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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
Come possiamo «pensare bene e vivere meglio»? “Ecologia del pensiero” propone un’etnografia del quotidiano per disvelare le forme di inquinamento simbolico e ambientale, per una mente che possa pensare in modo ecologico e agire responsabilmente

DALLE ECO-PAROLE AGLI ECO-PENSIERI

«Noi siamo il bersaglio di un flusso continuo di parole e conversazioni, che spesso sono tossiche, velenose, indigeste per le nostre soggettività. Questi flussi di parole si attorcigliano come rovi attorno alle nostre identità, alla percezione che abbiamo di noi stessi e, lentamente, alla stregua di invisibili vampiri, ci sottraggono la stima di noi stessi, la fiducia profonda nelle nostre capacità, fino a inebetirci, a convincerci che siamo davvero quel fantoccio vuoto, quell’involucro scarno cui ci hanno ridotto, grazie alla nostra inconsapevole e feroce complicità» (2023, p. VIII).

Con queste parole la sociologa Anna Lisa Tota, Prorettrice Vicaria dell’Università Roma Tre e professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo del medesimo Ateneo, introduce il suo nuovo libro, “Ecologia del pensiero. Conversazioni con una mente inquinata”, che si presenta come la seconda tappa di un percorso iniziato nel 2020 con la scrittura di “Ecologia della parola. Il piacere della conversazione”. Nel primo volume la studiosa, partendo dalla premessa che «Noi siamo le parole che diciamo e quelle che ascoltiamo» (2020, p. 25), presentava una proposta rivolta a chi desiderasse parlare bene e ascoltare meglio. Un “testo militante”, come lei stessa lo definiva, in cui documentava in dettaglio, ad esempio, come le parole, con la loro dimensione performativa, possano farci guarire ma anche ammalare. Infatti, mostrando i meccanismi che generano la comunicazione patologica e mettendo a disposizione sia categorie analitiche – in primis quelle derivanti dagli studi della scuola di Palo Alto in California – sia strumenti pratici tratti dall’osservazione della vita quotidiana, offriva ai lettori e alle lettrici, tra gli altri, degli efficaci “kata” di difesa per sottrarsi alle forme di inquinamento verbale. A pochi mesi di distanza da quell’opera e in un tempo segnato dalla pandemia da Covid-19, la studiosa riflette sull’interconnessione fra parole e pensieri osservando come le stesse parole pronunciate in un contesto possono essere ecologiche e, in un altro, altamente tossiche. Pertanto, decide di focalizzare l’attenzione, nel nuovo libro, sui flussi del nostro pensare quotidiano – perché «quando pensiamo, non siamo mai soli» (2023, p. 7) – con l’intento di fornire, soprattutto alle giovani generazioni, come i suoi studenti e le sue studentesse, nuove competenze di cittadinanza.

L’autrice parte dalla premessa che tutti e tutte noi cadiamo ripetutamente in una serie di trappole del pensiero che ci rendono infelici oltre il necessario e che sono eminentemente sociali. Si tratta della mente inquinata del sottotitolo, con cui la studiosa intraprende una conversazione, ad esempio quando praticando karate è portata a confrontarsi con il “nemico interno”, quella vocina che le sussurra che non ce la farà mai e che la induce a confrontarsi con le aspettative – non tanto individuali ma sociali appunto – legate ad un corpo che, ad una determinata età, si muove in uno spazio nell’incontro con un altro corpo avente differenti caratteristiche anagrafiche e morfologiche. “Ecologia del pensiero” propone così di coinvolgerci in un progetto collettivo, condividendo esperienze, mettendo in comune pratiche e conversazioni silenziose – quelle con il fluire dei nostri pensieri – per aiutarci a pensare in modo diverso, un modo che ci appartenga e ci nutra. Anna Lisa Tota mette a disposizione, nel quinto capitolo, un decalogo per una mente che pensi in modo ecologico. E se le parole possono essere paragonate ai vestiti dei nostri pensieri, il decalogo è un po’ come un cartamodello, da personalizzare e cucire su misura addosso a ciascuno di noi.

UN’ETNOGRAFIA DEL QUOTIDIANO: VERSO LA FELICITÀ DELLE MICRO-AZIONI

L’autrice applica gli strumenti delle scienze sociali per costruire un’etnografia del quotidiano, in un esercizio di ascolto e osservazione dell’effetto che i pensieri hanno sul nostro corpo, a caccia di quelle sceneggiature mentali costituite da un magma di ansie e preoccupazioni che spesso finiscono per auto-sabotarci. Fare etnografia per Anna Lisa Tota significa prima di tutto indagare come ciò che ci accade dentro e fuori di noi prende forma all’interno di traiettorie sociali che collegano l’individuo con l’ambiente.

Denso e articolato dal punto di vista scientifico, con un approccio interdisciplinare che, partendo da una prospettiva sociologica, innesta contributi provenienti da vari ambiti – filosofia, antropologia, psicologia, ecologia, neuroscienze, neurobiologia vegetale -, “Ecologia del pensiero” si situa alla confluenza tra sociologia pubblica, ecologia dei processi comunicativi ed environmental humanities e mette al centro dell’analisi questioni cruciali per la contemporaneità, quali ad esempio le forme di inquinamento simbolico e il ruolo degli immaginari mediali nel legittimare rappresentazioni discriminanti delle identità di genere, di etnia e di generazione, le «cattive immagini» (2023, p. 108) cui occorre rispondere scegliendo, tra le immagini «attraverso cui possiamo ammobiliare le dimore della nostra soggettività» (ivi, p. 19), quelle sostenibili e adeguate a ciascuno di noi. O ancora, lo specismo, che affronta il tema della presunta supremazia dell’essere umano rispetto agli altri organismi viventi, e il marketing dei desideri, dinamica indotta dalla società dei consumi che ci ha assuefatto all’idea «per cui un bene non è semplicemente un prodotto, ma è piuttosto la soluzione di una pretesa identitaria che, attraverso quel bene e/o servizio, possiamo conseguire» (ivi, p. 91).

Ed è così che in questo libro, come fosse un manuale di buone ricette per il futuro in cui si combinano ingredienti del quotidiano, o un cesto di vimini – come afferma spesso Anna Lisa Tota – in cui trovare proposte per chi desideri pensare in modo efficiente, si intrecciano teoria e prassi, letteratura e poesia, da Proust a Goethe, da Rilke a Hölderlin, narrazioni tratte da serie televisive come “The Good Wife” e “La regina degli scacchi”, le cui protagoniste assurgono a nuove paladine del femminismo neoliberista (Rottenberg, 2020), e storie di vita vissuta. Si tratta di un contributo che lo sguardo sociologico può offrire – come un paio di occhiali che ci fanno vedere meglio – e che si declina in una prospettiva empirica e pragmatica, in cui diventa possibile sperimentare la felicità delle micro-azioni.

PER UN PENSIERO SOSTENIBILE E UN AGIRE RESPONSABILE: GUARDARE ALLA MENTE COME UN PAESAGGIO

Il volume, in un percorso di sei capitoli, ci offre di fare un pezzo di strada insieme, sia all’interno del nostro quotidiano sia dentro di noi, per abitare una mente che possa pensare in modo ecologico. Ma perché, secondo l’autrice, dovremmo pensare in modo ecologico?

Il riferimento teorico è, in primis, alla prospettiva sistemica che va sotto il nome di “ecologia della mente” (Bateson, 1976) e poi, tra gli altri, all’ecologia della cultura di Tim Ingold (2016) e all’ecofilosofia di Arne Naess (2021), che ha messo a tema «come il pianeta abbia sviluppato una vulnerabilità che deve essere curata» (2023, p. 205). L’autrice riprende innanzitutto la concezione fluida dei confini tra il corpo di un soggetto e l’ambiente che lo circonda che aveva delineato in “Ecologia della parola” con la formulazione del concetto di “Io esteso”. A quest’ultimo congiunge la nozione di “Io-casa”, «rappresentazione estesa che il soggetto ha della sua vita psichica e che viene riversata in uno spazio contenitore di più o meno vaste dimensioni» (ivi, p. 88). Pertanto, se il confine tra il dentro e il fuori è friabile e poroso, la mente diventa un «paesaggio, letteralmente abitato dal flusso dei nostri pensieri» (2023, p. 8), esempio perfetto di intreccio e consonanza simbolica tra spazio, tempo e soggettività. Nel quarto capitolo amplia la riflessione sul tema dei confini dell’identità e dell’estensione delle dimore dell’io includendo i paesaggi sonori. Nel sesto capitolo, guardando al mondo vegetale in cui «il confine con l’esterno non è necessariamente e stabilmente un dentro e un fuori» (ivi, p. 207), rielabora il contributo di Maurice Merleau-Ponty (1964). Qui propone di ricongiungere il pensiero con la carne del mondo per «ripensare a un nuovo connubio tra l’intervento umano e la natura, una sorta di nuovo patto cooperativo che non abbia come unico e principale obiettivo quello dello sfruttamento economico delle risorse ambientali, ma che metta al centro la sostenibilità responsabile di tutte le scelte» (2023, p. 199). Infine, per riflettere sulle conseguenze dell’Antropocene, entra in dialogo con l’ibrido di Bruno Latour e il cyborg di Donna Haraway (ma anche con la sua auto e la sua lavatrice!), chiedendoci se «vogliamo ibridarci con la tecnologia felicemente oppure infelicemente» (ivi, p. 62).

In conclusione, il contributo che il pensiero ecologico può offrire, non potendo ovviamente intervenire sulle grandi difficoltà e gravi sofferenze che affliggono ciascuno di noi, è quello di affidarci al mondo della natura e di adottare uno sguardo interspecifico, comprendendo che siamo solo una fra le molteplici specie viventi. L’invito che ci fa la studiosa è dunque di trovare il nostro passo, all’insegna della lentezza – quel «pensare a piedi» in omaggio a Franco Cassano (1996) -, della sostenibilità, della resilienza, della speranza, della responsabilità e della solidarietà, adottando una postura nell’interscambio con l’ambiente che ci faccia «pensare bene e vivere meglio» (2023, p. 7).

ABSTRACT

In this contribution we offer some reflections from the recent book “Ecologia del pensiero” (Einaudi, 2023). Anna Lisa Tota, sociologist and deputy rector of University Roma Tre, in her new book thinks over the connections between words and thoughts and suggests to consider our mind as a landscape, inhabited by the flow of our thoughts. Based on the assumption that “when we think, we are never alone”, the author proposes an ethnography of everyday life helping us to think ecologically and act responsibly, in dialogue with the environment.

 

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Lia Luchetti

Lia Luchetti

Lia Luchetti è ricercatrice in Sociologia generale presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre. Si occupa di gender studies e processi comunicativi, cultural heritage, sociologia della moda e della pubblicità. Tra le sue pubblicazioni recenti: Inquinamento visuale. Manifesto contro il razzismo e il sessismo delle immagini (con Anna Lisa Tota e Antonietta De Feo, Mondadori, 2023).

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