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Cittadini e turisti hanno la possibilità di osservare gli operatori dal vivo e di salire sui ponteggi. Gabrielli (ViVe): “Abbiamo voluto che i cittadini romani si rendessero conto di uno degli elementi più significativi del nostro patrimonio culturale, un patrimonio immateriale: le capacità dei nostri restauratori”

E’ partito a Roma da alcune settimane il restauro dell’Altare della Patria, ovvero della zona centrale del Vittoriano, concepita dall’architetto Giuseppe Sacconi proprio come un grande altare laico alla Nazione e ai suoi valori, e decorata dallo scultore bresciano Angelo Zanelli. Il cantiere è un “cantiere aperto”, in grado fra l’altro di attestare l’eccellenza italiana nel settore del restauro artistico. Cittadini e turisti hanno la possibilità di osservare gli operatori dal vivo e di salire sui ponteggi in occasione di visite guidate. Un restauro che ha evidenziato finora come il vero nemico del monumento sia stata in questi anni l’acqua piovana (molto più dell’inquinamento) e che ha richiesto interventi mirati, anche attraverso l’utilizzo di prodotti naturali a tutela degli operatori e dell’ambiente. Il restauro e la storia del monumento saranno raccontati in una mostra a ottobre a Roma.

EDITH GABRIELLI

“Il restauro dell’Altare della Patria rientra in un più ampio progetto di valorizzazione che avrà come esito finale una mostra in ottobre dedicata all’autore del fregio Angelo Zanelli e alla storia del monumento – spiega ad AgenziaCULT Edith Gabrielli, direttore dell’Istituto VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia -. Abbiamo concepito il cantiere come un cantiere aperto perché abbiamo voluto che i cittadini romani si rendessero conto di uno degli elementi più significativi del nostro patrimonio culturale, un patrimonio immateriale: le capacità dei nostri restauratori. Ma anche che fossero incuriositi e desiderassero osservare il monumento più da vicino scoprendo i problemi di conservazione e i modi che stiamo studiando per risolverli”.

SUSANNA SARMATI

“Salendo sui ponteggi ho provato un’emozione incredibile nel vedere il fregio da vicino – ha raccontato la capo restauratrice Susanna Sarmati -. Un fregio di una grande bellezza, così liberty ma anche classico nella sua realizzazione: ha degli spunti sui cavalli, sulla tridimensionalità delle figure che si possono apprezzare in un passaggio lento e continuo”. I lavori dureranno “fino alla fine di ottobre e si dividono in tre step: la prima fase interesserà le porzioni laterali dell’Altare, la seconda fase, dal 9 luglio al 3 settembre, la porzione centrale di destra, compresa La Dea Roma; la terza fase, dal 4 settembre al 24 ottobre, la porzione centrale di sinistra”.

IL RESTAURO

L’intervento, come detto, riguarda il fregio, il basamento e la prima parte della scalinata. Il monumento è già stato restaurato completamente in occasione del Giubileo del 2000 però nel fregio sono emerse problematiche piuttosto importanti soprattutto per via dell’esposizione a Nord. “C’è stato infatti un proliferare di alghe che fanno da substrato per licheni, funghi e muschi che finiscono per ricoprire a macchie nere intere parti del fregio – ha spiegato Susanna Sarmati -. C’è poi una situazione di infiltrazioni d’acqua piovana che formano rigagnoli di calcare rompendo la stuccatura tra i pannelli e infiltrandosi anche nella stessa pietra. Questo fenomeno determina la formazione di scialbi bianchi che sono generati dall’acqua che si infiltra nel botticino (il materiale con cui sono stati realizzati i pannelli il cui impiego fece molto discutere all’epoca della realizzazione del monumento, ndr) e trasporta il calcare presente all’interno della pietra e lo deposita sulla superficie esterna”.

Per la pulitura del fregio vengono impiegati prodotti naturali, oli essenziali di rosmarino e timo perché nelle operazioni di restauro si sta sempre più cercando di utilizzare miscele che diano il minor fastidio possibile all’operatore e anche all’ambiente. Sono stati realizzati già tre trattamenti e ora è in corso la spazzolatura per rimuovere i depositi dei licheni in superficie. Saranno poi realizzate nuovamente le stuccature con una malta adatta che consenta di resistere senza essere invasiva e allo stesso tempo svolga una funzione di sigillatura nei confronti dell’acqua.

Al termine del ciclo di interventi previsti, verranno applicati dei polisilossani per proteggere le superfici eccessivamente porose esposte agli agenti atmosferici, all’umidità da condensa o ai microrganismi animali e vegetali. Questo trattamento modificherà la tensione superficiale del sottofondo in modo tale che la pioggia non penetri nella superficie verticale, ma scorra su di essa.

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