicchia.

Un progetto a forte visione pubblica deve, quindi, necessariamente prevedere un sistema di selezione dei contenuti da proporre agli utenti che spinga nella direzione opposta a quella dei recommender tradizionali, ovvero promuova diversità e coesione sociale, stimoli le persone e le comunità ad aprirsi e uscire dalle proprie bolle. Addirittura potremmo immaginare un recommender che incoraggi una fruizione digitale “collettiva”, ovvero svolta da comunità riunite fisicamente o collegate in remoto, per ricostruire coesione, dibattito, relazione. Si tratta di tematiche complesse e sfidanti, sulle quali l’Ufficio Studi Rai ha avviato un progetto di ricerca per il 2021, nella convinzione che la trasformazione digitale sia ancora tutta da pensare ed “addomesticare” con obiettivi di benessere pubblico.

Il secondo spunto riguarda il rapporto tra contenuto digitale e luogo fisico. Il problema non è tanto che l’offerta trasmessa sul digitale sottragga utenti agli spazi fisici della cultura, quanto che molti spazi fisici della cultura (cinema, teatri, musei ecc.) fatichino sempre di più a incontrare il proprio pubblico, specie le nuove generazioni e sono alla ricerca di nuovi strumenti, linguaggi ed opportunità. Sarebbe interessante, quindi, esplorare, mediante la nascente piattaforma italiana della cultura, delle modalità per promuovere anche gli eventi in presenza, grandi e piccoli che siano.

Per definire il come mettere in campo queste strategie, quali le più adatte a dialogare con un pubblico in continua trasformazione, costantemente sollecitato da media e prodotti in grado di generare ampie gratificazioni sensoriali, è necessario fare un netto balzo di visione.

A questo fine la governance di un simile progetto deve coinvolgere competenze multidisciplinari che abbiano già fatto proprio il paradigma della trasformazione digitale, ingegnere/i, sociologhe e sociologi, esperte/i di cultura già abituati a fare del patrimonio uno strumento vivo di dialogo con e tra la società. Per arrivare a costruire una piattaforma culturale inclusiva, abilitante e smart.

L’inizio di una piccola rivoluzione culturale del Paese.

ABSTRACT

The Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism in Italy is going to launch, together with Cassa Depositi e Prestiti, a digital platform that gives paid access to Italian cultural heritage: music, opera, theatre, cinema and virtual museum visits will be available online for the national and international public. It is a major public policy project that poses major challenges. Among others, the coding of a recommendation system with a public vocation, very different from traditional platforms like Netflix. By selecting and proposing quality content, this new tool will instead promote audience development and encourage diversity and social cohesion.

Flavia Barca

Flavia Barca

Flavia Barca è una esperta di settori culturali e creativi. Svolge attività di consulenza e formazione per la pubblica amministrazione, l’università e istituzioni private realizzando progetti, analisi di scenario, piani strategici, studi di fattibilità. È consulente senior per l’Ufficio Studi Rai, è componente dell’Osservatorio di genere e del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo presso il Ministero della Cultura, è nel board del progetto europeo Heriwell sul rapporto tra patrimonio culturale e wellbeing, è impegnata in progetti di sviluppo locale a base culturale, presiede l’Associazione Acume da lei fondata. Ha pubblicato numerosi articoli, saggi e libri. Per Letture Lente ha curato, tra le altre cose, il dossier sull’eguaglianza di genere nei settori culturali e creativi.

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