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La digitalizzazione dei contenuti culturali ha ampliato l’offerta di beni e servizi intellettuali e artistici, non solo in termini di quantità, ma soprattutto dal punto di vista dell’accessibilità, in considerazione del fatto che gran parte di essi è facile da raggiungere e spesso anche gratuito. Nonostante il libero accesso a questa mole di contenuti, la pratica culturale rimane strettamente connessa con le caratteristiche individuali e di appartenenza sociale. Lo sottolinea l’Istat nel Rapporto Annuale 2017, evidenziando come “un classico esempio della familiarità nei consumi culturali è l’abitudine alla lettura dei ragazzi (15-18 anni): nel caso in cui i genitori siano lettori abituali, questo comportamento viene replicato nel 73,8 per cento dei casi; dove tale abitudine in famiglia manchi, la quota di giovani lettori scende al 32,8 per cento”. L’istituto di statistica sottolinea che “se non si può stabilire una gerarchia nella scelta dei consumi culturali, si può però considerarne la varietà e mettere in luce, dietro le diversità delle scelte nell’uso del tempo e delle risorse economiche, oltre che le preferenze, anche le diseguaglianze nelle opportunità di accesso o nella capacità di esercizio fra gruppi che possono permettersi di scegliere e gruppi che non possono permetterselo”.

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