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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
Se vogliamo coltivare comunità coese, attive, eque, dinamiche allora la formula per raggiungere questo obiettivo non può esimersi dal prevedere dei chiari riferimenti e investimenti sul patrimonio culturale. È una sfida complessa che deve necessariamente vedere al lavoro, insieme, diversi soggetti che hanno ruoli complementari e tutti essenziali in questo contesto
© Foto di Edu Lauton su Unsplash

Partiamo da una certezza: un bene culturale non valorizzato all’interno di una comunità è sinonimo di impoverimento e di opportunità mancate. Dunque per poter “Coltivare comunità” è necessario interrogarsi anche sul come invertire la rotta della non ancora ottimale valorizzazione del patrimonio culturale diffuso nel nostro Paese.

Se vogliamo coltivare comunità coese, attive, eque, dinamiche allora la formula per raggiungere questo obiettivo non può esimersi dal prevedere dei chiari riferimenti e investimenti sul patrimonio culturale.

È una sfida complessa che deve necessariamente vedere al lavoro, insieme, diversi soggetti che hanno ruoli complementari e tutti essenziali in questo contesto.

In primis la Pubblica Amministrazione – proprietaria di gran parte del Patrimonio culturale italiano -, ma allo stesso tempo il privato che è chiamato a svolgere un ruolo importante di co-protagonista nella definizione dei progetti di sviluppo a base culturale.

Occorre iniziare a cooperare in modo diverso dal passato: il bene culturale può e deve essere leva di sviluppo sostenibile per la comunità, ma occorre lavorare in un’ottica di progettazione di lunga durata, di sviluppo integrato, di trasversalità tra settori e ambiti di intervento. Tutto questo riuscendo a tenere insieme sostenibilità sociale, ambientale ed economica.

È un modello molto diverso da quello fino ad ora portato avanti in modo prevalente: passiamo da una logica concessoria di un servizio, a una logica di valorizzazione del bene in ottica di progettazione culturale diffusa. Questo stesso modello di progettazione condivisa può caratterizzare in modo generativo anche altri contesti, come quello del Patrimonio Culturale ecclesiastico, altro grande bacino di opportunità per coltivare comunità coese e socialmente attive.

Occorre però oggi imprimere una accelerazione significativa nella diffusione e nella affermazione di questi nuovi modelli. Questo è un tempo di grandi trasformazioni, di nuovi bisogni emergenti, di risorse importanti a disposizione anche per il sostegno di nuove pratiche e per l’affermazione di nuove e diverse visioni. Ma occorre essere generativi e saper cogliere al meglio tutte le occasioni presenti. Una sfida e un impegno non semplici. La cooperazione, soprattutto quella che opera in ambito culturale e creativo, grazie alle sue caratteristiche intrinseche che ci parlano, tra le tante, di competenza, professionalità, presenza diffusa su tutto il territorio nazionale, vicinanza con le comunità, sta provando a svolgere con un ruolo attivo e propositivo, anche con risorse proprie, per aiutare la diffusione di nuovi modelli e fare in modo che questi nostri tempi possano lasciare un segno positivo ed evolutivo, anche in contesti così importanti come quello della valorizzazione dei patrimoni culturali.

IL RUOLO DELLA COOPERAZIONE

All’interno di questi nuovi modelli che trovano, ad esempio, nel PSPP [1] uno strumento efficace di lavoro congiunto, la cooperazione può, deve e sta già svolgendo un ruolo di primo piano.

Dopo ci soffermeremo sui numeri della cooperazione culturale e dello spettacolo: due settori strategici per dare sostanza alla visione dei nuovi modelli di valorizzazione del patrimonio culturale diffuso.

La cooperazione ha intanto nel suo DNA la capacita di dialogo e di confronto, dunque sono innate le procedure previste dagli strumenti di concertazione del PSPP. Inoltre in queste cooperative vi sono figure professionali altamente qualificate, in grado di garantire adeguato e specializzato supporto nella progettazione culturale.

Sono cooperative dislocate in tutto il Paese, con una presenza significativa anche nelle aree interne e nei borghi. Questo perché spesso sono cooperative che trovano negli stessi abitanti il fulcro della compagine sociale, animata dalla ferma volontà di restare in questi territori e cercare opportunità di sviluppo.

La cooperazione guarda poi con determinazione al lavoro in questi contesti. E non può e non deve essere un dato secondario quello del giusto riconoscimento del lavoro in questo settore.

E la cooperazione, infine e non da ultimo, è trasversale a tutti i comparti produttivi. Pertanto se la leva da cui partire è senza dubbio la cooperazione culturale, dello spettacolo, sportiva e turistica, dobbiamo sottolineare il grande apporto che può derivare anche da tutti gli altri settori nei quali la cooperazione è ampiamente rappresentata: agricoltura, sociale, sanitario, dei servizi, dell’abitazione, delle banche di credito, del consumo. Questi settori, se ben accompagnati a diventare soggetti attivi nei progetti di sviluppo a base culturale, possono diventare un significativo valore aggiunto, sia in termini di sostenibilità economica dei progetti, sia in termini di sempre maggiore trasversalità e coinvolgimento attivo di molte realtà imprenditoriali.

Alcuni numeri possono aiutarci a comprendere la concretezza del ruolo della cooperazione.

Le cooperative attive in Italia con attività prevalente nella filiera dei beni culturali e dello spettacolo sono oltre 1000. Sono attive in tutte le regioni. A livello territoriale, il 18,1% delle cooperative censite è localizzato (con sede legale) nel Nord-Ovest, il 23,7% nel Nord-Est, il 18,3% al Centro, il 23% al Sud e il restante 16,9% nelle Isole (con una rappresentanza consistente in Sardegna). Sono cooperative che gestiscono luoghi della cultura e preservano il patrimonio storico e paesaggistico, che erogano servizi museali e culturali, che operano nel campo del restauro e della conservazione e che sono, inoltre, presenti nella produzione e organizzazione di spettacoli dal vivo e nella multimedialità. È una filiera cooperativa che si rinnova costantemente e che vede impegnati oltre 195mila soci. Le cooperative censite danno lavoro a oltre 17.500 dipendenti, in maggioranza soci delle cooperative in cui prestano lavoro. A questi si aggiungono oltre 11.300 lavoratori autonomi, in prevalenza professionisti legati alle attività degli spettacoli musicali, teatrali e di intrattenimento. Nel complesso il giro d’affari aggregato realizzato (nel 2021) dalle cooperative censite della filiera dei beni culturali e dello spettacolo ha superato i 550 milioni di euro. Il capitale investito delle cooperative si attesta a 435 milioni di Euro. La patrimonializzazione aggregata supera 105 milioni di euro. Il 32,7% dei Presidenti delle cooperative della filiera è donna. Le donne rappresentano la maggioranza assoluta degli occupati nel comparto dei beni culturali. In questa filiera multiprofessionale e integrata trovano spazio anche molte cooperative sociali che operano, con attività secondarie e sussidiare, anche nell’ambito dei beni culturali e dello spettacolo. In tal senso, si stima che altre 1.500 cooperative siano attive, in un’ottica di integrazione e complementarietà, nella filiera culturale, prevalentemente attraverso servizi a favore di soggetti in situazione di svantaggio socio-culturale, servizi a favore di soggetti portatori di handicap, di minori, di soggetti con disagio psichico.

Un cenno merita anche la ricerca di FondoSviluppo sul tema “BITAC 2022: le cooperative in ambito turistico nelle aree interne e nei Borghi” [2]. Senza entrare nello specifico, occorre però evidenziare come siano oltre 1300 le cooperative attive nei settori del turismo in queste aree, con oltre 7000 occupati.

Nel complesso dunque i numeri ci restituiscono il senso della diffusa, differenziata ed eterogenea presenza della cooperazione al servizio della fruizione e valorizzazione culturale, oltre che nel turismo sostenibile.

Oggi si tratta di lavorare anche sulla definizione e aggregazione di dati in grado di analizzare l’impatto sociale ed economico che queste migliaia di cooperative e cooperatori, grazie a progetti di valore, riescono a creare nelle comunità e nelle realtà dove operano. È dato certo che l’investimento in cultura “restituisce” in termini economici e sociali in modo esponenziale, ma la sfida di questo tempo è anche quella di mappare e censire con parametri e modelli condivisi quello che accade nei territori con una buona e qualificata attività di valorizzazione e animazione culturale.

I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI

È uno dei contesti nei quali si sta concentrando l’azione di animazione e di mappatura delle cooperative aderenti a Confcooperative. Un contesto che merita analoghe attenzione e riflessione rispetto a quanto si sta portando avanti per i beni culturali di proprietà dello Stato o della Pubblica Amministrazione Locale.

Si tratta infatti di un patrimonio importantissimo nel nostro Paese che può essere portatore di opportunità e ben-essere per le comunità.

Durante la pandemia Confcooperative e la CEI – Conferenza Episcopale Italiana, Ufficio Nazionale Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto, hanno lanciato il primo bando Co- Operarte. Un bando rivolto alle cooperative che ha come fulcro i progetti di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico.

Cooperative e Diocesi o Enti religiosi erano chiamate a definire insieme delle nuove attività o progetti di valorizzazione del Patrimonio culturale ecclesiastico. Sono stati previsti anche dei momenti formativi che hanno avuto alcuni Focus specifici, tra i quali ricordiamo l’importanza delle reti e la sostenibilità anche economica di questi progetti [3].

Molte Cooperative e Diocesi da tutta Italia hanno preso parte a questi momenti, a testimonianza del bisogno di riflessione e approfondimento che esiste per questi temi.

Oggi siamo giunti alla fase conclusiva della prima call. Sono in fase ormai realizzativa i progetti presentati. Da Lecce a Prato, passando dalla Sicilia, sono emerse buone pratiche di collaborazione per la valorizzazione del patrimonio culturale.

La prima call ha avuto dunque l’obiettivo di stimolare la riflessione sulla valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico: opportunità di sviluppo sostenibile, occasione generativa per la comunità.

Grazie alle prime buone pratiche emerse – che vanno ad aggiungersi a molte altre realtà attive in tutto il Paese in questo settore – sarà possibile proseguire l’azione di condivisone, di diffusione e di sensibilizzazione sull’importanza di portare avanti progetti di valorizzazione di Beni Culturali nel nostro Paese.

I BENI DELLA PA: LA CALL VIVIAMO CULTURA

In questa fase storica di grandi trasformazioni, la cooperazione sta sostenendo in modo convinto e con risorse proprie la diffusione di nuovi modelli di valorizzazione del patrimonio culturale.

Questo perché siamo consapevoli del ruolo attivo e propositivo che possiamo svolgere in questo contesto, e altresì consapevoli che occorre una costante e continua azione di diffusione, informazione, disseminazione, anche portando buone pratiche e buoni esempi.

Ecco perché siamo già giunti alla seconda edizione della call “Viviamo Cultura – Il patrimonio di tutti”, promossa da Alleanza delle Cooperative Italiane, con la collaborazione di ANCI, con partner tecnico Fondazione Fitzcarraldo e con il sostegno di General Fond, FondoSviluppo e CoopFond. Un bando che si pone l’obiettivo di sostenere la diffusione dei Partenariati Speciali Pubblico Privato (PSPP) per la valorizzazione del patrimonio culturale diffuso di cui all’art. 134 del Codice dei Contratti Pubblici.

Grazie a questo strumento (PSPP), molti luoghi di valore potranno essere restituiti alle comunità e riattivati, diventando anche leva di sviluppo sostenibile: cooperative e Pubbliche Amministrazioni insieme per un nuovo modello di gestione e valorizzazione “cooperativa” nel perseguimento di obiettivi comuni di lungo periodo.

Grazie alla prima edizione della call sono già stati attivati alcuni Partenariati Speciali Pubblico Privato (PSSP). Con la seconda edizione della Call si intende accompagnare altre nuove progettualità e l’attività di mappatura che verrà avviata a livello nazionale per raccogliere “buone pratiche”, utili a incrementare la diffusione di questo strumento [4].

I NODI DA SCIOGLIERE

Certamente sono ancora molti i nodi da sciogliere e le questioni da affrontare per rendere pienamente operativo ed efficace questo nuovo patto tra pubblico e privato per la valorizzazione del patrimonio culturale diffuso nel nostro Paese.

Dal lato della Pubblica Amministrazione occorre intensificare lo sforzo per diffondere una piena conoscenza degli strumenti a disposizione. Spesso si tratta di strumenti di nuova introduzione, come nel caso dei PSPP, che dunque richiedono un tempo di diffusione all’interno delle PA, soprattutto se pensiamo ad Enti di piccole e medie dimensioni. In questo senso, la strada indicata nell’ultima tappa di ArtLab Bari Matera [5]  è quella da perseguire con convinzione, richiedendo sempre maggiore attenzione alla formazione per funzionari e amministratori dei Comuni, oltre che l’impegno dell’Osservatorio sui PSPP (siglato da ANCI, Forum del Terzo Settore e Alleanza delle Cooperative) per mappare, monitorare e dare ampia comunicazione dei PSSP attivi, con relativi strumenti a disposizione dei Comuni e dei privati che intendano attivare la formula del Partenariato Speciale. Siamo convinti che i buoni esempi e le buone pratiche possano essere validi acceleratori per contribuire a una più rapida diffusione degli strumenti a disposizione delle PA.

Altra questione da affrontare sono le risorse da mettere a disposizione di questi progetti di valorizzazione a base culturale. Certamente il PNRR, per esempio con il Bando Borghi, rappresenta un volano interessante in questa logica, ma occorre proseguire in questa direzione, cercando di finalizzare altre risorse al raggiungimento dello stesso obiettivo: il sostegno a progetti di valorizzazione a base culturale. Anche qui le indicazioni emerse da ArtLab Bari Matera offrono spunti concreti, con anche la richiesta di istituzione di un fondo dedicato al sostegno dei PSPP avviati.

Dal lato delle imprese questi modelli sono sinonimo di una capacità di saper rispondere al meglio al ruolo di partner nella progettazione a base culturale. Le competenze e le professionalità ci sono, occorre lavorare sulla managerialità e rafforzare la stabilità finanziaria delle imprese di piccole e medie dimensioni.

Il periodo richiede uno sforzo straordinario da parte di tutti gli attori coinvolti in questi processi. Ma la sfida che abbiamo di fronte è quella di essere generativi, di poter affermare nuovi modelli di valorizzazione dei beni culturali che potranno avere impatti significativi sulle comunità, soprattutto in termini di sviluppo sostenibile, economico, ambientale e sociale.

GUARDANDO OLTRE

Oggi siamo chiamati a essere protagonisti attivi di una fase di grande trasformazione. Abbiamo di fronte la strada della ricerca del passato, dei modelli portati avanti fino ad oggi. Oppure la strada dell’innovazione: di processi, metodi e modelli. La cooperazione nasce nell’800 proprio per dare risposta ai nuovi bisogni delle persone e, da allora ad oggi, ha saputo esprimere una grande anti fragilità, sviluppando la capacità di non tornare sempre uguale a se stessa ma evolvendo per migliorare, salvaguardando l’attenzione alle persone ed esprimendo, generando e portando avanti anche nuove risposte a nuovi bisogni.

Nel settore della valorizzazione dei beni culturali occorre fare un altro passo importante che va nella direzione che abbiamo illustrato nei precedenti paragrafi: nuovo patto tra pubblico e privato, logica di cooperazione tra soggetti diversi, progetti di lunga durata e trasversali, lavoro, sostenibilità economica, sociale e ambientale. Se questi saranno i nostri fili conduttori – grazie anche ai progetti concreti che stiamo portando avanti come le call sopra descritte – potremo vedere crescere buone pratiche e buoni esempi che potranno diventare pervasivi in tante parti del nostro Paese e generare cosi un profondo cambiamento di cui abbiamo bisogno.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] Per approfondimenti: https://www.anci.it/wp-content/uploads/Coprogetta-presentazione-Milella.pdf

[2] Ricerca completa al link: https://www.fondosviluppo.it/Portals/0/Studi%20e%20Ricerche/Studi%20&%20Ricerche%20n.%20205%20Novembre%202022.pdf?utm_source=Newsletter&utm_campaign=24+November+2022&utm_content=Studi+%26+Ricerche+n.+205+Novembre+2022

[3] Dettaglio della call su www.co-operarte.it

[4] Su PSSP e Viviamo Cultura, approfondimento al link: https://www.agenziacult.it/letture-lente/coltivare-comunita/i-partenariati-speciali-pubblico-privato-come-leva-per-lo-sviluppo-locale-nelle-aree-fragili/

[5] Per maggiori informazioni: https://www.agenziacult.it/economia-e-cultura/artlab-dieci-punti-per-rafforzare-collaborazione-pubblico-privato-per-la-cultura/

ABSTRACT

It is necessary to reflect on new models for the enhancement of the cultural heritage widespread in our country. It is necessary to reflect on a new deal between public and private which places cultural heritage at the center of the topic, as a lever of sustainable development for the communities. Cooperation, with a focus on culture and creativity, could play a fundamental role in the definition and the affirmation of these new models valorizing the cultural heritage. What are the opportunities already existing? What are the critical issues to overcome? How to best face the challenge of being generative in this historical phase of great changes?

 

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Irene Bongiovanni

Irene Bongiovanni

Irene Bongiovanni. Presidente Nazionale di Confcooperative Cultura Turismo Sport. È anche presidente del Centro Turistico Cooperativo, componente del Consiglio della ONG Coopermondo. Ricopre inoltre diversi incarichi di rappresentanza anche a livello territoriale, tra i quali Vice Presidente di Confcooperative Piemonte. È cooperatrice dal 2006, anno in cui ha fondato la cooperativa di Comunicazione e Marketing dstile di cui è presidente. Laureata in lettere, giornalista pubblicista. Appassionata di cooperazione. Mamma di una bambina di 5 anni.

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