
La cultura è un potente strumento di comunicazione e propaganda politica, tant’è che i regimi totalitari ne hanno sempre fatto un ambito privilegiato per diffondere le proprie ideologie e affermare il potere. Basti pensare al ruolo svolto dai media durante il ventennio Fascista. Radio, cinema e pubblicità servivano a comunicare un’idea culturale precisa sulla famiglia di stampo patriarcale in cui gli uomini e le donne avevano compiti precisi. Le politiche di controllo sulla famiglia, la sessualità e il genere veicolate anche per mezzo di strumenti culturali valicano i confini fra pubblico, privato e intimo. Influenzano i comportamenti dei singoli ma anche la percezione della collettività rispetto al proprio sentimento di identità culturale. Nel panorama sociopolitico attuale, queste sfere continuano a essere al centro di dibattiti e rivendicazioni che riguardano la diversità e i diritti delle persone LGBTQ+. Nel contesto internazionale è soprattutto il superamento del binarismo di genere a creare una forte polarizzazione politica, mentre in Italia, diversamente dal resto d’Europa, anche il matrimonio egualitario e i diritti delle famiglie arcobaleno sono sotto attacco.
Dal punto di vista storico e culturale è grottesco ritenere che il genere sia un concetto monolitico, essenzialmente riconducibile a una visione biologica di maschio e femmina. Nel mondo occidentale, per esempio, la cultura e la mitologia greca forniscono molti riferimenti a tematiche che oggi definiremmo Trans o gender-queer grazie a innumerevoli rappresentazioni, usi e narrazioni che riguardano il travestitismo, l’intersessualità, l’androginia e la transessualità. Uno sguardo antropologico più globale sul genere rivela come questa sfera sia costituita da molteplici sfumature che assumono caratteristiche diverse a seconda delle epoche e delle culture. A quest’idea di genere come performance, che si rintraccia nei primi scritti di Judith Butler [1] e nelle teorie queer [2], il Tropenmuseum di Amsterdam ha dedicato una grande mostra nel 2020 intitolata appunto What a Genderful World.

I movimenti anti-gender si appellano spesso alla biologia e alla medicina per contrastare la fluidità ed è curioso che la visione socio-culturale sul genere venga spesso contrapposta a quella biologica. Infatti, il mondo scientifico ha da tempo riconosciuto che il sesso è uno spettro e che “l’anatomia non definisce il genere” [3]. Questo concetto è stato infatti ribadito dalla rivista Nature in risposta a un tentativo dell’amministrazione Trump di rendere legale una definizione secondo cui il genere sarebbe determinabile in base alle caratteristiche anatomiche e genetiche di una persona.
La cultura è una sfera politica e la neutralità è un appannaggio che rende le istituzioni indifferenti alle ingiustizie. Pertanto, le organizzazioni culturali non possono sottrarsi dall’esprimersi sulle questioni sociali che interessano la popolazione, come il razzismo, l’immigrazione, i cambiamenti climatici e le questioni di genere, anteponendo a qualsiasi narrazione un forte senso etico della giustizia e dei diritti umani. A livello internazionale c’è un gran fermento di pratiche e riflessioni scientifiche che riguardano l’attivismo nelle istituzioni culturali [4]. Per quanto riguarda il rapporto fra musei e diritti LGBTQ+, il Research Centre for Museums and Galleries dell’Università di Leicester può essere visto come un riferimento. Fra le risorse messe a disposizione da questo ente, è interessante considerare le linee guida sull’inclusione Trans nelle istituzioni culturali poiché a fronte dell’ostilità crescente nei confronti delle persone gender-queer vengono offerti spunti validi in un’ottica transnazionale.
Nonostante la situazione italiana presenti dal punto di vista legislativo, culturale e politico dei ritardi e delle chiusure notevoli rispetto ad altri paesi europei, bisogna riconoscere che in varie parti del mondo, dall’America Latina all’Europa dell’est, le istituzioni culturali si stanno aprendo a questi temi [5]. Il momento storico attuale richiede attenzione, rigore e fermezza poiché le istanze delle persone LGBTQ+ sono costantemente in discussione. I contesti culturali istituzionali hanno quindi il dovere di creare delle aperture e di approcciare le tematiche di genere e sessuali in una chiave di diritti umani. Da dove partire?
Il valore aggiunto dell’attivismo culturale riguarda la possibilità di creare narrazioni di qualità in cui oggetti e opere d’arte permettono di mostrare una visione più fluida, articolata e complessa della realtà [6]. All’idea che la famiglia nucleare e il matrimonio romantico ed eterosessuale costituiscano il fondamento della cultura italiana si contrappone la realtà dell’antropologia e la storia culturale di opere d’arte e oggetti esposti in moltissimi musei. La Fondazione Querini Stampalia [7] ha recentemente promosso delle visite queer alle proprie collezioni, dove attraverso riferimenti alla storia di Venezia in collegamento con l’attualità, ha mostrato come visioni non binarie e non eterosessuali sul genere e la sessualità attraversino tempi e culture. Reinterpretare opere e ambienti in una chiave di rilevanza e attivismo sociale è un passo fondamentale per scardinare le ideologie e promuovere una pluralità di sguardi.

L’adozione di un linguaggio ampio e rappresentativo delle diverse caratteristiche delle persone è un’altra dimensione strategica per adottare cambiamenti quotidiani d’impatto. Le istituzioni culturali hanno una missione comunicativa nel DNA che esplicitano in diversi mezzi: cataloghi, comunicati, siti internet, canali social, testi di sala, mail interne. Gli studi sociolinguistici contemporanei invitano a riflettere sui limiti del linguaggio binario e sulle possibili soluzioni, come lo schwa, ma anche sul rischio di creare schemi concettuali troppo semplificatori che finiscono per creare ulteriori divisioni etichettando alcune individualità come diverse mentre altre come normali [8]. Alla base di qualsiasi cambiamento, dalla revisione della segnaletica per i bagni alla riscrittura di una didascalia, deve sempre esserci un percorso di formazione allargato all’istituzione sui temi della diversità e dell’inclusione.
Musei, biblioteche e archivi, oltre a sviluppare iniziative di sensibilizzazione e divulgazione su temi specifici, devono anche diventare luoghi sicuri in cui potersi esprimere. In occasione della mostra dedicata all’attivistə visuale Zanele Muholi, dove grazie alla fotografia si indagavano tematiche come il razzismo e la violenza sui corpi queer, il MUDEC di Milano ha organizzato dei laboratori per teenagers invitandoli a riflettere su questi temi. Da questa esperienza è emerso il punto di vista di una generazione alla quale spesso non viene data la possibilità di autodeterminarsi e che chiede a gran voce un maggiore impegno da parte delle istituzioni nel promuovere un’educazione sessuale inclusiva e strutturata.

I dati sulla violenza di genere, la crescente istituzionalizzazione dell’omofobia, l’assenza di politiche educative che riguardano la sessualità e il genere nelle scuole sono una ferita sociale grave. Le istituzioni con finalità educative non posso sottrarsi dal compito di promuovere pratiche e valori di libertà [9]. È proprio nel momento in cui questi valori vengono messi in discussione che occorre reagire, trovando il coraggio e la forza di andare controcorrente.
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Butler, Judith, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, trad. it. Laterza, Roma-Bari 2013. [2] McCann, Hannah e Monaghan, Whiteny, Queer Theory Now. From Foundations to Futures, Bloomsbury Publisihing PLC 2019; Sullivan, Nikki, A Critical Introduction to Queer Theory, New York University Press 2003. [3] Nature 2018, 563:3 https://www.nature.com/articles/d41586-018-07238-8 citato in Slagstad, Ketil, ‘The Political Nature of Sex. Transgender in the History of Medicine’, The New England Journal of Medicine 2021. [4] Cfr: Sandell, Richard, Museums, Moralities and Human Rights, Routledge: London and New York, 2017; Reilly, Maura, Curatorial Activism: Towards an Ethics of Curating, Thames and Hudson, 2018. [5] Cfr: Chantraine, Renaud e Burlon Soares, Bruno, ‘LGBTQI Museums’, ICOM International, Paris 2021; Bas, Hendrikx (a cura di), Queer Exhibition Histories, Valiz 2023. [6] Moolhuijsen, Nicole, ‘Queer Identities and Heritage: Current Developments and Hope for the Future’, + Fluid Heritage, Routes§Routes, 2020. [7] Moolhuijsen, Nicole, ‘In Italia c’è un museo che indaga la diversità di genere: la Fondazione Querini Stampalia a Veneia’, CheFare, 2022 https://che-fare.com/almanacco/politiche/comunita/genere-identita-museo-fondazione-querini-stampalia-venezia/ [8] Cfr: Gheno, Vera, L’avventura dello schwa. Estratto dal libro Femminili singolari, effequ 2021; Acanfora, Fabrizio. In altre parole. Dizionario minimo di diversità, effequ 2021. [9] hooks, bell, Insegnare a trasgredire. L’educazione come pratica di libertà, trad. it. Meltemi, 2020.
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ABSTRACT
Culture is a powerful communication tool with a political value as well. In the current socio-political landscape, characterised by continuous attacks and pressures on the lives and rights of LGBTQ+ people, it is necessary to reflect on the meaning of cultural action in a key of activism and social justice. How can cultural institutions such as museums, libraries and archives express themselves on these issues consistently with their mission? What are the values and possibilities of action of queer cultural narratives? Starting with recent developments in the field of social museology as well as gender and sexuality studies, the text offers a reflection on the possibilities of cultural and queer activism in cultural institutions. Keeping the broader international scenario in the background and considering the characteristics of the Italian context, proposals are put forward for lines of work to be pursued in order to make cultural institutions more involved in the debate and representation of queer instances. Among the strands of work identified are the interpretation of collections, language, training and the creation of safe spaces.