
Un’uscita firmata Marilena Pirrelli (ArtEconomy24) ha acceso i riflettori sul nuovo scenario che emergerebbe dalla bozza, datata 7 marzo 2023, del Ddl delega al governo per la riforma fiscale, messa a punto dal Ministero delle Finanze. All’interno del testo si prevede di ridurre l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa all’importazione di opere d’arte, estendendo la tassazione ridotta anche alla cessione di oggetti d’arte o da collezione. La bozza, composta da 22 articoli, è suddivisa in cinque parti: principi generali e tempi di attuazione, tributi, procedimenti e sanzioni, testi unici e codici, disposizioni finanziarie. La misura potrebbe comportare la riduzione dell’aliquota IVA dal 10 al 5% sull’importazione di opere d’arte (in Francia è già al 5,5%), estendendola anche alla cessione di oggetti d’arte o da collezione (oggi al 22%). Insomma, potrà risultare più conveniente rispetto ad altri paesi, importare opere in Italia.
LA DIRETTIVA DELL’UNIONE EUROPEA
La direttiva UE del 5 aprile 2022 (2022/542) è intervenuta a modificare le precedenti direttive (2006/112/CE e UE 2020/285), in materia di aliquote dell’imposta sul valore aggiunto, mirando, come riporta il testo, a «salvaguardare il funzionamento del mercato interno e a evitare distorsioni della concorrenza». Il contenuto entrerà in vigore il 1° gennaio 2025, dovrà quindi essere recepito dagli Stati Membri entro il 31 dicembre 2024. Come già anticipato da ArtEconomy24, la Commissione Europea ha espressamente ricompreso «la cessione di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione» nell’elenco delle 29 categorie dell’Allegato III della Direttiva 2006/112/CE, riguardante le «cessioni e prestazioni di servizi che possono essere soggette alle aliquote ridotte», applicabili all’intera filiera delle opere d’arte. Tuttavia, affinché la ricezione di ciascuno Stato membro sia conforme alle nuove disposizioni europee, l’applicazione di aliquote ridotte dovrà riguardare un massimo di 24 delle 29 categorie previste dall’Allegato III.
In totale sono otto le nuove categorie ricomprese nell’elenco; tra queste, solo tre potranno accedere al regime fiscale agevolato. Oltre all’arte, le categorie che potranno contendersi l’inclusione nel nuovo regime sono: fornitura di energia elettrica, assistenza legale al lavoro, servizi e strumenti di salvataggio e primo soccorso, biciclette, servizi annessi alle navi faro, abbigliamento e calzature per bimbi e seggiolini per auto, piante e floricoltura. Quando si dice “in buona compagnia”. Se ad essere scelte dovessero essere più di tre voci, si renderà necessaria la revisione delle categorie già ricomprese nel regime agevolato, con conseguente riconduzione al regime ordinario.
L’intenzione della Commissione Europea appare quella di favorire una più agevole circolazione dell’arte, alla stregua di altri prodotti culturali che già godono di dell’IVA ridotta (libri, giornali, musei, concerti…).
L’ITALIA IN EUROPA: LO SCENARIO ATTUALE E FUTURO
In Italia attualmente, la cessione di beni d’arte è soggetta ad un’aliquota del 22%, percentuale massima in Europa. L’aliquota si riduce però al 10%, qualora l’importazione e la cessione siano effettuate direttamente dall’artista o dai suoi eredi. Anche l’importazione da paesi extracomunitari è soggetta ad IVA pari al 10%, esclusi i dazi doganali.
Una bella giungla, insomma, in cui la concorrenza degli altri paesi non può certo dirsi sleale, in quanto è regimentata da politiche favorevoli che ormai da tempo hanno riconosciuto l’importanza del mercato dell’arte per la loro economia interna, agevolando da un lato flussi e scambi commerciali e garantendo verosimilmente, dall’altro, la trasparenza fiscale del sistema. Quello dell’arte è un mercato che ha attori globali le cui dinamiche travalicano i singoli stati -lo abbiamo già visto con la Brexit che ha tolto a Londra e al Regno Unito uno scettro di lungo corso privilegiando piazze come Parigi-. Per questo una tassazione in linea con i paesi a noi vicini non potrà che stigmatizzare alcune attuali opacità, a favore di meccanismi più efficienti, perché più chiari.
Accogliendo la proposta di riforma dell’Unione Europea, il Ddl delega fiscale amplia i confini del regime di favore, prospettando una riduzione dell’aliquota Iva dal 10 al 5% sull’importazione delle opere d’arte.
D’altronde, la proposta di uniformare l’aliquota Iva era già stata prospettata più volte dagli esperti del settore. Un riscontro può essere individuato nel rapporto, datato 2022, pubblicato da BBS-Lombard (“Quanto è riconosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana?”), che suggeriva l’uniformazione dell’aliquota italiana sulle importazioni a quella applicata nei Paesi concorrenti, come la Francia (5,5%) e il Regno Unito (5%). Come suggerito dal rapporto, “una differenza del 100%, o quasi, tra le aliquote domestiche e quelle degli Stati più competitivi per le opere destinate alla vendita in Europa da paesi terzi indebolisce la posizione concorrenziale degli operatori italiani (la quota del Regno Unito nel mercato dell’arte mondiale è del 21%, il 6% per la Francia, meno dell’1% in Italia) e dell’attrattività commerciale del nostro paese nei confronti degli operatori stranieri. Tale fenomeno è accentuato dal fatto che un’opera d’arte importata nell’Unione Europea da uno dei suoi territori doganali, quelli più competitivi, è priva di barriere una volta all’interno dell’Unione (il cosiddetto fenomeno del «cavallo di Troia»)”. Procedendo con un esempio pratico, si consideri che, per le gallerie d’arte, l’Iva sull’importazione è il costo di un’opera d’arte acquisita da un paese terzo: un’opera d’arte acquistata a 100 in un mercato extracomunitario vede il suo prezzo aumentato a 110, mentre il prezzo di rivendita rimane dettato dalle condizioni di mercato. Così, un più alto tasso sulle importazioni comporta, anche in caso di aumento del prezzo di rivendita, una limitazione della competitività degli operatori italiani, rispetto alla maggior parte dei concorrenti esteri. Evidenti sono dunque i benefici che la manovra apporterebbe in termini di fruizione e di sostegno alla produzione di oggetti d’arte. La previsione dell’aliquota ridotta coinvolgerebbe tutto il processo di commercializzazione di un’opera d’arte, dall’atelier dell’artista alla vendita in galleria, favorendo il mercato dell’arte in via diretta e in termini di impatti. Al contrario, nel caso in cui l’Italia non procedesse all’adozione dell’aliquota ridotta su tutta la filiera dell’arte, si assisterebbe a un aumento dell’aliquota dell’artista al 22%, perdendo così l’occasione di assoggettare le prime vendite, effettuate dall’artista attraverso le gallerie, all’aliquota ridotta del 10% o, addirittura, del 5.
LO SCENARIO INTERNAZIONALE: NUOVE GEOGRAFIE E PROGRESSIVE DISSOLUZIONI
Il mercato dell’arte, lo abbiamo visto, non ha confini, piuttosto traiettorie trasformative che dipendono anche dalla fiscalità.
La direttiva europea promette, a tutti gli effetti, l’evoluzione dello scenario di concorrenza in primis tra i paesi dell’Unione, ma anche favorendo il confronto con mercati internazionali molto attivi nel settore, quali Hong Kong, Singapore, Dubai e gli Stati Uniti.
L’ultimo Report sul Mercato Arte edito da Collezione da Tiffany (2022) evidenzia, alla luce di dati reali, sia una nuova georeferenziazione del mercato sia un trend insolito e tutto da osservare. Si starebbe assistendo infatti ad un progressivo dissolvimento dei confini tra mercato primario e mercato secondario, dove con il primo si intende la prima vendita in assoluto di un’opera da parte dell’artista e con il secondo i passaggi successivi post prima vendita. In genere appartengono al mercato primario le gallerie e al secondario le case d’asta, anche se non sempre è così. Il mercato primario subisce la tassazione descritta sopra (10%-22%) per la quale è in corso l’accoglimento della direttiva europea, le opere acquistate sul secondario non hanno tassazioni ulteriori anche se l’acquirente vede crescere il costo dell’acquisto per via delle commissioni d’asta (ma questa si chiama mediazione). Stiamo assistendo all’arrivo di nuovi fenomeni legati all’online, agli NFT agganciati alle blockchain, al Metaverso, anche se in molti non sono inclini a scommetterci per un mercato storicamente simbolo di economia reale. Per esserne certi bisognerebbe intervistare i giovanissimi che con la realtà virtuale sono connessi quotidianamente, sempre che a queste generazioni possa corrispondere la categoria dell’altrettanto giovane collezionismo.
A proposito di nuove geografie, fuori dai confini europei, il quadro rivelerebbe un lieve declino della Cina, a causa delle rigide restrizioni per la pandemia, e uno stato di isolamento della Russia, dovuto alla guerra in Ucraina. In difficoltà anche la Gran Bretagna, il cui mercato starebbe pagando le conseguenze della Brexit. Sempre stabili al vertice gli Stati Uniti -seppur con uno spostamento verso ovest dell’ago della bilancia con Los Angeles che batte la Grande Mela quasi a significare che dove risiede innovazione (tecnologica) si trovano i miglior investitori in bellezza. Segue la Francia, che sta riguadagnando terreno rispetto agli altri Paesi Europei, in particolare il Regno Unito, con Parigi al centro degli scambi.
In Italia, Milano (nonostante il trovarsi nello Stivale, verrebbe da dire), continua a confermare il ruolo di global city anche ai fini del mercato dell’arte che ha visto chiudere l’anno 2022 con il più alto fatturato di sempre per le aste italiane di arte moderna e contemporanea, con un fatturato complessivo di 136.906.822€ (diritti inclusi), segnando una crescita del +3.1% rispetto al 2021.
L’APERTURA DEL GOVERNO
A dare conferma dell’intenzione del Governo di procedere all’attuazione della direttiva Ue, hanno contribuito le dichiarazioni rese da Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, a seguito di un incontro con Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle Finanze. Il Sottosegretario Sgarbi ha affermato che l’Italia si propone di recepire la direttiva Ue che riduce l’IVA sull’importazione delle opere d’arte dal 10 al 5%. Si ritiene che la riduzione dell’IVA agevolerà le transazioni e, di conseguenza, la circolazione delle opere, contribuendo concretamente alla ripresa del mercato. Alla manovra in questione seguiranno altre misure, in corso di approfondimento, che saranno illustrate dal Ministero della Cultura nelle prossime settimane e che saranno orientate all’integrazione degli obiettivi già esplicati. L’iniziativa di riforma dell’Unione europea sta incontrando il favore, non solo del Governo, ma anche degli operatori economici del settore e di numerosi esperti di economia e fiscalità dell’arte.
L’Italia ha l’opportunità di imboccare una via che segnerebbe una svolta significativa. Non resta che coglierla.
ABSTRACT
The article talks about the pathway towards a VAT reduction on imports of works of art in Italy, and how the market is evolving. The initiative takes its cue from a European Union directive that, if implemented, will encourage the circulation of works, and concretely contribute to the recovery of the art and antiques market. The provision of the reduced rate would involve the entire process of marketing a work of art, from the artist’s studio to the sale in a gallery, favoring the art market directly and in terms of impact. On the contrary, should Italy not proceed with the adoption of the reduced rate on the entire art supply chain, the artist’s rate would increase to 22%, thus missing the opportunity to subject the first sales, made by the artist through galleries, to the reduced rate of 10% or even 5%. Italy has an opportunity to take a path that would mark a significant turning point. All that remains is to seize it.