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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
La quadriennale di Farm Cultural Park dedicata alle donne ha preso avvio dalla consapevolezza che le donne sono soggetti sociali che più di altri vivono una condizione di perifericità. Eppure molte donne esprimono una capacità di resistenza a tutti gli ostacoli che si frappongono tra la singola esperienza di vita e la complessa organizzazione urbana, soprattutto perché devono tenere insieme le loro varie esperienze dentro la famiglia, nei luoghi del lavoro e dello svago, negli attraversamenti quotidiani. Donne costrette a tenere, senza romperli, i fili che costituiscono la trama di tante vite
© Mazzarino (CL), Palazzo Tortorici, Ingresso spazi mostra Radical She (foto di Carlo Colloca)

Radical Shehttps://www.radicalshe.it/ – è la quadriennale di Farm Cultural Park dedicata alle donne. Un tema, la “questione di genere”, da sempre al centro degli interessi di Florinda Saieva e Andrea Bartoli, co-fondatori della Farm (https://www.farmculturalpark.com/). Dal giugno 2022 nelle sedi Farm di Favara (provincia di Agrigento) e di Mazzarino (provincia di Caltanissetta) sono stati avviati laboratori, workshop, mostre, installazioni, performance, lecture e talks sui temi della gender equality, dell’empowerment e della leadership femminile. Radical She è un progetto promosso dalla Farm Cultural Park risultato vincitore della 3ª edizione del Bando Creative Living Lab lanciato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Radical She. Women Quadrennial of Art and Society è l’esito di un processo di co-progettazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (DSPS) dell’Università di Catania e con PUSH, un laboratorio per l’innovazione sociale e la sostenibilità, fondato a Palermo nel 2013, le cui attività di ricerca intersecano design, scienze sociali e tecnologie digitali, con l’obiettivo di sviluppare soluzioni per migliorare le città e proteggere l’ambiente. Hanno collaborato anche il Club di Agrigento di Soroptimist International, un’organizzazione mondiale di donne impegnate negli affari e nelle professioni e il Comune di Favara. La proposta progettuale di Radical She ha preso avvio dalla consapevolezza che le donne sono soggetti sociali che più di altri vivono una condizione di perifericità a seguito di uno stretto rapporto tra le loro pratiche sociali – necessariamente mobili fra impegno nel mondo delle professioni e lavori di cura –, la disorganizzazione delle aree interne, in particolare in territori vasti come quelli siciliani, e la dispersione dei servizi offerti dal welfare locale. In taluni contesti socio-culturali, tale condizione di estraneità è esasperata da “totem culturali” che sembrano predestinare le donne ad una affermazione socio-economica soltanto se “capaci di interpretare” il ruolo di mogli e di madri. Eppure molte donne esprimono una capacità di resistenza a tutti gli ostacoli che si frappongono tra la singola esperienza di vita e la complessa organizzazione urbana, soprattutto perché devono tenere insieme le loro varie esperienze dentro la famiglia, nei luoghi del lavoro e dello svago, negli attraversamenti quotidiani. Donne costrette a tenere, senza romperli, i fili che costituiscono la trama di tante vite.

Mazzarino (CL), Palazzo Tortorici, Mostra Comizi d’Amore (Luglio, 2022)

In questa cornice progettuale si inserisce il Laboratorio-Mostra “Comizi d’Amore: dimensione di genere, agire affettivo e vissuto nei luoghi” (curato da Carlo Colloca, docente di sociologia urbana presso il DSPS dell’Ateneo di Catania) e visitabile a Mazzarino fino ad aprile 2023, presso Palazzo Tortorici, dove la Farm Cultural Park ospita altre mostre. Un’attività scientifico-culturale e artistica sostenuta da Pinella Di Gregorio (direttore del DSPS-Università di Catania) che ne ha riconosciuto la valenza in termini di Terza missione del Dipartimento e che ha coinvolto Stefania Mazzone (docente di Storia del pensiero politico e delegata all’inclusione, pari opportunità e politiche di genere del DSPS) e Marco La Bella (docente di Scienza politica e Direttore del Master Universitario di II Livello in Management pubblico dello sviluppo locale del DSPS).

Siamo partiti dal presupposto che il vissuto di moltissime donne è attraversato quotidianamente da numerose sfide che le rilegano in condizioni di subalternità. Lo stato di disparità vissuto dalla donna oggi non si discosta radicalmente dalle narrazioni del film-inchiesta di Pasolini Comizi d’Amore (1964), da cui il progetto è partito nel centenario della nascita. Sebbene con toni e sfumature diverse, dovute “all’evoluzione dei tempi”, il meccanismo associativo che vede la figura femminile esaurirsi nel binomio moglie e madre di famiglia sembra perdurare ancora oggi. Un modello sociale non limitato alle aree interne del Bel Paese, sebbene accanto a schemi tradizionali e convenzioni consolidate, si elevano, da parte delle giovani donne e non solo, nuove voci sfidanti.

Per quanto emancipazione e liberazione femminile debbano necessariamente passare per il concetto di uguaglianza, non è nella parità che si esaurisce la lotta. Uguali diritti sul piano politico, civile e giuridico appaiono infatti come conquiste necessarie, ma non sufficienti per avviare un processo di costruzione identitaria che sia scevro dai condizionamenti che caratterizzano una società patriarcale.

I modelli socio-culturali sui quali si erge limitano la valorizzazione dell’alterità propria del femminile, impedendo alle donne di costituirsi come soggettività autonome a partire da quella diversità che, al contrario, finisce per essere appiattita in un processo di assimilazione al maschile. Oltre il superamento del binomio moglie-madre, è necessario accedere a rappresentazioni altre, fondate sul principio della differenza, alle quali si rivolgono quelle voci sfidanti, voci che mirano a scardinare l’idea che possa esistere un soggetto-donna falsamente universale. Si tratta di immagini plurime, cangianti e caleidoscopiche che vanno oltre ad un pensiero binario e strutturato e attente alle poliedricità costitutiva dell’essere “donna”.

Nel contesto di Mazzarino il percorso di ricerca-azione ha inteso esplorare il vissuto quotidiano delle tante donne, di differente età, che decidono di restare e resistere, indagandone l’agire sociale e il sentire privato. Nel riannodare le fila del racconto, si è prestato ascolto al vissuto di giovani donne, di madri o figlie, ma anche alle rappresentazioni di nonni, padri e ragazzi in una pluralità di sguardi attorno alla figura femminile. Una moltitudine di immagini e percezioni che restituisce un quadro composito e che racconta della necessità di nuove domande di progettazione degli spazi familiari, e più genericamente urbani, diversi da quelli che vedono la donna relegata al focolare domestico e alle attività di cura. Quella della donna che vive gli spazi pubblici della città, assorbita nelle trame familiari o, ancora, nei luoghi di impegno lavorativo e sociale, è una realtà eterogenea che mutua certamente un bagaglio di memorie e, talvolta, di aspettative sociali ben consolidate. Eppure, molte di esse esprimono una capacità di resistenza a ostacoli materiali o immateriali che si alternano nella vita quotidiana. Per comprenderne i meccanismi che condizionano la presenza femminile nei luoghi, il percorso si è articolato attraverso momenti di osservazione partecipante presso le vie e gli spazi pubblici maggiormente frequentati (di giorno, ma anche al pomeriggio e alla sera, dove la città sembra mutare e mostrare un volto di differente a seconda del diverso avvicendarsi delle popolazioni urbane) e si è partecipato a momenti importanti per la comunità locale (come le festività religiose) al fine di esperire massimamente il vissuto locale di Mazzarino.

Nel ripercorrere la fitta trama di relazioni sociali, familiari ed amicali, ma anche dei rapporti di genere nella trasversalità della dimensione domestica e pubblica, importante momento di approfondimento è stato il coinvolgimento delle istituzioni e di diversi stakeholders, tra i quali l’Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore “Carlo Maria Carafa” di Mazzarino.

Il gruppo di studenti e studentesse del Liceo, in particolare, è stato coinvolto in laboratori di fotografia, curati da Gerta Human Reports – agenzia e scuola sperimentale di fotografia umanistica e sociale fondata nel 2010 dal fotoreporter catanese Angelo Di Giorgio – quale momento in grado di catturare, attraverso un’istantanea, la complessità che caratterizza le storie al femminile e il cui racconto è stato successivamente approfondito attraverso due focus group. Un risvolto del laboratorio fotografico si è concretizzato nell’iniziativa denominata “I cassetti di famiglia”, proponendo alle studentesse e agli studenti dell’Istituto Carafa di andare a rovistare, appunto, tra i cassetti di famiglia al fine di reperire dai vecchi album alcune fotografie che ritraessero le donne del proprio contesto familiare all’interno dello spazio pubblico e privato.

Il risultato raggiunto attraverso le parole e le fotografie è stato duplice: da una parte, si è approfondito il vissuto quotidiano di molte giovani donne in uno specifico contesto socio-culturale e i maggiori ostacoli al pieno godimento del diritto alla città, per usare le parole di Henry Lefebvre; dall’altro, è emerso un quadro di stereotipi di genere che ha permesso di riflettere su quelli superati col tempo, e su quelli che continuano, ancora oggi, ad influenzare la costruzione identitaria del femminile.

Oltre al contesto locale, il team di progettazione della Mostra – attraverso Gerta Human Reports – ha curato il concorso fotografico Comizi d’amore: una call internazionale dove si è chiesto alle donne di riprodurre il celebre scatto di Vivian Mayer, di metà anni ’50, dove impugnando per strada la sua Rolleiflex, all’altezza del petto, si riflette nella vetrata, forse di un negozio. Uno scatto emblematico se parliamo di soggettività femminili in costruzione, dal momento che l’autrice fotografa sé stessa riflessa, con i palazzi newyorkesi sullo sfondo, in uno strano gioco di prospettive. Si tratta di un’auto-rappresentazione a metà tra il reale e l’immaginario, in cui il corpo femminile si inserisce in un contesto urbano che le appartiene soltanto di riflesso. Centinaia gli scatti giunti da diverse parti del mondo!

Mazzarino (CL), Palazzo Tortorici, Mostra Comizi d’Amore. Alcune foto selezionate dalla call curata da Gerta Human Report (foto di Carlo Colloca)

A proposito di narrazioni, la Mostra (per il cui allestimento è stato fondamentale il contributo delle architette Roberta Pastore e Federica Barbarino e dell’architetto Domenico Pistone) offre anche un tuffo nella storia del passato con due figure di donne: Trotula de Ruggiero, medichessa salernitana del XII secolo (raccontata attraverso un processo culturale dalle importanti ricadute sociali, che si è concretizzato in una favola e altri “prodotti” audiovisivi, https://www.trotula.it/) e Sofonisba Anguissola, tra le più intriganti pittrici del Rinascimento italiano (https://musei.comune.cremona.it/it/mostre-ed-eventi/sofonisba-anguissola) che hanno testimoniato, con le rispettive esperienze di vita, quanto la rivendicazione dei diritti di genere non sia una questione soltanto delle società contemporanee.

Dunque, attraverso il connubio tra scienze sociali, genericamente intese, che comunicano con l’arte e con l’architettura – anche grazie alle testimonianze audiovisive, presenti nella Mostra, dell’arch. Massimo Alvisi e dell’arch. Junko Kirimoto, fondatori del famoso studio che, dal 2002, si distingue a livello internazionale per una “approccio sartoriale” alla progettazione, per un “uso sensibile” della tecnologia e per un’attenzione straordinaria ai temi sociali, https://www.alvisikirimoto.it/it/home –, il Laboratorio-Mostra ha potuto restituire uno spazio alla comunità di Mazzarino nella cornice della quadriennale Radical She. Uno spazio non soltanto fisico, ma anche simbolico, dov’è possibile incontrare le diverse domande di cittadinanza delle donne attraverso il racconto della fotografia e delle parole di queste ultime.

Una ricchezza semantica di vissuti ed esperienze che è stata resa possibile anche dalla presenza di una molteplicità di partner, in particolare, Prime Minister (una scuola di politica per giovani donne, in età compresa fra 14 e 19 anni che vogliono intraprendere un percorso di formazione alla Politica e all’attivazione civica, co-fondata dalla Farm Cultural Park, https://www.primeminister.it/) e dalla collaborazione dell’Istituto Nazionale di Dramma Antico, dell’Archivio storico di Lampedusa e delle Eterobasiche (ovvero il progetto socio-culturale di Maria Chiara Cicolani e Valeria De Angelis, volti del duo Eterobasiche).

ABSTRACT

Radical SHE – Women Quadrennial of Art and Society is a physical place and a mental space by Farm Cultural Park in Sicily. Exhibitions, installations, performances, laboratories, workshops, lectures and talks to talk about gender equality, empowerment and female leadership through art and creativity. The Workshop-Exhibition “Comizi d’Amore: dimensione di genere, agire affettivo e vissuto nei luoghi” (curated by Carlo Colloca, professor of urban sociology at the DSPS of the University of Catania) fits into this design framework.

 

Carlo Colloca è professore associato di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania, dove ricopre l’incarico di Presidente del CdLM in Politiche e Servizi Sociali. Dal 2014 collabora con il Team G124 promosso dal sen. arch. Renzo Piano per il progetto «sulle periferie e la città che sarà». Dal 2019 è componente, in rappresentanza della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, della Commissione per la valutazione delle domande di contributo recanti proposte progettuali ex Sprar – Siproimi, istituita presso il Ministero dell’Interno.

Stefania Mazzone è professore associato di Storia delle dottrine politiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania. Studia il rapporto tra ideologie e istituzioni, con particolare attenzione alle manifestazioni artistiche, letterarie e di genere nell’ottica dei dispositivi di soggettivazione e dell’analisi del linguaggio. È cofondatrice, nel 2010, di Gerta Human Reports – agenzia e scuola sperimentale di fotografia umanistica e sociale.

Valentina Pantaleo è PhD in Scienze Politiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania. È esperta in tema di disaster studies. Nell’ambito del Laboratorio-Mostra “Comizi d’Amore: dimensione di genere, agire affettivo e vissuto nei luoghi” ha coordinato il lavoro di inchiesta sociale.

Giulia Caruso è dottoranda di ricerca in Scienze Politiche presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania. Fa parte del collettivo di Gerta Human Reports.  Nell’ambito del Laboratorio-Mostra “Comizi d’Amore: dimensione di genere, agire affettivo e vissuto nei luoghi” ha collaborato nel corso di fotografia sociale, oltre che alla narrazione fotografica del territorio mazzarinese.

 

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