
La barriera anagrafica: vietato (o quasi) agli over 18
TikTok è stato lanciato per la prima volta a settembre 2016 da una società tecnologica cinese chiamata ByteDance, inizialmente con il nome Douyin per il solo mercato cinese. È stata concepita come app per la condivisione di brevi video in cui gli utenti potevano creare e condividere filmati di 15 secondi da montare in sincrono con una colonna sonora da selezionare sulla piattaforma. Disponeva (e dispone) anche di una serie di filtri e strumenti di modifica che consentono agli utenti di personalizzare la propria performance, arricchendo le immagini riprese con elementi visuali di realtà aumentata. A settembre 2017 è stata poi lanciata la versione internazionale del servizio con il nome TikTok. Il formato dell’app è rimasto inalterato, guadagnando rapidamente popolarità, con milioni di utenti che caricano e condividono i propri contenuti a beneficio di una comunità di fruitori sempre più grande.
L’idea originaria era offrire ai giovanissimi la possibilità di condividere ciò che tutti hanno fatto almeno una volta nella vita: lanciarsi in una performance “muta” su una colonna sonora famosa, davanti allo specchio. Un gioco, stigmatizzato da tutti (gli adulti) come incomprensibile, perché “semplice” ed “infantile”, due barriere che hanno consentito a milioni di persone di sperimentare percorsi creativi (e non), lontano dagli occhi di chi appartiene ad una fascia anagrafica distante da certe dinamiche.
Tiktok: nemico pubblico
Se da un lato l’app è diventata una palestra creativa ed uno spazio libero da popolare ad animare per una platea di pubblico giovanissima, le cronache continuano ad evidenziare problemi relativi alla privacy ed alla sicurezza dei dati in generale, con molti governi che ne vietano l’uso ai propri dipendenti e meditano misure limitative ancora più drastiche. TikTok, come detto di proprietà di una società cinese, è stata accusata di raccogliere e condividere i dati degli utenti con il governo di quel paese. La vicenda di Jack Ma, fondatore del colosso mondiale Alibaba, sparito dagli onori delle cronache dopo alcuni contrasti con il governo del Dragone racconta in effetti in maniera abbastanza eloquente il peso di quest’ultimo nelle relazioni con le imprese locali.
Altra critica è quella mossa alle politiche di moderazione dei contenuti, da molti non ritenute in linea con i principi necessari alla limitazione della diffusione di contenuti dannosi. Tutte evenienze che hanno spinto diversi governi, dagli USA alla Gran Bretagna, dalla Lettonia alla Norvegia, a proporne il bando a vario titolo ed in diversi modi.
Per valutare appieno l’impatto basti pensare che la stima corrente d’uso dell’app arriva al miliardo di utenti mensili.
L’impatto di TikTok: #Booktok
Il marchio d’infamia impresso dalla vulgata mediatica – peraltro frutto di accurate ricerche e studi – non ha dissuaso gli utenti dall’usarla con sempre maggiore intensità, con implicazioni davvero significative. Per indicarne una, nel 2023 il termine “Booktok” entra ufficialmente nella Treccani, nella sezione neologismi. Il termine, in realtà coniato come hashtag, indica una nicchia d’uso dell’app, riferita ad utenti che parlano di libri, scambiandosi consigli di lettura. Ebbene, la “nicchia” ha accumulato oltre 112 miliardi di visualizzazioni, imprimendo svolte significative alle logiche editoriali, come testimonia il dato di un impatto sulle vendite in USA quantificabile in oltre 20 milioni di copie vendute.
Ad animare il tutto sono i #Booktoker, una comunità di amanti dei libri che realizzano video sui loro libri preferiti, consigli e recensioni. In particolare si riprendono nell’atto di leggere e condividono in tempo reale i propri pensieri sul testo con i loro follower, creando di fatto un nuovo luogo d’incontro e confronto per condividere il loro amore per la letteratura.
Molti editori hanno iniziato a prendere atto della tendenza e ora si rivolgono ai Booktoker per promuovere le loro pubblicazioni, il che in alcuni casi ha effettivamente prodotto – come detto – un’impennata delle vendite, soprattutto per autori meno noti. Altro aspetto interessante, i Booktoker hanno anche catalizzato ed aggregato gli interessi di molti su produzioni letterarie provenienti da e dedicate a culture e/o background non mainstream, portando ad un aumento della sensibilità circa l’inclusione.
L’hashtag #QueerBookTok ad esempio è un riferimento importante per tutte le opere afferenti i temi della fluidità di genere, dell’omosessualità e in generale della dimensione sentimentale legata alla condizione umana. Collegate a questa parola chiave si trovano commenti e dialoghi che rivelano come la piattaforma sia una vera e propria bussola per utenti alla ricerca di suggerimenti sul tema, oltre al possibile confronto con altre persone con i medesimi interessi.
I meccanismi specifici (da non sottovalutare)
Ci sono diversi fattori che possono contribuire a rendere virale un libro su BookTok, al di là degli elementi classici come una trama interessante, personaggi riconoscibili e un forte impatto emotivo. Diversi commentatori, tutti rigorosamente compresi nelle fasce di età over 25, lamentano da tempo la qualità delle leve che muovono la community dei Booktoker, rimarcando come spesso la preferenza per un testo sia dettata da fattori estetici, legati all’ambientazione ed all’atmosfera più che agli elementi tecnici della narrazione. Comunicando tramite video spesso infatti chi racconta il libro tende a ricreare gli elementi a corollario della storia, con oggetti e riferimenti presi dal libro e riproposti nel mondo reale, quasi a creare una scenografia tematica che allude, secondo questa interpretazione, più al mondo dello spettacolo che a quello della letteratura.
Se però si prova ad estendere il ragionamento, al di là di qualsiasi valutazione di gusto personale, rimane interessante come questo tipo di lettura richiami il senso dell’esperienza immersiva, utilizzando stilemi e forme della storia amata per creare un mondo nel quale entrare tridimensionalmente, quasi fosse un’estensione della pratica del cosplaying, nel quale si vestono i panni del personaggio preferito per esprimere la consonanza con la sua identità ed i relativi valori.
In questo senso la percezione è che la letteratura, legata in genere ad una forma per così dire “antica” di fruizione culturale, si arricchisca di elementi che richiamano quelli promessi e premessi dal Web3, con la prospettiva di un’immersione sempre più pervasiva nel proprio mondo di passioni. Non banale e da non trascurare, se si pensa a come poter riproporre il medesimo meccanismo concettuale ad altre espressioni artistiche, consentendone una mediazione sempre più phygital, ibridata tra fisico e digitale.
La nuova forma (visuale) della conoscenza
Ma l’evoluzione non si ferma qui. Una recente ricerca ha rivelato che la Gen Z utilizza sempre più i social come strumento di ricerca online principale. “I giovani si rivolgono a TikTok per cercare risposte”, ha riportato il New York Times nel settembre 2022, citando uno studio di Google che ha rivelato che il 40% degli utenti di età compresa tra 18 e 24 anni usa TikTok o Instagram quando ha bisogno di informazioni.
L’app viene utilizzata come vero e proprio motore di ricerca e questa tendenza sta cambiando il modo in cui pensiamo tali strumenti, dato che a differenza di Google e Bing, TikTok utilizza algoritmi per visualizzare i contenuti più rilevanti per l’utente e non una chiave semantica. Ciò rende più facile trovare i contenuti interessanti senza dover setacciare innumerevoli risultati di ricerca. Questa tendenza non sta solo cambiando il modo in cui i giovani cercano i contenuti, ma incide anche sulla tipologia di contenuti che vengono creati. I creator si stanno concentrando maggiormente sulla produzione di video brevi che siano coinvolgenti, informativi e di facile comprensione. Ciò ha portato a un aumento dei contenuti educativi e molti giovani ora utilizzano TikTok per imparare cose nuove.
#LearnOnTikTok e #DidYouKnow sono due hashtag popolari sull’app, e vengono utilizzati per condividere contenuti educativi e informativi. L’hashtag #LearnOnTikTok viene utilizzato per pubblicare brevi video che insegnano agli spettatori qualcosa di nuovo o interessante, con focus che possono variare da suggerimenti e trucchi per la scuola o il lavoro, a fatti divertenti sulla storia o la scienza, a tutorial sulla cucina o sulla bellezza.
L’hashtag #DidYouKnow viene utilizzato per condividere fatti interessanti e sorprendenti con gli spettatori. I creatori usano questo hashtag per condividere informazioni poco conosciute su una vasta gamma di argomenti, dagli animali e la natura alla storia e alla cultura pop. Gli utenti possono esplorare i contenuti connessi all’hashtag per imparare qualcosa di nuovo ed espandere le proprie conoscenze su una varietà di argomenti. Entrambe queste chiavi di indicizzazione sono diventate popolari su TikTok perché offrono un modo divertente e coinvolgente per imparare cose nuove.
Anche in questo caso non è difficile riconoscere una traiettoria strutturale su cui si sta formando il Web3, quella decentralizzazione che predilige fonti (oltre che forme) di informazione totalmente diverse dalle tradizionali, stimolando interrogativi su quali siano le forme in cui la conoscenza debba essere espressa per incontrare la sensibilità nuova del pubblico.
Il “de-influencing”: spazi di empowerment collettivo
Se le dinamiche commerciali spesso spregiudicate indotte ed incoraggiate dall’app non sfuggono a nessuno, è interessante notare come il medesimo habitat digitale generi i suoi anticorpi grazie all’iniziativa di ragazze e ragazzi. Il deinfluencing è una tendenza in crescita su TikTok, una pratica nella quale gli utenti chiamano in causa gli influencer per condannare la promozione che alcuni di essi fanno di argomenti potenzialmente nocivi, dai disordini alimentari alla promozione di standard estetici non realistici. Un esempio lampante di questa tendenza è la campagna #WakeUpOli, in cui gli utenti condannano l’influencer Oli London per aver promosso la pratica dannosa della “transizione razziale”, che comporta l’alterazione del proprio aspetto per assumere i connotati fisici di una diversa etnia. Oltre a richiamare gli influencer, il deinfluencing implica anche il supporto e la promozione di creatori di contenuti che diffondono messaggi e valori positivi, in una battaglia civica fondata sui valori. Gli utenti utilizzano i loro spazi per amplificare le voci che promuovono positività corporea, consapevolezza della salute mentale e problemi di giustizia sociale.
Una piattaforma di attivismo
Un altro esempio della capacità creativa dell’utenza più giovane di utilizzare in modo virtuoso anche strumenti tecnologici che scontano diversi problemi in termini di rispetto dei diritti umani (in questo caso in termini di tutela della privacy e dell’identità elettronica individuale), TikTok è usata anche per l’attivismo sociale. Sono molti i casi in cui emerge l’impegno degli utenti nel condividere le proprie opinioni su questioni importanti e connettersi con altri che condividono il proprio pensiero. La popolarità dell’app tra i giovani l’ha resa un potente strumento di cambiamento culturale e di innovazione sociale potenziale. Molti utenti hanno utilizzato la piattaforma per diffondere consapevolezza su questioni di rilievo politico come il movimento “Black Lives Matter”, che proprio su quel canale ha guadagnato slancio, grazie agli utenti che hanno condiviso e condividono informazioni, risorse ed esperienze personali relative alla disuguaglianza razziale e alla brutalità della polizia. L’hashtag #BLM conta oltre 28 miliardi di visualizzazioni su TikTok, evidenziandone il potenziale impatto.
Anche l’attivismo ambientale ha spazi importanti, gli hashtag #ClimateChange e #GlobalWarming hanno milioni di visualizzazioni e gli utenti danno visibilità crescente a video sulla riduzione della carbon footprint e sulla tutela della qualità della vita e dell’habitat.
Una valutazione che è un invito
Andando oltre la natura assai problematica dell’app, chiunque cerchi in rete informazioni e statistiche su TikTok, accanto alle notizie di cronaca del tenore di quelle riportate in apertura dell’articolo, troverà principalmente rilievi e notazioni di natura commerciale, perché è sui numeri (in realtà impressionanti) e su questo tipo di impatto che si usa misurare quello che viene definito per comodità e consuetudine mediatica un “fenomeno”, e che in realtà altro non è se non un luogo di espressione personale per una popolazione giovane e spesso entusiasta, oltre che creativa e partecipe.
TikTok, al netto delle considerazioni basate su sensibilità personali, è una piattaforma del Web2 che rivela molte tensioni che animano i giovani e che promettono di esplodere, trovandovi piena cittadinanza, nel Web3. Per un mondo come quello della cultura, impegnato a domandarsi in continuazione quali modalità e motivazioni di dialogo trovare con una platea giovane, è senz’altro un luogo da esplorare.
ABSTRACT
TikTok is the most popular social media among the youngest generation, and as often happens, many innovations sound suspicious to older people. However, TikTok holds a social reference role for Gen Z since it is increasingly used as a search engine and to spread new cultural trends. For instance, the hashtag #BookTok represents a valuable case study to see how the digital world strongly connects with the physical one. Indeed, many influencers used this hashtag to give reading advice and share new books they read, improving the selling and influencing the market, even though it revealed some dark side behind the publishing industry. TikTok is also perceived as a social media able to widen activism and clash of cultures: the Black Lives Matter protest and many others flourished thanks to the viral content that allowed the youngest to take a stand about civil rights.