
In questo apparente ritorno alla normalità – o meglio di co-costruzione di un new normal – immaginando diversi futuri possibili, aree di mezzo nel realizzarli, molte le incognite, le illuminazioni frammentarie, over esposizione e over informazione. Michela Marzano titola un suo recente pezzo “Non lo so”. Suona come un atto di richiamo a una necessaria umiltà dopo fiumi di parole che hanno, anche in ambito scientifico, minato la fiducia dell’opinione pubblica, alimentato confusione sotto cielo. Un richiamo all’onestà per una reale messa in discussione del mondo che abbiamo costruito, fuori da ogni trappola gattopardesca, verso una profonda trasformazione antropologica. Gli stessi concetti chiave del nostro quotidiano come mobilità, spazio pubblico, densità, ma anche contatto, incontro, relazionalità piena e ricca sono in discussione.
Ma ciò che emerge nettamente è la grande capacità di resistenza e di re-azione, una accresciuta predisposizione al cambiamento – di pensiero e azione. Stiamo sperimentando il concetto di anti-fragilità, questa volta su larga scala. Oltre la fragilità, oltre la resilienza, impariamo.
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Molte città, per esempio – le prime ad avere subito gli impatti più diretti della crisi – sono state e restano attori di primo piano nell’elaborazione di risposte con effetto immediato sulle comunità locali, come dimostra per esempio un recente rapporto del Joint Research Centre della Commissione europea che evidenzia vulnerabilità e punti di forza di quelle finora conosciute come “città culturali e creative” in Europa. Anche se resta difficile ad oggi misurare con esattezza gli impatti globali della crisi, diverse città sono identificate dal rapporto tra quelle potenzialmente più a rischio: Venezia e Firenze in primis, ma anche Bologna e Milano e, fuori dall’Italia, Parigi, Francoforte, Helsinki, Stoccolma e Vilnius, tra le altre. A supportare questa ipotesi di rischio sono gli elevati livelli di ‘arts-jobs intensity’ (cioè numero di lavori culturali e artistici procapite) rilevati in queste città a cui va aggiunta la forte connessione di questi lavori con molti altri comparti dell’economia, primo tra tutti il turismo.
Allo stesso tempo, sono numerose le misure varate dalle città a supporto dell’ecosistema culturale locale, ma anche dalle stesse organizzazioni culturali in risposta all’emergenza e oltre. Tre sono gli assi di principale trasformazione che emergono dall’analisi delle pratiche bottom-up: ripensamento della mission per rispondere a nuovi bisogni delle comunità locali; nuovi format di eventi secondo i nuovi standard di sicurezza sanitari; e nuovi modelli di business attarverso i quali non solo diffondere ma anche monetizzare i contenuti – nota ancora troppo dolente nella dialettica arte-digitale. È così che nascono progetti – tra i numerosi recensiti dal report – come quello avviato dal MAMbo di Bologna che è stato in grado di trasformarsi da luogo di esposizione a luogo di produzione per gli artisti locali; i progetti di “danza partecipata” della Norrlandsoperan di Umeå (Svezia) o i ‘take away concerts’ dell’Aarhus Music House (Danimarca) che hanno permesso agli artisti di andare incontro ai propri pubblici, nei cortili o per le strade, ribaltando così tradizionali schemi di fruizione; o ancora deLIVEry a Torino che consegna cibo a domicilio insieme a coupon per accedere a contenuti online esclusivi, in collaborazione con live club e artisti. Azioni, non ancora strategie in un momento che mette in discussione in ruolo delle grandi metropoli, ponendo nuovi accenti sulle città medio-piccole in un’ottica di rifunzionalizzazione sociale ed economica. Ma emergono anche domande sulla capacità dei territori di integrare la Cultura in un disegno di sviluppo complessivo. Abbiamo bisogno di rivisitare concetti come “smart city”, “creative city” , “digital city”, “green city”… “città della cura”, alla luce di bisogni da tempo evidenti, ma resi più visibili e urgenti dalla pandemia.
I contributi pubblicati sul numero di luglio di Letture Lente offrono spunti importanti per alimentare queste riflessioni.
Apriamo con un dialogo tra Paolo Venturi e Pier Luigi Sacco, che invocano la “Cultura come grammatica della ripartenza”, colonna della salute mentale di una società, lente per guardare ciò che accade, filtrarne le ragioni, immaginare nuove soluzioni. Sacco legge la grande irripetibile chance di leggere la riconversione post COVID-19 non solo come grande iniezione di potere di spesa (una torta da far a fettine) ma come occasione per ripensare profondamente l’educazione nel XXI secolo. Entrambi ci portano a riflettere sulla presa di coscienza del ruolo dell’impresa sociale come agente culturale in grado di “catalizzare dei nuovi mercati del benessere, della cura, dell’inclusione e dell’educazione”, in dialogo con il mondo della Cultura e al suo impatto sociale. “L’imprenditorialità culturale quando si declina in simbiosi con la propria comunità diventa fra l’altro oltre che uno strumento per la competitività dei territori, anche una freccia nell’arco delle politiche d’innovazione e inclusione sociale.”
Il mondo culturale come cura del singolo e della comunità, alleato della giustizia sociale nelle politiche di sviluppo dei territori (inclusi quelli al margine) e delle pratiche di innovazione dei servizi e dei paradigmi educativi, diventa occasione concreta di rilancio del mondo culturale da un lato e dei territori dall’altro. Lo rappresentano efficacemente Alessia Zabatino e Cristina Alga in questo numero, in assonanza con la riflessione di Emanuela Gasca su un turismo che pensa alla prossimità e alla qualità della vita delle persone. “(…) il contrasto alle disuguaglianze è possibile solo se cresce la qualità culturale nei territori, che deve essere oggi alimentata da uno sforzo creativo profondo e radicale e da nuove e inedite alleanze, necessarie più che mai per affrontare la crisi che si aggrava” (Franco Lorenzoni). Opportunità che possono essere colte solo se accettiamo la fine del modello entropico, basato sulla cieca economia del consumo, verso una nuova unione tra economia e società, come ci racconta il sociologo Mauro Magatti, anima del movimento della generatività sociale, intervistato da Vittoria Azzarita.
Ma se è possibile trovare segnali di cambiamento “dal basso”, la Cultura tarda ad acquisire centralità nelle politiche nazionali, come scrive Franco Milella che, avanzando proposte, commenta le ultime iniziative nazionali, dal Decreto Rilancio agli “Stati Generali”. La Cultura è sempre presente, ma rimane ancorata a una visione passata e passatista, la cui priorità resta, sì, la salvaguardia del patrimonio, ma per lo più a fini turistici. I musei sono “Ferrari con il freno a mano tirato”, afferma Antonio Lampis nell’intervista al Sole 24 Ore per il commiato al suo incarico – svolto egregiamente – alla omonima direzione generale del Mibact.
L’hackaton di respiro europeo, Hack4Cult, lanciato da Fondazione Compagnia di S. Paolo indica con chiarezza le grandi sfide del settore culturale e creativo, messo a dura prova dalla crisi. Lo rappresenta in questo numero Paolo Stratta attraverso il percorso dell’organizzazione che dirige – Cirko Vertigo – in fase di ripensamento strategico per raggiungere pubbici sempre più ampi.
Questo numero offre inoltre approfondimenti tematici per un ripensamento radicale degli spazi urbani (Luisella Carnelli), del digitale che ci mette sempre più in connessione rivoluzionando il concetto di pubblico (Simone Arcagni, Claudio Calveri), nonché dei sistemi formativi, che qui trattiamo con un focus sul mondo dello spettacolo a cura di Antonio Taormina. Bisogno di ripensamento che ritroviamo anche i contributi raccolti da Fondazione Symbola, nostro partner, in preparazione al X rapporto annuale “Io Sono Cultura”, e che qui rilanciamo.
Buona #letturalenta
Letture Lente è la rubrica di approfondimento culturale di AgCult, che ospita recensioni di libri e studi, e riflessioni di studiosi e professionisti che ruotano attorno al tema della Cultura in una duplice accezione: Cultura, quale patrimonio di conoscenza che concorre alla formazione dell'individuo sul piano intellettuale e morale e all'acquisizione della consapevolezza del proprio ruolo nella società; e Cultura quale settore di attività che ha di per sé una valenza sociale ed economica ma il cui valore viene moltiplicato dalle interazioni che intercorrono tra il comparto culturale in senso lato (musei, audiovisivo, video giochi, editoria, musica, teatro, arti visive, artigianato, ecc.) e numerosi altri settori di attività, dal turismo alla salute, passando per le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. È in questa duplice veste che Letture Lente tratta del tema Cultura, interrogandosi in particolare sul ruolo che questa può giocare di fronte alla sfide epocali identificate dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – dalla povertà educativa, alle disuguaglianze di genere al cambiamento climatico.
Vedi anche: “Letture Lente”: studi e approfondimenti, oltre la notizia.
Catterina Seia e Valentina Montalto