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di Catterina Seia e Valentina Montalto

Lo sviluppo economico e quello sociale sono interrelati. Un assioma che il periodo Covid e il post Covid rende evidente. L'animo umano è preso dal desiderio di riportare indietro la lancetta, a un passato non sostenibile, ma un profondo cambiamento culturale è in corso. Partendo dall’economia. Con modelli di business sconvolti, danni profondissimi aggravati dall’incertezza che penalizza l’occupazione, paralizza consumi e investimenti, proprio l’economia mostra la chiara necessità di creare un ambiente abilitante per combinare interventi di breve termine, ponte verso una nuova la normalità, con quelli di lungo termine che tracciano una rotta per la crescita attraverso nuovi paradigmi.

Da oltre oceano, in risposta alla schizofrenia del ciuffo ribelle, arrivano chiari segnali. Un anno fa –  pare sia trascorsa un’eternità, un cambio d’epoca – veniva siglato lo storico patto verso un nuovo capitalismo sostenibile e inclusivo da parte di 181 leader delle principali aziende americane aderenti alla potente associazione d’impresa Business Roundtable. A gennaio scorso – anche questo lontano –  il forum di Davos, tutto centrato sull’economia circolare, pareva fugare i dubbi di opportunismo e maquillage. Buoni propositi messi a dura prova dall’avanzata dello spettro pandemico che, immergendoci in una narrativa di emergenza rapportata alla guerra, ha riposizionato al centro il ruolo dello Stato.

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Come ci ricorda il prof. Mario Calderini (La Repubblica) siamo ancora in una “terra di mezzo”, occorrerà tempo ma la strada della trasformazione è sempre più tangibile: ricostruire una nuova società, una nuova economia, senza scorciatoie e sconti. Migliore. “Significa che la ricetta, per l’impresa e la politica, non potrà essere fare le cose apparentemente nuove con modelli vecchi, ma scommettere su un ripensamento che deve partire dalla contaminazione virtuosa (…), oltre la tracotanza di chi pensa che prima o poi la bufera passerà e con una spruzzatina di sostenibilità ciascuno potrà tornare alle proprie piccole o grandi rendite di posizione a spese del bene comune.”

Pensiero in linea con quello Mario Draghi. Nel breve termine tutte le risorse sono state mobilitate per proteggere i lavoratori e le imprese con debiti pubblici che stanno crescendo a ritmi senza precedenti in periodi di pace e hanno raggiunto il trecentotrenta per cento del prodotto interno lordo a livello globale e il quattrocento per cento nei Paesi maggiormente sviluppati. “Non è un male di per sé, ma occorre distinguere tra debiti cattivi, essenzialmente legati a sussidi di breve termine, e i debiti buoni destinate a finanziare gli investimenti e la crescita di lungo periodo”. Draghi ha tracciato un’agenda da costruire “insieme”, con pragmatismo e flessibilità, che pone al centro “sostenibilità, scuola e capitale umano, elementi essenziali per l’inclusione e l’equità generazionale”, per uscire dalla crisi e dalle diseguaglianze. Diseguaglianze che il Covid ha esacerbato, come ci evidenzia l’allarme lanciato da Save the Children nel rapporto presentato in questi giorni, a sei mesi dalla dichiarazione della pandemia, portando all’attenzione dell'opinione pubblica un milione di bambini in più, nel nostro Paese, caduti nella povertà assoluta: priorità proteggere le nuove generazioni, alleviare le conseguenze psicologiche della crisi, combattere il rischio di lavoro minorile e la povertà educativa. Lo shock che viviamo agisce in modo multiforme e diseguale. Sotto molti aspetti la crisi ha evidenziato fragilità preesistenti. Da altri punti di vista ha accelerato tendenze già in atto. Sono stati infine introdotti elementi nuovi, che potrebbero avere sviluppi in futuro.

Il Recovery Plan Nazionale di ripresa e resilienza, le cui linee guida articolate in sei missioni (digitale, ambiente, infrastrutture, scuola e formazione, inclusione sociale e salute) hanno avuto il semaforo verde la scorsa settimana. È la grande opportunità, se non verrà trasformata in una torta da tagliare a fette e in interventi non sistemici, per i quali siamo campioni. “Passaggio storico, occasione unica per costruire il rilancio del Paese” l’hanno definita i vari ministri. Linee guida, arrivate dopo altre linee guida che si sono susseguite nei mesi, e la produzione di linee guida a mezzo di linee guida non rafforza la credibilità, risorsa centrale per il buon Governo come diceva Einaudi. Aspettiamo di vedere i progetti dettagliati che possono essere presentati fino a inizio 2021, quando l’Italia potrà impegnare il 70 per cento dei fondi stimati al momento in 191,40 miliardi sui 209 previsti (67,7 di sussidi e 127,6 di prestiti), investimenti che dovranno essere accompagnati tassativamente dal  pacchetto di riforme che Bruxelles richiede.

“NextGenerationEu è un’onda di rinnovamento che rende la nostra Unione leader nell’economia circolare. Non è un progetto ambientale ed economico: deve essere un nuovo progetto culturale. (…) e dobbiamo dare al nostro cambiamento sistemico una sua estetica, per abbinare lo stile alla sostenibilità”, tuona Ursula Von der Layen in occasione del suo discorso sullo Stato dell'Unione Europea.

La Cultura, anch’essa ferita, dopo aver bussato alla porta per decenni saprà/vorrà giocare in modo strategico, fuori da ogni retorica, il suo potenziale ruolo trasformativo da enzima sociale nel piano di rinascita? Quali possibili alleanze strategiche e generative potranno nascere tra la Cultura e gli altri settori per rispondere alle crescenti diseguaglianze, abbracciando la complessità con le azioni sistemiche che essa richiede?

Con l'intento di ragionare su alcune piste di futuro, Artlab, la piattaforma di politiche culturali che fa tappa a Bergamo, dal 23 al 26 settembre, in un luogo simbolico della rinascita dallo tsunami del Covid, in collaborazione con il CCW-CulturalWelfareCenter, apre per la prima volta con un dibattito sul welfare culturale, analizzando le interazioni complesse tra la pandemia e una serie di tendenze già operanti in diversi ambiti nella sessione “Cultura, benessere e coesione sociale” con esperti del mondo della Salute, della Cultura e del Sociale.

Consigli di lettura: segui Rivista Pandora. Paradigmi e modelli di sviluppo.

IN QUESTO NUMERO

#LettureLente dagli esordi intende contribuire e alzare l’attenzione coinvolgendo il mondo culturale nel dibattito in corso sulla giustizia sociale, sulle diseguaglianze, perno degli SDGs ONU, risorsa per il ripensamento strategico di imprese, organizzazioni pubbliche e private. Il rinnovamento sociale, infatti, non può che nascere da un contesto in cui la giustizia sia in grado di avere un impatto benefico generale sul sistema-paese, fertilizzandolo con nuove idee, rendendolo più coeso.

Nel mese di agosto Letture Lente ha lanciato la sua prima “call for paper” diretta a raccogliere riflessioni esperte e trasversali sul gender gap, partendo dal mondo della cultura e riflettendo proprio sul ruolo della cultura nella costruzione di nuove visioni in questo momento storico, ridisegnando politica, economia e società. Il dossier è un work in progress, gestito da Flavia Barca, che ha recentemente curato lo speciale di Economia della cultura sullo stesso tema. Stiamo raccogliendo buone pratiche, testimonianze, studi, riflessioni, per stimolare le politiche pubbliche.  Promuovere il pensiero delle donne significa tutelare i diritti, il pluralismo, promuovere la partecipazione civica e una società della cura. È una battaglia ideologica e nel contempo “gestione della diversità” come risorsa, tema al centro della cronaca e nel dibattito nazionale di queste settimane.

Il commento di un critico sulla direttrice d’orchestra Joana Mallwitz “che dirige come un uomo” ha sollevato accese reazioni nel mondo musicale, così come una messa all’indice sempre più netta dei convegni “per soli uomini”, dove i panel sono composti di personalità prevalentemente di sesso maschile (“mannels”), è ormai all’ordine del giorno, in alcuni casi spingendo anche alte cariche dello Stato (il Ministro Provenzano) a declinare l’invito. I gap permangono fortissimi (l'Istat ci ricorda che una donna su tre lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio e che l'uscita dal mercato del lavoro è quasi sempre definitiva). Accanto a interventi di policy che entrano nel vivo della distribuzione di risorse (ad esempio il pay gap, così come l’accesso ai vertici delle aziende – non dimentichiamo il segnale importante che è venuto da Papa Francesco che ha introdotto nel Consiglio per l’Economia della Santa Sede sei donne, laiche, scelte tra docenti universitarie e manager del mondo della finanza), le battaglie culturali affrontano quel sistema di consuetudini e stereotipi che è il primo fattore di resistenza al cambiamento. Occorre soprattutto modificare il messaggio, la narrazione sul ruolo delle donne nella società e il valore che rappresentano, e in questo modo il cammino per l’equità di genere diverrà più semplice, quasi automatico.

In questa direzione vanno le prime due reazioni alla call, le riflessioni di Paola Dubini e di Elisa Manna, che portano un contributo rilevante al dibattito. Secondo Manna le “costellazioni valoriali” in grado di orientare lo sviluppo futuro necessitano di un cambio di mentalità, lavorando su un’offerta pro-sociale dedicata a target particolarmente sensibili come quello dell’infanzia, cominciando così a diffondere sin dai primi anni concetti come tolleranza e rispetto della diversità. Anche Dubini segnala l’importanza di lavorare nella produzione di contenuti nuovi, in quanto gli stereotipi influenzano la gestione delle risorse (poche donne al vertice) e la mancanza di donne nelle scelte impedisce di modificare il senso comune, lo storytelling.

Un contributo alla “riflessione lenta” al cambiamento sociale proviene dalla “culturalizzazione” in corso delle imprese sociali che si sta configurando come fenomeno, che va di pari passo alla crescente attenzione all’impatto sociale da parte delle imprese culturali. Andrea Biondello, Anna Voltolini e Flaviano Zandonai e di Franco Broccardi e Giovanna Romana rispondono alla riflessione avviata nello scorso numero da Paolo Venturi. È sceso in campo il Gruppo cooperativo Cgm – il principale network italiano che associa cooperative sociali e loro consorzi, quale infrastruttura di sistemi di welfare locale, che ha avviato una ricerca per mappare la ricchezza delle esperienze in campo di welfare culturale. Ma se la cultura è già spesso parte integrante dell’offerta di servizi volta ad assistere ed includere le fasce più deboli della popolazione, resta da capire come completare questo processo di convergenza affinché cultura e sociale possano, insieme, affrontare sfide sociali, ambientali ed economiche, alimentando una nuova generazione di servizi.

Sono percorsi leggibili nella recensione del volume “Transizioni” (Prinp Editoria d’arte, Torino 2020) a cura di Roberto Mastroianni e in nuovi progetti visionari e innovativi come Di Bellezza Si Vive, multicentrico, volto al contrasto della povertà educativa.

Ampliare i pubblici e ridurre i gap. Arte e sport possono dialogare? Stimolano il dibattito due studiosi attivi nella scena anglosassone, Franco Bianchini e Jonathan Long. Il tema è strategico, soprattutto per un Paese come l’Italia in cui lo sport – il calcio in particolare – la fa spesso da padrone nella gestione del tempo libero. È realistico pensare a un ampliamento dei pubblici dell’arte e della cultura attraverso delle collaborazioni cross-settoriali ?

E non possono mancare gli appuntamenti fissi: con il digitale, grazie a Claudio Calveri che con grande lucidità e dati alla mano, ci accompagna mensilmente nelle opportunità della transizione e sul turismo 4.0, di nuova generazione, con la voce nuova di Emma Taveri, che dalle masse guarda ai “cittadini temporanei”, alla prossimità, alla creazione di benessere territoriale come presupposto per l’attrattività.

 

Sopravvivere non è abbastanza

Star Trek

 

Letture Lente è la rubrica di approfondimento culturale di AgCult, che ospita recensioni di libri e studi, e riflessioni di studiosi e professionisti che ruotano attorno al tema della Cultura in una duplice accezione: Cultura, quale patrimonio di conoscenza che concorre alla formazione dell'individuo sul piano intellettuale e morale e all'acquisizione della consapevolezza del proprio ruolo nella società; e Cultura quale settore di attività che ha di per sé una valenza sociale ed economica ma il cui valore viene moltiplicato dalle interazioni che intercorrono tra il comparto culturale in senso lato (musei, audiovisivo, video giochi, editoria, musica, teatro, arti visive, artigianato, ecc.) e numerosi altri settori di attività, dal turismo alla salute, passando per le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. È in questa duplice veste che Letture Lente tratta del tema Cultura, interrogandosi in particolare sul ruolo che questa può giocare di fronte alla sfide epocali identificate dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – dalla povertà educativa, alle disuguaglianze di genere al cambiamento climatico.

Catterina Seia e Valentina Montalto

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