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LIMITI E SFIDE DELLE INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE EUROPEE
L’impatto economico e occupazionale che le industrie culturali e creative (ICC) hanno in Europa, e il loro contributo ai processi di innovazione in altri settori sono ormai qualcosa di ampiamente riconosciuto a livello empirico e accademico. Numerosissimi contributi teorici a livello nazionale e internazionale hanno analizzato, nel corso degli ultimi trent’anni, il potenziale dell’economia creativa e della concentrazione spaziale dei talenti creativi per la competitività dei territori, mostrando come le ICC contribuiscano alle economie locali in termini di creazione di posti di lavoro e generazione di ricchezza.
Le ICC sono state identificate come un fattore fondamentale nei processi di rigenerazione urbana e territoriale, nonché nel trasferimento di conoscenze e competenze per sostenere l’innovazione in altri settori. Tuttavia, nonostante la loro rilevanza come motore economico in Europa e Italia, il loro tessuto imprenditoriale presenta alcune fragilità che ne indeboliscono la capacità competitiva in un mercato sempre più complesso.
Molte attività culturali e creative, infatti, sono micro e piccole imprese che spesso non dispongono di risorse finanziarie adeguate a investire in innovazione, ricerca e sviluppo. Questo rappresenta un ostacolo importante per la competitività del macro-settore che necessita di investimenti costanti per rimanere al passo con le sfide del mercato.
La precarietà del mercato del lavoro è un altro fattore di criticità nel settore che, rispetto al resto dell’economia, presenta un alto livello di autoimpiego – il 32% dei lavoratori sono autonomi rispetto alla media del 14% – e una minor proporzione di persone impiegate a tempo pieno (Eurostat, 2022). A ciò si aggiunge una carenza di competenze manageriali e organizzative che limita la capacità di molte organizzazioni nel gestire le proprie attività in modo pienamente sostenibile adottando modelli di business innovativi.
Tali fragilità – che emergono sia dai report e dalle statistiche di settore sia da una corposa letteratura accademica – diventano ancor più pesanti in un contesto di frammentazione del macro-settore lungo linee geografiche, culturali e linguistiche che ne ostacolano ulteriormente la crescita e la competitività, almeno a livello europeo.
Alla luce di tali considerazioni, al fine di sostenere la diversità culturale, migliorare la competitività delle imprese e irrobustire la capacità del settore nell’operare a livello internazionale, la Commissione Europea è intervenuta, nel settennato 2014-2020, attraverso il programma quadro Europa Creativa, principale strumento di sostegno diretto al settore culturale e creativo dell’Unione Europea.
Composto da due sottoprogrammi – Cultura e MEDIA – e da una sezione intersettoriale, Europa Creativa ha avuto per il settennato un budget complessivo di 1,46 miliardi di euro (455 milioni per il Sottoprogramma Cultura, 824 milioni per il Sottoprogramma MEDIA e 181 milioni per la sezione intersettoriale) muovendosi su quattro obbiettivi specifici ossia supportare la capacità del settore culturale e creativo europeo di operare a livello transnazionale; promuovere la circolazione transnazionale delle opere culturali e creative e degli operatori culturali; rafforzare la capacità finanziaria dei settori culturali e creativi, in particolare delle SME; supportare la cooperazione politica transnazionale al fine di favorire innovazione, policy development, audience building e nuovi modelli di business.
Tra il 2014 e il 2020, 453 organizzazioni italiane hanno avuto accesso ai finanziamenti di Europa Creativa, 320 grazie al sottoprogramma Cultura e 133 nell’ambito del sottoprogramma MEDIA.
Per il periodo 2021-2027 il programma è poi stato rinnovato con una dotazione finanziaria complessiva di 2,44 miliardi di euro.
MISURARE L’IMPATTO DI EUROPA CREATIVA SULLE ORGANIZZAZIONI FINANZIATE: METODOLOGIA E DATI
Con la chiusura del settennato e il completamento dei progetti finanziati, è oggi utile chiedersi: il Programma Europa Creativa ha effettivamente fornito alle organizzazioni italiane il giusto supporto per rafforzare le loro competenze organizzative e manageriali e la loro capacità innovativa? Come questo supporto può e dovrebbe integrarsi con le politiche nazionali?
Il particolare, tre aspetti appaiono particolarmente utili da indagare ossia: i) in che misura e attraverso quali modalità il programma Europa Creativa ha rafforzato la capacità innovativa delle organizzazioni italiane partecipanti, (ii) quali pratiche innovative di tali organizzazioni sono state supportate e, (iii) come le politiche nazionali possono rendersi complementari ai finanziamenti europei per supportare lo sviluppo delle organizzazioni nel tempo.
Le risposte, almeno in parte, è possibile trovarle grazie ai dati raccolti da Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura su incarico del Creative Europe Desk Italia in seno alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MIC per lo studio “L’impatto di Europa Creativa in Italia (2014-2020)”.
Per l’analisi è stato adottato un quadro di valutazione derivato dal Servizio di ricerca del Parlamento europeo e da studi condotti a livello nazionale dal Creative Europe Desk del Regno Unito [1].
In linea con gli obiettivi di Europa Creativa, lo schema di valutazione ha identificato sei tipi di impatto e, per ciascun tipo, ha definito le misure per stimarli. Le aree di impatto individuate sono state: (1) internazionalizzazione, partenariati e reti; (2) nuovi modelli di gestione, utilizzo di nuove tecnologie, ricerca applicata e creatività; (3) impatto economico-finanziario; (4) sviluppo di conoscenze e competenze; (5) sviluppo culturale e del pubblico; (6) impatto sociale. Infine, è stata prevista una quarta sezione solo per il sottoprogramma MEDIA per meglio approfondire i diversi schemi di sostegno finanziario utilizzati.
I dati necessari ad approfondire le sei aree di impatto sono stati tratti dai documenti del Creative Europe Desk e dalla somministrazione di due questionari alle organizzazioni finanziate, uno per i beneficiari del sottoprogramma Cultura e uno per i beneficiari del sottoprogramma MEDIA.
Il questionario è stato distribuito ai 453 beneficiari nell’aprile 2021 tramite il Creative Europe Desk italiano e sono state raccolte 94 risposte, 41 dai partecipanti al sottoprogramma Cultura e 53 da quelli del sottoprogramma MEDIA.
I dati raccolti, seppure da un campione ridotto di beneficiari, restituiscono alcune interessanti evidenze. Di seguito si riportano alcune considerazioni relative al sottoprogramma Cultura, rimandando a successivi approfondimenti per il sottoprogramma MEDIA.
LA PARTECIPAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI ITALIANE AL PROGRAMMA E GLI IMPATTI SU INNOVAZIONE, MODALITÀ ORGANIZZATIVE E PROCESSI CREATIVI DEL SOTTOPROGRAMMA CULTURA
Guardando specificamente alle organizzazioni finanziate dal sottoprogramma Cultura e concentrandosi sulla seconda area di impatto, ossia quella relativa a “nuovi modelli di gestione, utilizzo di nuove tecnologie, ricerca applicata e creatività” che, anche alla luce degli obbiettivi del programma, appare di particolare importanza, è possibile trarre qualche interessante elemento di riflessione.
Nel periodo 2014-2020 le organizzazioni italiane che hanno visto il loro progetto finanziato da Europa Creativa sottoprogramma Cultura sono state 320, ossia l’8,6% delle organizzazioni finanziate a livello europeo. Si tratta di una quota importante che, però, rispetto al numero di progetti presentati, evidenzia per l’Italia un tasso di successo inferiore di circa dieci punti percentuali rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale.
Nella maggior parte dei casi, i partecipanti sono associazioni culturali (33%), fondazioni (20%), cooperative (8%). Da un punto di vista settoriale, invece, le organizzazioni beneficiate operano nelle arti performative (51%), nell’editoria (27%), nel patrimonio tangibile e intangibile (16%), nelle arti visive (6%) e in altri settori della produzione culturale (4%).
Più di un terzo delle organizzazioni ha meno di 10 dipendenti e quasi altrettante meno di 50; la maggior parte si colloca in una fascia di fatturato compresa tra 100.000 e 500.000 euro.
La piccola dimensione delle organizzazioni finanziate è anche la lente attraverso cui leggere le motivazioni che le hanno spinte a partecipare a Europa Creativa ossia, in primis, la possibilità di adottare una prospettiva di internazionalizzazione – sviluppando così nuove reti e migliorando l’organizzazione interna attraverso l’incremento delle competenze – e, in secondo luogo, la possibilità di identificare nuovi modi di lavorare e progettare. La terza motivazione più citata è poi quella creativa, ossia la possibilità data dal programma di innovare e differenziare la propria produzione culturale.
Le motivazioni economiche, sorprendentemente, occupano solo il quarto posto, e la possibilità di ampliare il proprio pubblico si colloca all’ultimo posto. Tuttavia, questo non necessariamente segnala uno scarso interesse per l’audience development quanto, piuttosto, una consapevolezza delle organizzazioni della necessità di rafforzare la propria capacità innovativa e organizzativa, il proprio modus operandi e la propria rete di collaborazioni come presupposto anche per raggiungere pubblici più vasti.
Le organizzazioni italiane che hanno partecipato fin qui a Europa Creativa, dunque, lo hanno fatto principalmente con l’intento di rafforzare il proprio network, aprirsi a nuove opportunità e rafforzare i propri processi creativi e produttivi.
Queste aspettative sono state confermate?
Più della metà delle organizzazioni intervistate ha affermato che la partecipazione a Europa Creativa, sottoprogramma Cultura, ha permesso all’organizzazione di sviluppare nuove modalità operative, riconoscendone così il valore nel favorire l’innovazione dei modelli e dei processi gestionali.
Circa il 30% delle organizzazioni intervistate ritiene poi che il programma abbia permesso loro di mantenere il controllo creativo diretto di progetti che, altrimenti, avrebbero dovuto essere esternalizzati ad altre organizzazioni per la realizzazione.
Secondo i partecipanti l’essere esposti a nuove reti, idee o approcci di lavoro, e la possibilità di attingere alle competenze e conoscenze dei partner, sono stati, insieme alle opportunità di apprendimento formale, i principali fattori attraverso cui il programma è stato in grado di sostenere la loro capacità innovativa e creativa.
Anche la propensione tecnologica delle organizzazioni è stata impattata dalla partecipazione al programma, in particolare per quanto riguarda la loro capacità di costruire parte dell’offerta culturale in modalità digitale (48% dei rispondenti) e di utilizzare la tecnologia in modo innovativo (48%). Infine, le competenze acquisite grazie alla partecipazione a Europa Creativa si sono trasformate anche in capacità di lavorare in altri paesi e di costruire partnership strategiche.
IL RACCORDO CON LE POLITICHE NAZIONALI
Tali risultati, che, come già ricordato, sono riferiti alle sole organizzazioni italiane che hanno partecipato al sottoprogramma Cultura, permettono di confermare l’impatto di Europa Creativa nel supportare processi innovativi potenzialmente utili a sostenere il “tasso di creatività” nazionale nel tempo.
Tuttavia, l’indagine ha messo in luce anche diverse debolezze che riducono l’efficacia della partecipazione delle organizzazioni italiane al programma. Tali debolezze riguardano per lo più le caratteristiche stesse del macro-settore in Italia. Il numero limitato di grandi imprese e il grande numero di piccole e micro-imprese che faticano a lavorare al di fuori del mercato nazionale; l’assetto giuridico di molte delle organizzazioni con pochissime società a responsabilità limitata; la frammentazione della catena di approvvigionamento; la concentrazione territoriale degli operatori nelle grandi aree urbane di Roma, Milano, Torino e Bari sono alcune delle principali.
La frammentazione dell’imprenditoria culturale e creativa in Italia, e la presenza di un limitato mercato di esportazione diretta – dovuto a un ridotto mercato transfrontaliero in Europa e alla marginalità della lingua italiana nel contesto internazionale -, costituiscono ulteriori freni alla crescita.
Da qui la necessità di identificare come le politiche nazionali debbano rendersi complementari ai finanziamenti europei attraverso la strutturazione di strumenti finanziari o fiscali adeguati per valorizzare l’impatto di Europa Creativa e per supportare la continuità operativa delle organizzazioni beneficiarie.
Costruire connessioni e opportunità di contatto tra operatori, aumentare la consapevolezza del programma e di altri programmi di finanziamento, identificare e condividere buone pratiche ed esperienze innovative così come produrre dati e studi di settore che possano supportare le organizzazioni anche a livello progettuale e di implementazione sono solo alcune delle linee di intervento necessarie per rafforzare, a livello nazionale e locale, l’impatto del Programma.
Naturalmente si tratta solo di alcune linee di possibile intervento: uno studio più approfondito dei dati ottenuti dal monitoraggio del Programma e l’analisi delle relazioni tra le diverse aree di impatto potrà poi restituire ulteriori dati e indicazioni su cui sviluppare azioni di sostegno al macro-settore.
NOTE
[1] Si vedano in particolare Zygierewicz, A. (2018), Creative Europe Programme (2014 to 2020). European implementation assessment (update), Ex-Post Evaluation Unit, European Parliamentary Research Service (EPRS), Brussels e SQW (2021), The Impact of Creative Europe in the UK 2014 – 2020, London.ABSTRACT
The article discusses the impacts of the Creative Europe Framework Program on participating organisations. Looking at primary data collected on 41 Italian organisations that benefited from the funds of the Culture sub-program between 2014 and 2020, the impacts of the program on the beneficiaries are examined, with specific reference to the ability to influence management models, new technologies, and creative processes. The results highlight the program’s positive outcomes in acquiring new skills, networking opportunities and innovation capacity and suggest that national policies complement Creative Europe funding. These policies should include structuring financial or fiscal instruments, improving training and mentoring, building networks, and improving communication opportunities.
Paola Borrione, Presidente e Head of Research di Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura. Esperta in analisi economica della produzione e innovazione culturale e di nuove tecnologie, è valutatore di diversi programmi europei e autrice di studi e ricerche sull’economia della cultura. È inoltre professore aggiunto in Nuove tecnologie per i beni e le attività culturali presso l’Università IULM di Milano.
Martha Friel, PhD è ricercatrice di Economia e Gestione delle imprese all’Università IULM di Milano dove insegna Economia e management della cultura e del turismo presso la Facoltà di Arti e Turismo. Si occupa in particolare di turismo culturale e di industrie culturali e creative su cui ha lavorato e pubblicato in Italia e all’estero. È inoltre Senior fellow di Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura; per CUOA Business School è consulente scientifico dei progetti sul turismo.