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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
Da sistemi di monitoraggio puntuali a luoghi “sperimentali” di osservazione: panoramica e prospettive tratte dall’ultimo numero della rivista “Economia della Cultura”
Photo credits : Roksana Helscher, Pixabay

Da anni ormai si parla di “data deluge” ossia, letteralmente, della pioggia di dati che accompagna le nostre vite contemporanee. Produciamo dati ogni qual volta ci muoviamo, compriamo o commentiamo qualcosa. Eppure, in ambito culturale, i dati sono sempre insufficienti, nel migliore dei casi e, nel peggiore, di complessa lettura. Oggi, il ruolo degli Osservatori Culturali passa proprio dalla necessità di trovare delle coordinate di senso che ci aiutino a leggere e interpretare i dati a disposizione, nonostante per nulla esaustivi e anzi proprio in virtù della loro parzialità.

L’ultimo numero della rivista Economia della Cultura, a cura di Maria Grazia Bellisario, Annalilsa Cicerchia e Antonio Taormina, fa un’operazione molto interessante in questo senso, perché offre una panoramica di tutti quegli operatori che svolgono, a vario titolo, un’attività di monitoraggio ma soprattutto di interpretazione di dati diversi, al fine di ri-costruire fenomeni e accompagnare il necessario aggiornamento delle policy culturali.

Tre sono i principali “filoni narrativi” che emergono dal volume: gli Osservatori Culturali più tradizionali, quali l’Osservatorio Culturale del Piemonte ma anche quello dei Paesi Baschi, tra i pionieri del concetto stesso di osservatorio per la cultura e che sono impegnati sia nell’analisi che nella raccolta dati; sistemi di monitoraggio che danno vita ad analisi e interpretazioni puntuali, per lo più di dati raccolti da terzi; agende di ricerca e studi di natura più o meno sperimentale che, se da un lato ben riflettono la difficoltà di “osservare” un fenomeno tanto complesso, controverso, variegato e in costante evoluzione come lo è quello di “cultura”, dall’altro suggeriscono delle piste alternative e complementari ai dati statistici ufficiali, oramai imprescindibili per lo sviluppo di Osservatori che sappiano, nel rigore, accogliere e far tesoro di dati e metodi di ricerca emergenti.

OSSERVATORI DELLA CULTURA: DAI PIONIERI ALLE ESPERIENZE PIÙ RECENTI

È soprattutto agli inizi degli anni 2000 che gli osservatori della cultura si moltiplicano in maniera significativa, soprattutto a livello regionale, come ben ci illustrano Antonio Taormina ed Annalisa Cicerchia offrendoci una panoramica storica, rispettivamente a livello nazionale ed europeo. L’operato di osservatori come l’Osservatorio Culturale del Piemonte, senz’altro tra i più longevi in materia, appare in qualche modo “tra le righe” della rivista. L’intervento dello storico direttore, Luca Dal Pozzolo, con la sua fluidissima penna ci restituisce la complessità del momento e invita gli osservatori culturali a farsi carico delle contraddizioni che il cambio di paradigma impone nonché degli effetti talvolta perversi che fenomeni come il massiccio passaggio al digitale stanno generando per i processi di produzione ma anche di fruizione culturale. L’Osservatorio Culturale dei Paesi Baschi, che prende le mosse proprio da quello piemontese, ha in parte colto la sfida articolando la sua attività di studio e ricerca in tre filoni: raccolta di dati e informazioni, produzioni di statistiche e indicatori per le arti e i settori culturali e creativi, nonché ricerche qualitative, per lo più condotte insieme agli attori del settore, la cui cooperazione si rende più necessaria che mai per la comprensione di nuovi fenomeni.

A questi si aggiungono i progetti di osservatorio nazionale al momento in situazione di stallo per il comparto dello spettacolo (Antonio Taormina, Carlo Testini), ma anche quelli recentemente avviati e che esplorano aspetti trasversali, come l’Osservatorio sulla Parità di Genere (Flavia Barca), l’Osservatorio sui Partenariati Pubblico-Privati (Irene Bongiovanni) o ancora quello sul Paesaggio (Benedetta Castiglioni, Maria Grazia Bellisario). Particolarmente interessanti le riflessioni riguardanti la necessità di una governance partecipata e plurale del nascente Osservatorio sulla Parità di Genere – riflessioni che valgono per tutti quegli enti che intendono maneggiare dati ed evidenze a volte scomode e che, invece di incentivare il cambiamento, rischiano di inibirlo ulteriormente.

DATI E RAPPORTI ANNUALI COME “PUNTI DI OSSERVAZIONE” COMPLEMENTARI

Federculture e il suo rapporto annuale (Umberto Croppi), la Fondazione Symbola e la mappatura annuale “Io Sono Cultura” (Domenico Sturabotti, Camilla Lo Schiavo), o ancora gli studi dell’Associazione Civita (Giovanna Castelli) offrono approfondimenti complementari. Seppur la tipologia di lavoro svolta ben differisce da quella di istituzioni strutturate il cui compito è quello di operare a cavallo di raccolta dati, analisi e interpretazione e sostegno alle politiche, per il tramite di metodologie di ricerca consolidate, si tratta di punti di osservazione cruciali alla comprensione di un mondo in rapido mutamento. Per altro, a differenza degli osservatori culturali regionali, questi ci permettono di allargare lo sguardo a livello nazionale.

A livello europeo, se l’unico osservatorio esistente in materia ha un focus esclusivamente settoriale (European Audiovisual Observatory – EAO) motivo per cui lo EAO non è oggetto del numero, le statistiche culturali prodotte ormai annualmente da Eurostat sono ad oggi quanto di più attendibile esiste per un monitoraggio costante e comparato della cultura qui intesa come settore di attività economico. L’attività di studio dell’Unione Europea conta ovviamente ben di più delle statistiche ufficiali, ma in questa sede vale la pena sottolineare che la produzione di statistiche culturali europee, per quanto limitate, è frutto di un costante lavoro – metodologico e politico – che continua in maniera quasi ininterrotta da circa vent’anni (Andrea Galelli).

NUOVE PISTE DI OSSERVAZIONE E AGENDE DI RICERCA PER COMPRENDERE LA COMPLESSITÀ

A questo panorama di attori, studi e dati, si aggiungono una serie di lavori che propongono  nuove modalità di studio della cultura e delle dimensioni a questa connessa, da quella del lavoro culturale a quella della sostenibilità del turismo culturale. L’Università di Venezia, per esempio, insieme all’Osservatorio della Cultura regionale ha studiato nel dettaglio e con un approccio che combina e incrocia numerose fonti dati, statistiche e non, le arti performative della regione Veneto (Fabrizio Panozzo, Maria Luisiani) mentre un gruppo di ricercatori (Fabio Bacchini, Fabrizio Di Mari, Roberto Iannaccone) ha provato, nell’ambito di un progetto europeo, a testare la validità dei dati di TripAdvisor per misurare la soddisfazione delle esperienze di visita a siti culturali a Roma ma anche, potenzialmente, per meglio distribuire i flussi di visitatori.

Da ultimo, ma non per ordine di importanza, il tema delle capitali della cultura fa oggetto di una riflessione a sé stante nel numero. Se più volte la necessità di un osservatorio a tema è stato oggetto di dibattito, ad oggi l’argomento è relegato a ricerche condotte da singole città o accademici. Manca una meta-lettura concettualmente convincente, ma che soprattutto faccia tesoro degli insegnamenti che le capitali della cultura, su diversa scala, offrono per la rielaborazione forse del concetto stesso di capitale della cultura, spesso ancora fin troppo dipendenti dalla logica del grande evento. L’agenda di ricerca proposta nel numero cerca appunto di ovviare a questo importante gap conoscitivo (Franco Bianchini, Alexandra Oanca).

Ne viene fuori un quadro estremamente ricco, che merita almeno due considerazioni. Primo, le Regioni si muovono a velocità molto (troppo) diverse, con l’evidente risultato che la produzione e lo studio regolare di dati e fenomeni rischia di rimanere relegato a singole realtà virtuose. Non è forse un caso che l’unico osservatorio regionale trattato, seppur tangenzialmente, nel numero sia quello piemontese. Secondo, manca un disegno di insieme che connetta dati e ricerche al ruolo strategico che il comparto può giocare nel superamento delle sfide globali. Non è necessario reinventare la ruota. Piuttosto, un migliore gioco di squadra, tra “osservatori” regionali e nazionali prima e tra questi e i policy-maker poi, non potrebbe che andare a beneficio dell’adozione di politiche culturali meno improvvisate e sperabilmente più efficaci.

Sommario del numero:

Annalisa Cicerchia, Gli osservatòri culturali in Europa e il Compendium of Cultural Policies and Trends

Luca Dal Pozzolo, Lampi, frammenti, cecità: le intermittenze dell’osservare

Antonio Taormina, Gli Osservatòri culturali e le Regioni italiane

Maria Grazia Bellisario, Osservare per condividere. UNESCO, paesaggio, reti: riflessioni e commenti sulle esperienze degli Osservatòri.

Andrea Gallelli, Observing culture at EU level. EUROSTAT culture statistics

Franco Bianchini, Alexandra Oanca, Capitals and Cities of Culture: notes towards the construction of a research agenda

Fabio Bacchini, Fabrizio Di Mari, Roberto Iannaccone, Using TripAdvisor for monitoring and improving the management of the Heritage sites

Flavia Barca, Gli Osservatòri di genere nei settori culturali e creativi

Benedetta Castiglioni, L’Osservatorio regionale per il paesaggio veneto e il progetto educativo «In20amo il paesaggio»

Maria Lusiani, Fabrizio Panozzo, Andrea Santini, L’osservatorio regionale delle arti performative per la Regione Veneto.

Basque Observatory of Culture, The Basque Observatory Of Culture. An Information And Knowledge Service With A Transformative Vocation

Irene Bongiovanni, Cultura cooperativa per la rigenerazione di luoghi e comunità. L’esperienza dell’Osservatorio per i partenariari speciali pubblico-privato

Giovanna Castelli, L’attività dell’Associazione Civita e del Centro Studi «Gianfranco Imperatori»

Umberto Croppi, L’esperienza maturata sul campo di Federculture

Domenico Sturabotti, Camilla Lo Schiavo, I Quaderni di Symbola. Riconoscere e promuovere il valore della cultura e della creatività nell’economia italiana

Carlo Testini, Lo Spettacolo nel non profit italiano alla prova del Codice del Terzo Settore. Il ruolo determinante degli Osservatòri sullo spettacolo dal vivo

ABSTRACT

For years now, we have been talking about the “data deluge,” literally referring to the flood of data that accompanies our contemporary lives. However, in the cultural context, data is always either insufficient at best or, at worst, difficult to interpret. Today, the role of Cultural Observatories revolves around the need to find meaningful coordinates that help us read and interpret the available data, despite being far from exhaustive and, in fact, precisely because of their partiality. The latest issue of the “Economia della Cultura” journal performs a very interesting operation in this regard, offering an overview of all those operators who, in various capacities, engage in monitoring activities, but above all, in the interpretation of diverse data. This is aimed at reconstructing phenomena and supporting the necessary update of cultural policies. Three main “narrative strands” emerge from the volume: the more “traditional” Cultural Observatories; monitoring systems that give rise to precise analyses and interpretations; research agendas and studies of a more or less experimental nature suggesting complementary paths to official statistical data, which are now indispensable for the development of observatories capable of rigorously embracing and making use of emerging data and research methods.

 

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Valentina Montalto

Valentina Montalto

Forte di un’esperienza professionale decennale in ambienti internazionali, Valentina Montalto si è occupata di politiche, statistiche e indicatori per i settori culturali e creativi (SCC), a livello europeo e urbano. Dopo sette anni di lavoro come project manager e consulente presso KEA European Affairs, società leader nei SCC, con sede a Bruxelles, è attualmente policy analyst presso il Joint Research Centre della Commissione Europea, in qualità di ricercatore principale e coordinatore del Cultural and Creative Cities Monitor - strumento di monitoraggio e valutazione dell’ecosistema culturale e creative di 190 città europee. Valentina interviene regolarmente in conferenze e workshop in tutta Europa. Su YouTube il suo TEDx talk Quanto conta la cultura nelle nostre città? Valentina ha conseguito un Ph.D. in Urban Studies all’Università Paris 1 - Sorbonne. Parla italiano, inglese, francese e spagnolo.

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