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Maxxi, Melandri Smeriglio su Paolo LeonSi è tenuta al Museo Maxxi di Roma una giornata di studi per riflettere sul pensiero e l’eredità – a un anno dalla scomparsa – di Paolo Leon, collaboratore di Federico Caffè e pioniere dell’economia della cultura. Un convegno che è stato anche un’occasione per riflettere sulle condizioni del paese, sulle sue prospettive e sul ruolo della cultura come fattore di crescita umana e sociale. Presenti, tra gli altri, il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio e la padrona di casa Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione Maxxi.

“Un uomo del fare che si è messo al servizio delle istituzioni. Per Leon la cultura era un settore strategico che ha rivestito un ruolo primario nei suoi scritti”, ha ricordato Smeriglio. “Chiavi di lettura che hanno ispirato la nostra azione, mettendo al centro la cultura e il tema della conoscenza”. Non a caso, ha sottolineato il vicepresidente della Regione Lazio, “anche l’Ue considera la cultura, nel piano strategico Europa 2020, come volano di crescita, e su questo stiamo facendo un grande lavoro”.

Un appassionato ricordo dell’economista è arrivato da Giovanna Melandri, che ha ripercorso nel suo intervento gli anni di Federico Caffè, Giorgio Ruffolo e, appunto, Leon. Gli anni dell’“umanismo dell’economia” e della “grande scuola di economia politica” italiana. “E’ molto bello per noi che questa giornata si svolga qui, al Maxxi: una giornata che sarà costellata da momenti di nostalgia ma che vorrei servisse a rivificare il pensiero di Leon”.

“Ricordo Paolo seduto al mio fianco in occasione della presentazione di un libricino che avevo scritto (‘Politiche per un New Deal della bellezza italiana’): un libro di forte denuncia della marcia indietro che si era verificata dal 2002 in poi” negli investimenti in cultura. Un gap, ha evidenziato la presidente del Maxxi, “che ancora adesso non siamo riusciti a recuperare in pieno”.

Una delle “colonne d’Ercole” di Leon, ha sottolineato la Melandri, “era il riconoscimento dell’investimento in cultura come fulcro della crescita economica; un pensiero però – ha sottolineato – scevro da qualsiasi ideologia politica o elitarismo”. Leon “era un punto di riferimento politico in senso alto, abbiamo avuto nel paese una grande scuola di economia politica, una scuola importante che ha nuotato contro corrente in un periodo in cui la grande ondata dell’ideologia neo liberista e del ‘Washington consensus’ stava investendo tutti”.

“Sono stata molto fortunata – ha quindi ricordato la Melandri – a essere una degli ultimi allievi di Federico Caffè; certo, voleva che conoscessimo Keynes a memoria, ma la sera ci convocava nella sua stanza e ci teneva fino a tarda notte a parlare di Musil e del suo ‘L’uomo senza qualità’”.

Presenti al convegno, tra gli altri, Innocenzo Cipolletta (“Con Leon condividevamo una visione dell’economia al servizio del progresso e benessere”), Giuliano Amato (“La politica ha bisogno di cultura, l’ignoranza diventa irresponsabilità: questo il suo grande insegnamento”), il giornalista Fabio Isman, Carlo Fuortes e l’economista Fabrizio Barca.

La giornata di studi

Durante la sua vita, Leon ha affiancato instancabilmente amministrazioni pubbliche centrali e locali, ha partecipato a innumerevoli iniziative pubbliche per il sostegno di politiche o interventi, ha scritto innumerevoli articoli sui giornali e sulle riviste influenzando profondamente l’opinione pubblica, ha fatto parte di diverse commissioni per le riforme di settore.

Lo scopo del convegno è stato quindi di portare all’attenzione pubblica alcuni temi cari a Paolo Leon, oggi ancora attuali, che hanno accompagnato diverse generazioni di responsabili politici, di amministratori pubblici, di professionisti, di accademici, di operatori.

Innanzi tutto il ruolo dello Stato nella cultura: senza lo Stato, una parte consistente della cultura non sarebbe sostenibile, ma è necessaria la collaborazione tra i diversi livelli istituzionali; la sua opposizione verso quei governi che non finanziavano la cultura nonostante gli evidenti effetti esterni (seppur non sempre quantificabili) e infine il tema dell’Europa, per la costruzione di una comune responsabilità continentale non sovranista, sostenendo con forza l’affiancamento della moneta comune con un governo politico, nel quale la cultura può giocare un ruolo analogo a quello della sicurezza e della difesa.

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