
“Il potere dei Musei” è il tema individuato da ICOM per l’International Museum Day (18 maggio), che quest’anno corrisponde a quello della General Conference (Praga, 20-28 agosto); declinato in tre linee di indirizzo, una delle quali è l’educazione. Finalità istituzionale, sostenuta dalla ricerca e dalla pratica, l’educazione consente non solo di apprendere saperi esperti, ma di comprendere come e quanto ogni testimonianza patrimoniale sia risorsa preziosa per conoscere e interrogare la complessità, cifra distintiva del nostro esistere, contribuendo con i propri vissuti a rendere attuale e prossima ogni espressione del patrimonio.
Il museo è attore sociale nella contemporaneità, partecipativo e relazionale, che coinvolge i pubblici, in primis i pubblici di prossimità, le comunità, tutte le persone, dalle multiple fisionomie, diverse per appartenenza (genere, status, religione, cultura, provenienza), dai profili sempre più prismatici, nei processi di co-costruzione e di attualizzazione dei significati, nella produzione culturale, accogliendo molteplici punti di vista, interpretazioni e nuove narrazioni.
PATRIMONIO CULTURALE: CORPO VIVO E FRAGILE, COME NOI. EDUCARE ALLA CURA E AL BENESSERE
“La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l’immagine della debolezza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi” [1].
A Eugenio Borgna, psichiatra e saggista, al suo luminoso pensiero, al suo incessante ricercare e dedicarsi, per tutta la sua operosa e lunga vita, al prendersi cura delle ferite e degli abissi dello smarrimento umano ho affidato l’incipit della sessione “Patrimonio culturale: corpo vivo e fragile, come noi. Educare alla cura e al benessere” del seminario “Il potere dell’educazione” [2].
Pur con la loro distinta specificità, due i progetti in risonanza che hanno posto al centro un rovesciamento di prospettiva: il patrimonio culturale risorsa per il benessere e la cura di ogni persona.
ICOM Italia, Comitato nazionale dell’International Council of Museums nel processo di nuova definizione di “museo”, ha proposto di sostituire, tra le finalità istituzionali, “diletto” con “piacere e benessere” nell’accezione più trasversale: “well being”, bene-essere sociale, cognitivo, psicologico ed emotivo, a tutto tondo, dell’individuo e della collettività, soprattutto per le categorie marginalizzate e non protette; un concetto “multidimensionale”: comprende quello materiale (beni, servizi), “spirituale” (bisogno di armonia, equità), relazionale (autostima, la gioia dello scambio), contribuisce alla “fioritura” di ogni persona.
In Italia, il Cultural Welfare Center è fortemente impegnato in diversi e significativi ambiti di intervento: sensibilizzazione, formazione e aggiornamento; promozione e diffusione di buone prassi; costante relazione a livello internazionale.
FRATTURA, ABBANDONO, DISGREGAZIONE, DISTACCO, ISOLAMENTO, PERDITA, SOLITUDINE, MALINCONIA: LESSICO DELLA CONTEMPORANEITÀ
Sono queste alcune delle “parole-ponte”, chiave a stella di “Vulnerabili beni”, ideato e condotto da Lucia Cella [3]. Un progetto sonoro, “per sole voci”, declinato sui temi della fragilità e della cura, per saggiare la corrispondenza tra la condizione umana e quella del patrimonio, l’una e l’altro esposti e vulnerabili, risonanza che si è accesa di acuta e dolorosa consapevolezza durante il periodo traumatico dell’emergenza pandemica.
E proprio i giovani cittadini in formazione, nel tempo turbato della loro farsi persone, hanno maggiormente risentito dell’isolamento costretto, del dissolversi delle relazioni amicali e sociali; Maria Viveros, docente di storia dell’arte del Liceo linguistico “Andrea Maffei” di Riva del Garda ha declinato percorsi e attività del progetto per e con i suoi studenti della terza classe.
“Frammenti” è una delle parole-ponte del podcast dedicato al progetto: “Ogni frammento conserva identità e memoria (…). Danzò la sua vecchiaia, danzò la sua malattia, danzò la sua solitudine. Mai come allora si sentì così. Integro e vivo”.
Mi è parso il collegamento più appropriato per introdurre “Dance Well – Ricerca e movimento per Parkinson”, ideato e costantemente animato da Roberto Casarotto [4]; attivo dal 2013, promuove la danza in spazi museali e contesti artistici, rivolgendosi non solo persone con Parkinson, caregivers e familiari, ma a studenti e richiedenti asilo; una comunità saldamente inserita nella collettività culturale cittadina, consentendo a chi vive la malattia di uscire dall’isolamento e partecipare alla vita sociale. Pratica artistica, e non danza-terapia, si esprime nelle sale del Museo civico di Bassano del Grappa e in altri luoghi del paesaggio culturale e nel corso degli anni si è sviluppato altrove, formando “well dancers” a Hong Kong, diffondendosi su scala europea.
Aspetti caratterizzanti sono il luogo artistico, la fisionomia plurima delle classi e l’accesso gratuito.
Si generano relazioni profonde tra la presenza, la sensibilità, l’intelligenza del corpo e quella di ogni presenza patrimoniale, fonte di ispirazione; tra storici dell’arte, insegnanti danzatori e specialisti delle malattie degenerative; una pratica trasformativa, che supera i canoni di “bellezza” sovente stereotipati, generativa di nuove espressività e linguaggi, che pone al centro il senso di appartenenza ai luoghi del patrimonio, grazie alla prossimità assidua praticata.
E “Dance Well” ha anche una presa diretta con la tragica attualità della guerra: un’artista danzatrice ucraina, da poco ospite a Bassano, è in relazione con bambini ucraini e minori non accompagnati che danzano nell’Orto Botanico.
A Roberto Casarotto è stato affidato il ricordo di Noemi Menuguzzo, presentando “I Dance the Way I Feel”, da lei ideato e attivo dal 2017 in partenariato con i Musei civici di Vicenza Palazzo Chiericati, sostenuto dunque da politiche cultuali attente e sensibili, dove malate e malati oncologici, familiari e comunità compongono un paesaggio umano danzante.
Anche per questo progetto, elementi caratterizzanti e condizioni di pratica sono la condivisione progettuale, l’intreccio di expertise e professionalità diversi, così come le partnership; in questo caso con la Fondazione San Bartolo – Amici del 5° piano, in una continua sperimentazione di linguaggi e di espressioni.
“Mai siamo la nostra malattia. Ma siamo persone”: con questo convinto e praticato pensiero di Noemi Meneguzzo confidiamo nella rilevanza della relazione tra il nostro “esserci” e il patrimonio che si prende cura di noi.
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] E. Borgna, “La fragilità che è in noi”, Einaudi, Torino 2014. [2] Rimanda alla pagina del sito di ICOM Italia dedicato al seminario; sono pubblicati: la registrazione, le slide e i link dei progetti presentati, le segnalazioni bibliografiche e sitografiche. [3] Area funzionale Educazione e Ricerca, Unità di missione strategica per la tutela e la promozione dei beni e delle attività culturali della Provincia autonoma di Trento. [4] Danzatore, direttore di OperaEstate Festival Veneto e Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa, membro della Kwnoledge Community di CCW-Cultural Welfare Center.ABSTRACT
ICOM has chosen “The power of Museums” for the International Museum Day (18 May), an articulated theme in three guidelines, one of which is education. “Cultural heritage: a living and fragile body, like us. Educating to care and well-being” is the title of one of the sessions of the seminar “The power of education”, that presented two projects focused on the cultural heritage as a resource for the well-being and care of each person.