
«Il grado di civiltà urbanistica di un paese può essere illustrato anche solo da quanto esso fa per la gioventù, per offrire a bambini e ragazzi, nella vita di città, le migliori condizioni per il gioco, lo svago e le attività del tempo libero»
Antonio Cederna, Il Mondo, 27 agosto 1963
Ad Antonio Cederna piaceva viaggiare e, soprattutto, tradurre in articoli ciò che aveva visto: i suoi reportage descrivevano paesaggi naturali e città ed erano il modo per trasmettere e apprendere le lezioni degli altri paesi per accorgersi del cambiamento e della necessità di imprimere una svolta, nelle politiche urbanistiche, di cura per le periferie, per un’altra concezione del verde urbano.
Le lezioni, si sa, in Italia, spesso restano lettera morta e oggi, a sessanta anni di distanza, quelle città descritte da Cederna, ci fanno accorgere di quanto ritardo sia stato accumulato.
Altre nazioni hanno continuato a investire, guardando alle città come elemento chiave per lo sviluppo: Ljubljana, Copenaghen, Bristol, Stoccolma, Amburgo, Nantes, Vitoria-Gasteiz, Essen, Lisbona, Nijmegen, Oslo, Lahti, Vilnius, Tallin, … Sono città europee che hanno in comune una cosa: la scelta di aver investito nell’ambiente per rappresentare, per un anno intero, la Capitale verde europea, il premio che ogni anno è assegnato dalla Commissione europea alle città che hanno presentato la candidatura, seguendo un iter complesso e valutato da una giuria (https://environment.ec.europa.eu/topics/urban-environment/european-green-capital-award/applying-awards_en#how-does-my-city-apply) .
Sono sette i criteri che servono a valutare la candidatura e attribuire il riconoscimento di Capitale verde: vanno dalla qualità dell’aria, alla gestione del verde pubblico alle politiche per l’energia. Un premio che serve a dare visibilità a governi locali che credono nell’opportunità di investire nell’ambiente: il titolo di green capital è un simbolo che resta nella vita delle città, incoraggiando a proseguire su questa strada, innescando un processo virtuoso tra cittadini e amministrazione. Le città italiane? Sono molto poche quelle che partecipano e, fino a oggi, solo Torino e Cagliari sono giunte nella fase finale della selezione, senza vincere.
Città green, facile a dirsi
Troppo spesso l’uso del termine green serve a mettere un marchio ma il governo degli spazi urbani è questione ben più complessa e non basta inaugurare un giardino pubblico per poter affermare di voler attuare una politica di sostenibilità ambientale misurata da obiettivi e indicatori: le città, di fronte alla sfida della crisi climatica devono avere approcci trasversali, innovativi e costanti. La mappa delle città europee che hanno vinto il premio e che hanno colto l’occasione di una competizione per rendere più forti ed evidenti le loro scelte in campo ambientale è anche una fotografia della debolezza del sistema italiano.
Le politiche ambientali, in Italia, continuano ad avere un andamento discontinuo laddove, proprio per affrontare la complessità della transizione energetica, servirebbe capacità di avere una visione di lungo periodo, programmando le azioni, pianificando le risorse e innestando competenze. Un approccio che, a volte, vede l’ambiente come un elemento marginale, accessorio ad altre priorità: un modo di considerare le scelte in campo ambientale come frammentate e con integrazione scarsa con le altre politiche.
Eppure le città dovrebbero essere al centro di una progettazione per favorire la transizione verso modelli di sostenibilità ambientale, collegando gli strumenti a disposizione, creando opportunità per rendere le aree urbane più efficienti, recuperando spazi e migliorando le condizioni di vita delle persone: adattamento climatico, rinaturalizzazione, biodiversità, mobilità sostenibile, risparmio energetico, riduzione dei consumi di acqua, gestione del ciclo dei rifiuti… azioni che dovrebbero trovare collocazione nelle agende di governo e che, viceversa, restano, spesso, dichiarazioni di intenti, annunci e fatti estemporanei.
Politiche ambientali che, in Italia, in molte città, diventano emergenze costanti senza un quadro di riferimento nazionale che metta i comuni nelle condizioni di dare attuazione ad azioni di sistema: emergenza rifiuti, emergenza traffico, emergenza polveri sottili, crisi idrica, alcune delle criticità che riempiono le cronache quotidiane e alle quali i sindaci tentano di dare soluzioni che sono solo temporanee.
Una debolezza strutturale che, nonostante le opportunità rappresentate dal PNRR, continua a lasciare le politiche dello sviluppo urbano in un ambito di scarso coordinamento: la mobilità slegata dalle scelte in materia di pianificazione del territorio, la gestione del ciclo dei rifiuti marginale rispetto alle politiche che promuovono l’economia circolare. Le città continuano a procedere in uno scenario di incertezza, senza una strategia nazionale e, ancor di più in questa situazione, la crisi climatica mette in luce la fragilità di un paese che, tuttora, è privo di un piano nazionale di adattamento climatico che avrebbe un ruolo fondamentale per ridisegnare le aree urbane, investendo in azioni finalizzate a ridurre il rischio connesso a una situazione di cambiamento.
Un’agenda urbana
Mancano le agende e manca la visione: gli investimenti ambientali dei comuni sono limitati e senza la necessaria lungimiranza che richiederebbe l’affrontare problemi strutturali come il ciclo dei rifiuti o il verde urbano. Ne deriva, ed è uno degli effetti negativi di questa disattenzione costante, la capacità ridotta di utilizzare i fondi comunitari e, soprattutto, la difficoltà nel mettere a sistema le buone pratiche, creando reti tra città per il trasferimento e la replicabilità delle azioni. Un’agenda per lo sviluppo delle aree urbane l’Italia non l’ha mai avuta, soprattutto se si immagina uno strumento che riunisca le politiche ambientali con quelle urbanistiche, dei trasporti, dell’energia: si è fatto ben poco per innovare e adeguare la programmazione verso un quadro di cambiamento veloce, con la trasformazione degli equilibri tra aree interne e aree metropolitane. Comuni, Regioni e Province sono rimasti un disegno in parte incompiuto, senza un reale decentramento e una capacità di incidere sulle scelte di governo del territorio.
Spesso le politiche di pianificazione hanno lasciato il posto a condoni e sanatorie, creando criticità nella gestione dei servizi locali, oltre a determinare un consumo di suolo di dimensioni abnormi con problemi connessi all’uso delle risorse idriche. Uno sviluppo che non ha tenuto conto né della programmazione né dell’esigenza di creare infrastrutture adeguate a servizio della popolazione: rifiuti, trasporti, verde pubblico… un disordine di difficile gestione che, purtroppo, comporta la creazione di quartieri privi di servizi, mal collegati e con evidenti problemi legati all’inclusione e alla coesione sociale.
L’urbanistica è rimasta una materia teorica, importante perché permette di immaginare il disegno delle città, le infrastrutture, gli scenari di sviluppo ma, nella realtà, ha trovato poco spazio, lasciando che i quartieri sorgessero senza collegamenti adeguati, senza prevedere l’impatto sociale ed economico.
Il funzionamento delle città, intese come ecosistema dove le connessioni tra spazio urbano e spazio naturale non possono essere interrotte e negate quanto, viceversa, ricostituite e rafforzate; si è discusso, molto spesso, di investire per rendere le città più sostenibili, riducendo gli impatti sull’ambiente, migliorando la qualità della vita delle persone ma, manca, tuttora, un modello che metta in relazione gli elementi naturali con un sistema urbano che ha perso la concezione dello spazio collettivo. La disponibilità di alberi, la creazione di zone d’ombra, la riduzione dei rischi di allagamento… aspetti che dovrebbero far comprendere l’importanza di non considerare più il verde urbano esclusivamente come un elemento di arredo urbano ma riconoscendo il valore delle funzioni ecologiche rese alla comunità.
Roma, una capitale poco green
Compiere l’esercizio di stile di immaginare la candidatura di Roma al premio per la European green capital pone, chi volesse farlo, di fronte a un quadro con ben poche possibilità di successo. Anche in questo caso servirebbe a poco ragionare sul fatto che Roma è il comune agricolo più esteso in Europa: non è solo una questione di ettari di territorio disponibile ma è necessario mettere in fila i numeri e comprendere il valore degli indicatori. Un trasporto pubblico che non si dimostra all’altezza di una capitale, anche a causa delle dimensioni sproporzionate dell’area urbana rispetto al numero di utenti da servire; la gestione del ciclo dei rifiuti che risente, tuttora, dell’assenza di impianti di trattamento delle frazioni di raccolta, costringendo il comune a esportare i rifiuti prodotti in altre regioni. Problemi strutturali che vengono, di volta in volta, rinviati aggiungendo criticità a un sistema urbano che per caratteristiche proprie non rende facile alcuna soluzione. Da mesi il dibattito cittadino ruota attorno all’idea che una nuova linea di tram, proposta dal Campidoglio, possa essere dannosa: una città dove ogni scelta, anche la più semplice diventa oggetto di polemiche e pressioni. Manca la visione, a Roma, e la volontà politica di adottare scelte radicali ma necessarie; da decenni le amministrazioni si succedono, passando il governo della città a tutti gli schieramenti di centro, sinistra, destra… senza che il cambiamento avvenga, superando una logica che sia solo del consenso elettorale con l’orizzonte di quattro-cinque anni.
La normalità e la visione
Si resta sempre ancorati a una logica che individua nei grandi eventi l’occasione per realizzare, con finanziamenti straordinari, ciò che non si realizza con la gestione ordinaria: Giubileo, EXPO, Olimpiadi, mondiali sportivi… è un susseguirsi di grandi progetti, grandi opere e grandi attese. Una gestione emergenziale, che supera la necessità di pianificare e programmare, che comporta la realizzazione di interventi frammentati, privi di una visione di medio e lungo periodo. La trasformazione urbana avviene in modo casuale, attraverso fenomeni come la gentrificazione di zone della città, con la sostituzione delle attività economiche e un dilagare delle attività informali che stravolgono l’equilibrio di interi quartieri. La rigenerazione degli spazi urbani, derivanti da attività dismesse, stenta a prendere corpo e fa sì che la città, nel suo complesso, perda opportunità di rilancio. Gli ex Mercati generali, la ex fiera campionaria, le ex caserme… un catalogo di non-luoghi, sui quali non si riesce a catalizzare interesse e investimenti. Un problema che si riflette, a livello complessivo, sulla capacità di attrarre nuove attività economiche che collochino Roma in un contesto internazionale, al pari delle altre grandi città europee.
Treviso, la novità del 2023
Accanto alle green capital la Commissione europea assegna un altro premio, riservato alle città medio-piccole, sotto i centomila abitanti: quest’anno Treviso ha ottenuto, prima città italiana a raggiungere questo obiettivo, la Green Leaf. Il successo di Treviso può essere un segnale importante, soprattutto per le città italiane: uno stimolo per rafforzare l’idea che le città intermedie siano un elemento centrale per lo sviluppo dell’Italia, riprendendo gli aspetti che possono indicare la via per un riequilibrio tra grandi città e territorio. Un’occasione per ragionare sull’importanza di investire sulla mobilità sostenibile a livello locale, creando infrastrutture in grado di creare una intermodalità concreta che riduca l’impatto del traffico automobilistico privilegiando nodi di scambio e reti ferroviarie.
La sfida del futuro urbano
L’assenza delle città italiane nel contesto delle green capital europee deve far riflettere: è, anche, la caratteristica di “città invisibili” che non riescono a cogliere la sfida del cambiamento: un vuoto che è, soprattutto, culturale perché abbiamo perso la voglia di costruire visioni e futuro. A mancare è, soprattutto, la capacità di costruire percorsi di sviluppo che abbiano un respiro decennale; le città si trovano a essere amministrate da sindaci e giunte che durano, al più, una consiliatura, senza la lungimiranza che occorrerebbe, per immaginare il futuro. Le città europee sono belle da visitare quando si è turisti, facili da girare usando bici, tram e metropolitane, piacevoli da fruire godendo di strade e piazze pedonalizzate ma, quando si torna a casa ci si ritrova in città che affogano nel traffico, che non riescono a gestire il ciclo dei rifiuti, con aree verdi con scarsa manutenzione e periferie degradate.
La candidatura come european green capital va vista, in questo senso, con la scelta di attribuire forza a un modello integrato di governo delle città che mette in evidenza la correlazione stretta tra i sette indicatori ambientali con obiettivi di breve e lungo periodo, con l’adozione di piani di azione che siano in grado di guidare la città verso un percorso di transizione verde e sostenibile. Un percorso che può servire a dare maggiore credibilità alle scelte adottate dai governi locali, rafforzando la partecipazione e la consapevolezza dei cittadini nell’attuazione di politiche che vanno nella direzione di migliorare le condizioni ambientali della città. Tra poche settimane sarà aperta la fase di presentazione per le candidature 2026, sarà importante comprendere se le città italiane saranno nelle condizioni di cogliere l’opportunità di avviare il percorso per competere con le altre città europee.
ABSTRACT
Every year since 2010, the European Commission awards a prize to the city that demonstrates, through concrete and measurable actions, its commitment to the environment by developing an action plan. European Green Capitals are set as examples to follow to improve the quality of life towards the objectives of green transition and actions against climate change by investing in urban areas. To date, no Italian city has ever obtained the award, and only Turin and Cagliari reached the final round. In 2025, Treviso will be the first Italian city to receive the Green Leaf, the title dedicated to the competition among smaller towns. The map and its void area over Italy clearly show the weaknesses in Italian urban systems to adopt medium/long-term environmental objectives, taking up the challenge of innovation and ecological transformation.