
Il tema del gender gap sta finalmente guadagnando la giusta attenzione anche in Italia, soprattutto a partire dall’emergenza Covid, che ha messo in luce come siano ancora presenti rilevanti disuguaglianze; lo squilibrio esistente nel nostro Paese tra donne e uomini riguardo alla distribuzione del carico del lavoro di cura, la difficoltà che le donne incontrano nell’entrare nel mondo del lavoro, nel rimanervi e nel raggiungere posizioni di leadership, di fatto non solo privano le donne di fondamentali diritti, ma sottraggono risorse preziose all’intera società.
In questo contesto è sicuramente utile provare ad indagare, in un’ottica di genere, come si pongono cittadini e cittadine verso il sostegno ai progetti di welfare in generale e di welfare culturale in particolare, tenuto conto del grande impatto generativo e ri-generativo che queste iniziative hanno sulle comunità e sul territorio.
La piattaforma di crowdfunding Rete del Dono, che abbiamo fondato nel 2011, nasce come strumento strategico per facilitare la raccolta fondi digitale delle organizzazioni non profit e diffondere tra i cittadini la cultura del dono, come espressione di impegno civile e cittadinanza attiva. Negli anni si è evoluta, ha cambiato identità, diventando non solo fulcro vibrante di attività di raccolta fondi, ma anche luogo di sensibilizzazione, incontro e coinvolgimento delle comunità. Dalla nascita ad oggi ha permesso a oltre 2500 organizzazioni non profit di raccogliere circa 20 milioni di euro a sostegno dei loro progetti, coinvolgendo quasi 300mila donatori.
Le esperienze che abbiamo vissute sul campo ci offrono l’opportunità di analizzare una notevole mole di dati inerenti alla tipologia di progetti, al profilo degli individui driver delle raccolte fondi e ai donatori e donatrici che li hanno sostenuti.
Anche la ricerca Donare 3.0, realizzata da Rete del Dono in collaborazione con PayPal e BVA Doxa, che nel 2022 ha raggiunto l’VIII edizione, ci offre alcuni spunti interessanti.
IL FUTURO DELLE DONAZIONI: DONNE E GIOVANI SONO OTTIMISTI
Partendo proprio dall’ultima edizione della ricerca Donare 3.0, emerge globalmente un dato interessante in merito alla visione prospettica: le donne e i giovani millennials sono le due categorie che, in percentuale maggiore, dichiarano di voler donare anche in futuro, e pensano che doneranno di più di quanto fatto finora; manifestano quindi un atteggiamento positivo e fiducioso verso la loro propensione e capacità di sostenere attivamente la comunità nel futuro.
Un’altra caratteristica che le donne e i giovani hanno in comune è la preferenza per la distribuzione del proprio “budget donativo” su più organizzazioni, anziché su una sola: il 68% delle donne intervistate durante la ricerca ha dichiarato di aver donato l’anno scorso per più di un’organizzazione non profit, contro il 35% degli uomini (i quali, in larga parte, preferiscono concentrare le proprie donazioni su una sola causa).
QUANDO IL CROWDFUNDING CHIAMA, LE DONNE RISPONDONO
Guardando ai dati di raccolta fondi di Rete del Dono dal 2019 ad oggi, possiamo fare delle riflessioni sia sul lato dei donatori/trici, sia sul lato dei progetti e di coloro che li promuovono.
Il nostro è un osservatorio che può considerarsi interessante, in quanto le piattaforme di crowdfunding vanno configurandosi sempre di più come vere e proprie piattaforme sociali, dove ciò che accade non è solo un fenomeno di fundraising, ma anche un’attività di co-progettazione da parte di cittadini e cittadine, che sempre più spesso si mettono in gioco per creare o rigenerare beni comuni, sia materiali che immateriali.
Consideriamo come prima cosa la raccolta fondi: dal 2019 ad oggi le donatrici sono state su Rete del Dono il 53% dei soggetti donatori, ma hanno contribuito al 47% della raccolta, complice una donazione media inferiore rispetto a quella dei donatori maschi (in media di circa un 25%).
Se da un lato, tale dato potrebbe essere attribuito ad una inferiore possibilità di spesa da parte delle donne, dall’altro è anche vero che la maggiore propensione delle donne a suddividere il proprio budget su differenti organizzazioni e differenti progetti potrebbe aver contribuito in questi ultimi anni a ridurre in media l’importo di ogni singola transazione fatta dalle donne sulla piattaforma.
Guardando al bacino dei personal fundraiser, ovvero a quegli individui che non si limitano a donare, ma si fanno promotori di raccolte fondi personali a favore di progetti di utilità sociale, promuovendole all’interno del loro network, emerge come le donne siano preponderanti laddove l’occasione che fa scaturire la raccolta fondi sia un festeggiamento o una commemorazione.
Al contrario i maschi superano le donne (anche se di poco) sia per numero di fundraiser sia per ammontare complessivo delle cifre raccolte, laddove l’occasione del lancio della raccolta fondi sia una sfida personale di tipo sportivo.
Possiamo attribuire quest’ultimo dato al fatto che la pratica sportiva vede ancora in Italia le donne in minoranza; le maratone, ad esempio, che spesso sono occasione di personal fundraising, vedono attualmente una partecipazione delle donne rispetto agli uomini di 1 a 4.
Da notare infine come le donne siano i driver della raccolta nel 60% dei casi in cui il beneficiario della raccolta fondi sia direttamente un privato o una famiglia bisognosa di sostegno.
Tutto ciò pare essere la riprova che le donne si sentano più coinvolte e “passino all’azione”, impegnandosi in prima persona nella raccolta fondi, laddove sia dominante il tema della cura e della presa in carico di un problema, rispetto alle situazioni dove si parte da una propria personale sfida per dedicarla ad una causa solidale e la motivazione alla base del personal fundraising sia una motivazione personale più intrinseca.
LE DONNE SONO DRIVER PROTAGONISTI DEI PROGETTI DI INCLUSIONE SOCIALE E WELFARE CULTURALE
Veniamo ora ai progetti beneficiari del crowdfunding: tra quelli nei quali si ravvede nella finalità il benessere delle donne, sono preponderanti sia in numero che in raccolta fondi i progetti orientati alla salute. Sicuramente un peso importante, non solo in termini di raccolta fondi ma anche in termini di diffusione della pratica del personal fundraising tra le donne, è da attribuirsi al programma “Pink is Good” di Fondazione Veronesi. “Pink is good” nasce per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della ricerca e della prevenzione dei tumori femminili. Lo fa dando voce alle donne che sono state colpite dalla malattia, le #Pink, che diventano le vere protagoniste e ambasciatrici del progetto. Sono loro in prima persona a farsi portatrici del messaggio per sensibilizzare altre donne, promuovendo non solo la cultura della prevenzione e della ricerca, ma impegnandosi anche nella raccolta fondi come personal fundraiser.
Non solo. Analizzando i risultati delle ultime edizioni del Premio Crowdfunding per la Cultura, il contest annuale che Rete del Dono ha ideato per promuove la pratica del crowdfunding per la cultura – con particolare attenzione ai progetti culturali di inclusione sociale e welfare culturale – emergono due dati che fanno ulteriormente riflettere sul ruolo in continua evoluzione delle donne nel settore culturale.
In primis il 60% dei soggetti che abbiamo visto adoperarsi per costruire e promuovere progetti culturali ad impatto sociale sono donne (siano esse consulenti, volontarie o membri dello staff dell’organizzazione che promuove il progetto) le quali, partendo da un’organizzazione tipicamente grassroots e di dimensioni medio-piccole, si fanno ideatrici e promotrici “dal basso” di progetti ad alto impatto e valore generativo per le comunità e il territorio.
Non solo, la presenza femminile tra i donatori è preponderante (57%) tra i donatori complessivi.
Pertanto, si evince come le donne rivestano un ruolo da protagoniste nei contesti ad alto impatto, che vedono la cultura quale veicolo di inclusione sociale, rigenerazione di territori e di comunità. Un segnale significativo che ci fa intuire la determinazione femminile a intraprendere percorsi di leadership, in quei contesti in cui ha maturato esperienza sul campo.
Di grande ispirazione a questo proposito è il caso dell’Associazione SONG Sistema Lombardia che, grazie alla determinazione della Presidente Maria Majno, è riuscita in poco più di 10 anni a portare la musica dove non c’era, diffondendo l’educazione musicale collettiva e una offerta concertistica accessibile. I giovani coinvolti in questo percorso musicale sono stati più di 1.500 e i concerti realizzati oltre 150.
Ebbene nel 2020 l’Associazione ha partecipato al Premio Crowdfunding per la cultura, al fine di consentire ai propri studenti una formazione musicale continua, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia. La campagna è stata un successo: ha coinvolto 85 donatori e ha raccolto oltre 20mila euro, grazie al supporto e al coinvolgimento della propria comunità sul territorio; le donatrici sono state il 65% dei soggetti donanti.
Infine, è interessante osservare che anche a livello europeo il mondo culturale è tra i settori con maggior presenza femminile [1]. Si arriva a una media del 47,7%, rispetto al 45,9% dell’economia totale; forte la presenza delle donne che lavorano in ambito museale (78,1% rispetto al 21,9% degli uomini) mentre gli uomini rivestono quasi il doppio dei ruoli manageriali rispetto alle donne. In sostanza c’è, anche in questo settore, la difficoltà per le donne a rompere il famoso glass ceiling, nonostante siano esse sempre avanti agli uomini sul piano formativo (con il 65% delle donne con formazione universitaria umanistica). Sembra che, dal momento dell’ingaggio occupazionale, la percentuale vada gradatamente scemando e le ragioni siano ormai ben note a tutti.
Partendo dalla nostra esperienza sul campo, ci sentiamo quindi di affermare che la cultura gioca un ruolo strategico quale importante veicolo di inclusione sociale e welfare culturale. In questo ambito e in questo momento storico, le donne giocano un ruolo di leadership soprattutto nei contesti grassroots, grazie alla loro empatia e capacità di ascolto. Il prossimo passo è andare oltre la propria “confort zone “per ambire a ruoli che possano generare un impatto ancora maggiore e una valenza strategica più ampia.
Anna Maria Siccardi. Imprenditrice attiva nel settore dello sviluppo software e del web sin dal 1998, ha partecipato alla nascita e allo sviluppo di aziende web ad alto contenuto innovativo quali CHL, Bakeca e Seolab.
Valeria Vitali. Consulente e formatrice sul tema del fundraising e dell’innovazione sociale. All’esperienza lavorativa affianca un periodo di docenza universitaria, presso l’Università di Bologna, Facoltà di Economia.
Insieme hanno fondato Rete del Dono nel 2011 e pubblicato Crowdfunding e Personal Fundraising: la nuova frontiere del dono (2018, EPC Editore).
NOTE
[1] “Towards gender equality in the cultural and creative sector”ABSTRACT
Culture plays a strategic role as an important vehicle for social inclusion and cultural welfare. Today, according to the data collected by the crowdfunding platform Rete del Dono, women play a leadership role in grassroots contexts, thanks to their empathy and listening skills. Women are also the creators and promoters of “grassroots projects”, generating high impact and value for the community. Their presence is also dominant among donors, reaching almost 57% of total donors, despite a lower overall contribution, due to their lower average income. Next step is to be more ambitious, go beyond their “comfort zone” and have the courage to fight for leadership positions generating a broader, strategic impact in the growth of society.