“Noi oggi siamo qui non per Farm Cultural Park, ma per tutte le realtà che come Farm si trovano a dover lottare per continuare a portare avanti attività che sono di interesse pubblico”. È il commento a caldo di Florinda Saieva, direttore generale del centro culturale Farm Cultural Park di Favara in provincia di Agrigento, al termine dell’incontro alla Camera dei Deputati con la presidentessa della Commissione cultura di Montecitorio Flavia Piccoli Nardelli, con la responsabile Cultura del Partito democratico Anna Ascani e con i deputati dem Irene Manzi, Giulia Narduolo e Roberto Rampi, tutti membri della VII Commissione. Il centro culturale siciliano è finito sotto le luci della ribalta per una vicenda che è apparsa ai più come risultato di una burocrazia quantomeno miope se non ottusa. La Farm ha rigenerato a proprie spese uno dei tanti spazi di degrado della città (detto “i sette cortili”). Ospitando in quei luoghi artisti e architetti, artigiani e creativi, bambini e turisti, Farm Cultural Park ha contribuito a fare di Favara un centro di eccellenza internazionale di arte e rigenerazione urbana, un luogo visitato da decine di migliaia di persone ogni anno provenienti da ogni parte del mondo, che partecipano attivamente alle iniziative proposte da quella comunità. Insomma, un’impresa culturale e creativa che attraverso la fruizione delle installazioni ospitate, la produzione culturale contemporanea e l’integrazione sociale, svolge una funzione di interesse pubblico in un territorio dove, oltretutto, è più difficile farlo che altrove.
Il punto di vista di Farm Cultural Park
Come molte realtà di questo tipo, Farm fa fatica a mantenere la sostenibilità economica in totale autonomia e ha chiesto aiuto al Comune, avviando un confronto con l’amministrazione sulla possibilità di far pagare un biglietto di ingresso ai turisti interessati a visitare le installazioni proposte. Tra i possibili interventi c’era anche quello di poter chiedere e ottenere una volta per tutte, l’occupazione onerosa di spazi ed aree pubbliche ove risiedono opere d’arte e installazioni e che ospitano continuamente attività culturali. Mentre Farm regolarizzava la pratica dell’occupazione di suolo pubblico presentando regolare domanda e pagando anticipatamente le imposte dovute, gli uffici del Comune sequestravano alcune installazione poste all’esterno della sede con la motivazione di occupazione abusiva di suolo pubblico.
Il che appare quantomeno grottesco. “Noi eravamo seduti a un tavolo – spiega Florinda Saieva ad AgCult -, forse ci siamo un po’ distratti e quella stessa amministrazione ci ha fatto uscire dalla stanza. Stupiscono le dichiarazioni che dicono di volerci aiutare ora, quando l’amministrazione avrebbe avuto tutto il tempo e i modi per farlo prima. Noi facciamo una domanda e le risposte sono a domande diverse. Il problema non è occupare il suolo pubblico o meno ma l’atteggiamento che si ha nel dire ‘siamo disposti ad aiutare’ ma poi di fatto viene ostacolata la crescita culturale di una città con provvedimenti che si nascondono dietro a una legge”. Intanto, Florinda Saieva si è detta soddisfatta dell’incontro di oggi alla Camera coi rappresentanti del Pd: “Sicuramente c’è una propensione all’ascolto che già è tanto, è importante la volontà di collaborare, voler sentire quelle che sono le istanze delle realtà culturali. Per noi è fondamentale perché si sta cercando di capire cosa accade sul territorio”.
Una class action
Se a livello nazionale arrivano notizie confortanti, lo stallo con l’amministrazione comunale non si sblocca mettendo ancora più in difficoltà uno degli esempi migliori di impresa culturale del Meridione, meritevole nel 2011 pure del premio Cultura di gestione di Federculture. A rischio è la stessa sopravvivenza del centro culturale e di quanto realizzato in questi anni. “Da cittadina mi fa male vedere tutto questo” sottolinea Saieva. Che aggiunge ironica (forse): “Ci vorrebbe una class action per il danno di immagine e il danno economico che un’eventuale chiusura di Farm Cultural Park comporterà per la città”.
Noi, chiarisce Saieva, “abbiamo chiesto aiuto al Comune affinché ci consentisse di sostenere almeno in parte le attività culturali inserendo un ticket di ingresso all’interno degli spazi. Il provvedimento non ha senso se deve essere ‘vi lasciamo il suolo pubblico e mettiamo da parte la diatriba amministrativa ma non potete sbigliettare’, oppure ‘potrete farlo a dicembre quando non ci sarà più nessuno’”.
L’allarme
Per ora, comunque, nessuna revoca del provvedimento da parte del Comune. “Noi continuiamo a fare le nostre attività dentro gli spazi e all’esterno della sede, restano sequestrate le due opere d’arte installate nel cortile”. “Per tutti è facile dire siete bravi, siete belli – prosegue amara il direttore generale -. Ci sono gli strumenti per superare questa situazione e soprattutto c’erano quelli per far sì che noi non cadessimo in difetto. Se il sindaco riterrà – con i fatti e non con le parole – che Farm Cultural Park non è una realtà importante per la città – conclude -, Farm Cultural Park chiuderà”.
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