
Le capitali italiane della cultura sono frutto dell’esperienza europea lanciata nel 1985. Nel 2011 il Sen. Alfonso Andria, Presidente del Centro Universitario Europeo per i beni culturali, presentò un disegno di legge per introdurre il programma annuale ‘Città della Cultura’ ispirato al ‘metodo EcoC’ (European Capital of Culture). Nel 2014, in occasione della designazione di Matera 2019, le città finaliste furono simbolicamente indicate Capitali italiane della cultura per il 2015. Un bando è stato poi lanciato per gli anni successivi, che ha portato Parma a ottere il titolo nel 2020, mentre il 2 marzo scade il termine di presentazione del dossier di candidatura 2021. In questo numero analizziamo il fenomeno di capitale culturale, con alcuni osservatori qualificati.
Concepito come un mezzo per avvicinare i cittadini europei, il programma ‘Città europee della cultura’ venne lanciato nel 1985 dal Consiglio dei Ministri su iniziativa dell’allora Ministro greco della cultura Melina Mercouri. Nel 1999 l’iniziativa è stata ribattezzata ‘Capitale Europea della Cultura’ (European Capital of Cultue – ECoC) e finanziata nell’ambito del Programma Cultura 2000; nello stesso anno, per evitare la feroce concorrenza tra le città, sono state introdotte nuove procedure di selezione che, di anno in anno, assegnano la candidatura ad uno o più Paesi. Secondo questo nuovo criterio di assegnazione, nel 2019 il titolo di Capitale Europea della Cultura, fu assegnato all’Italia e molte città iniziarono un percorso di candidatura. Matera proclamò nel 2008 l’intenzione di candidarsi e, insieme ad un gruppo di città italiane, entrò in una short-list con altre 5 centri urbani: Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna, Siena. Il 17 ottobre 2014, una giuria internazionale composta da 13 membri, designò Matera Capitale Europea della Cultura con il progetto “Open Future” (il dossier di candidatura è sul sito matera-basilicata2019.it).
Pianificazione strategica, progettazione integrata, partenariato pubblico-privato, partecipazione dei cittadini sono le principali direttrici dei percorsi di candidatura che, in considerazione della complessità della procedura introdotta e della necessità da essa richiamata di disegnare un nuovo progetto, non solo culturale, della città candidata, in molte città italiane furono avviati i necessari momenti di riflessione e di organizzazione di una possibile candidatura. L’attualità del tema fu colta anche da Ravello Lab, il forum europeo promosso annualmente, sin dal 2006, da Federculture e dal Centro Universitario per i Beni Culturali, con sede a Ravello. Ravello Lab – Colloqui Internazionali rappresenta un originale modello di incontro e confronto di respiro europeo sul fronte delle politiche culturali per lo sviluppo che, nell’edizione 2010, giunto alla sua quinta edizione, aprì le sue riflessioni all’esperienza delle politiche urbane in chiave di sviluppo. Con il titolo ‘Lo sviluppo guidato dalla cultura: Creatività, Crescita, Inclusione Sociale. Le Politiche Urbane per la competitività territoriale’ i Colloqui Internazionali di Ravello hanno posto al centro della loro analisi le città e le loro potenzialità di sviluppo economico, di competitività, di attrazione di talenti, di creatività ma anche ma anche come luogo di forti contraddizioni sociali. Nell’Anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, il Laboratorio di Ravello volle sottolineare come le dinamiche culturali possano costituire un potente vettore di inclusione e di coesione tra i diversi strati della cittadinanza e di dialogo tra le culture. Il tema era già stato al centro della precedente edizione 2009 con, sullo sfondo, l’analisi delle potenzialità delle Capitali Europee della Cultura; tema ripreso anche nell’edizione 2010, in riferimento al dibattito e alle iniziative già avviate in diverse città italiane in vista del 2019, anno in cui la designazione avrebbe riguardato l’Italia. Le Raccomandazioni di Ravello Lab 2009 segnalarono come fosse necessario introdurre un “Modello progettuale delle Capitali Europee della Cultura come modalità di intervento ordinario nella pianificazione strategica dello sviluppo”. Il Sen. Alfonso Andria, presidente del Centro Universitario Europeo per i beni culturali di Ravello presentò, il 21 dicembre 2011 un disegno di legge che prevedeva l’istituzione del programma annuale ‘Città italiana della Cultura’ tra i cui obiettivi era previsto “sollecitare le città e i territori a considerare lo sviluppo culturale quale paradigma del proprio progresso economico locale e di una maggiore coesione sociale”.
Il programma ECoC, in effetti, mostra notevoli punti di interesse e può rappresentare uno stimolante tema di discussione in considerazione dell’esperienza ormai trentacinquennale del modello che ha messo in luce straordinarie potenzialità di policy culturale e non solo, favorendo l’introduzione di strumenti di pianificazione strategica, di progettazione integrata e di proficuo rapporto tra pubblico e privato, con esiti assai interessanti sulla riqualificazione e rigenerazione urbana, sulla crescita economica e sui processi di inclusione sociale.
Dalle migliori esperienze europee, infatti, emerge la positività di una modalità di pianificazione strategica che, ponendo al centro dello sviluppo urbano un progetto culturale, è in grado di integrare altre dimensioni di intervento, dall’urbanistica alla mobilità, dalla riconversione di spazi industriali dismessi all’intervento sulle periferie, stimolando attività centrate sulla cultura e sulla creatività e coinvolgendo attivamente la società civile. La connessione tra cultura e rigenerazione urbana è peraltro era resa evidente dall’esperienza delle Capitali Europee della Cultura di maggiore successo (a Ravello arrivarono Lille 2004, Liverpool 2008, Essen for the Ruhr 2010, Istanbul 2010, Turku 2011, Guimaraes 2012), che hanno usato il programma EcoC come occasione-chiave per la riconversione economica di città ricche di tradizioni culturali o ex industriali, per la riqualificazione di zone urbane dismesse, di rivitalizzazione della società civile, con l’intenzione strategica di usare il turismo culturale per rinvigorire un’economia stagnante, ottenere un riconoscimento internazionale, migliorare significativamente la reputazione della città, attrarre investimenti e talenti creativi. Di particolare rilevanza fu l’esperienza di Essen Capitale Europea della cultura 2010, primo caso di candidatura di area vasta che ha interessato oltre 50 centri urbani, con capofila la città di Essen. Proprio il più famoso e 'grigio' bacino industriale nel cuore dell'Europa ha oggi completamente cambiato pelle grazie ad un gigantesco progetto di riqualificazione ambientale, culturale, produttivo. Investita da una profonda crisi economica, l’area mineraria della Ruhr ha individuato nelle produzioni culturali e nelle industrie creative un nuovo sentiero di crescita. La regione, che ricomprende imponenti complessi di archeologia industriale (l’antico stabilimento carbominerario di Zollverein è oggi un attrattivo museo ed è stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco), è ora al centro di importanti progetti strategici di riconversione industriale, di riqualificazione urbanistica, di riorganizzazione dei servizi di offerta culturale, di stimolo alla creatività e all’industria creativa.
I positivi risultati del modello Capitale europea della cultura portarono per prima la Gran Bretagna ad internalizzare la metodologia ECoC e a lanciare il programma a livello nazionale, con la proclamazione, nel 2013, di Londonderry Città della cultura del Regno Unito. Il programma 'Città della Cultura' è stato promosso dal Governo inglese (www.dcms.gov.uk) alla luce dei cospicui risultati prodotti dall'esperienza di Liverpool 2008 Capitale Europea della Cultura che, per la prima volta, previde un importante apparato di monitoraggio e valutazione, messo a punto da un gruppo di lavoro dell'Università di Liverpool, guidato da Beatriz Garcia (i risultati dell'indagine, sono consultabili sul sito www.impacts08.net promosso congiuntamente dalla Municipalità e dall’Università di Liverpool). Si tratta di risultati di grande importanza che riguardano il sistema culturale, la riqualificazione urbanistica (infrastrutture, riconversione di aree dismesse, mobilità, ecc.), l’impatto economico, ma anche gli effetti sociali, in termini di identità, immagine della città, partecipazione dei cittadini, e che rappresenta tuttora un modello di valutazione del Programma ECoC che non è ancora soddisfacente.
I processi di trasformazione urbana, infatti, sono tutt’oggi uno dei temi centrali delle politiche del territorio e poggiano sulla considerazione che la cultura gioca un ruolo enorme in questo processo, anche se a vari livelli e con diversi gradi di efficacia e di consapevolezza. In questo senso, è necessario inquadrare in maniera appropriata tali dinamiche, soprattutto dal punto di vista delle municipalità e dei poteri locali, per aiutarli a identificare le coordinate fondamentali funzionali ad affrontare in modo corretto le criticità e le contraddizioni delle realtà urbane, ma anche e soprattutto per individuare i modelli e le soluzioni operative che consentano di allineare interesse privato e interesse pubblico su alcune decisioni-chiave, con particolare riferimento agli aspetti sociali. La criticità di questo ambito tematico trova testimonianza nel suo posizionamento al centro della programmazione culturale ECoC, interpretata come l’esercizio di un’opzione di rigenerazione urbana e di riappropriazione di una cittadinanza attiva, che, agendo sul vettore della coesione e dello sviluppo territoriale partecipato (Rapporto Palmer, 2004), contribuisce alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, e quindi allo sviluppo di una cultura della legalità.
L’approccio alla pianificazione strategica, alla progettazione integrata interistituzionale, al partenariato pubblico-privato e al coinvolgimento della società civile, richiesto dal modello delle capitali europee, appare in grado di innescare un percorso virtuoso di sviluppo a base culturale, sostenibile e di lungo periodo. È per questo che nel 2014, nello stesso anno in cui Matera fu designata Capitale europea della cultura, il Mibact introdusse in via sperimentale la misura della Capitale italiana della cultura con l’obiettivo di promuovere un laboratorio di sviluppo che, a prescindere dalla città che di anno in anno si fosse fregiata del titolo si affermasse progressivamente una virtuosa ‘cultura del progetto’ che, superando il 'settorialismo' dell'assessorato competente, fosse in grado di rinnovare radicalmente il volto delle città. Anche per premiare l’eccellente lavoro delle città italiane che concorrevano a Capitale europea della cultura 2019, la prima edizione nazionale, nel 2015, fu assegnata, a pari merito, a Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia, Siena. Il bando riproposto per il 2016 assegnò il titolo a Mantova, a cui seguirono Pistoia nel 2017 e Palermo nel 2018. Si è trattato di una fase sperimentale che ha prodotto significativi risultati nella città vincitrici e che si è conclusa lanciando Matera 2019. Il 16 febbraio del 2018 Parma è stata designata Capitale italiana della cultura per il 2020, prescelta in una short list che vedeva presenti: Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso mentre altre 21 città, piccole e grandi, avevano inviato il dossier di candidatura. Il 18 novembre 2019 il Mibact ha lanciato il bando per il conferimento del titolo per il 2021 impegnando le città a presentare una manifestazione di interesse entro il 16 dicembre 2019 e fissando al 2 marzo 2020 il termine entro cui le città interessate dovranno inviare il dossier di candidatura. L’obiettivo fondamentale del bando è quello di sostenere, incoraggiare e valorizzare l’autonoma capacità progettuale e attuativa delle città affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della cultura per la coesione sociale, l’integrazione, la creatività, l’innovazione, la crescita e lo sviluppo economico. Il titolo di “Capitale italiana della Cultura” è conferito per la durata di un anno e la città vincitrice riceve un milione di euro. Ben 43 città hanno manifestato interesse e si sono impegnate ad inviare il dossier nei termini previsti e questo esito dimostra la vasta eco e il successo del bando ‘Capitale italiana della cultura’ che, nel 2017, la Regione Lazio ha mutuato su scala regionale.
I fattori critici di successo del modello ECoC risiedono nell’idea-forte che anima il dossier di candidatura, da un lato, e dalla partecipazione dei cittadini, dall’altro. L’imminente ratifica della Convenzione di Faro darà ulteriore impulso al percorso partecipativo dei cittadini che andrà armonizzato ad una tempistica del bando che non appare ancora coerente con la qualità progettuale e con la partecipazione dei cittadini ma che la stabilizzazione della misura, recentemente annunciata dal Mibact, potrà favorire.
Ovviamente, non tutta la progettualità ha la qualità necessaria per conseguire gli obiettivi fondamentali dalla misura ma l’orientamento alla pianificazione strategica che introduce potrà essere ‘capitalizzato’ da tutte le città e pone le premesse di una migliore qualità dello sviluppo a base culturale. Ci auguriamo che le migliori progettualità sappiano trovare i finanziamenti pubblici e privati necessari e che il Mibact recuperi una misura, al momento ‘dormiente’, ma ben fornita di risorse, che sostiene la progettazione culturale dei territori (anch’essa frutto delle ‘Raccomandazioni’ di Ravello Lab) e che fu sperimentata nelle regioni del Mezzogiorno (Avviso pubblico per la selezione di proposte di sostegno alla progettazione integrata di scala territoriale/locale per la valorizzazione culturale nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia dell’8/6/2016).
Abstract
The Italian Capitals of Culture are a product of the European experience launched in 1985 by the then Greek Minister of Culture Melina Mercouri. Ravello Lab hosted some of the most prestigious continental experiences and, in the recommendations on 2009, the participating experts proposed to internalise the model at national level. This recommendation is at the origin of the Italian title of cultural capitals. Strategic and integrated planning, public-private partnership and citizen participation have to guide the application process. Similarly to the European call, the Italian call thus supports, encourages and enhances the autonomous design and implementation capacity of cities with a view to unleash the value of culture for social cohesion, integration, creativity, innovation, growth and economic progress. The imminent ratification of the Faro Convention will give further impetus to culture-led participatory processes.