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Un settore che occupa nel nostro Paese circa 830mila persone, che nel 2022 ha espresso una domanda di lavoro di quasi 280mila contratti a tempo determinato e indeterminato, pari a più del 5% della opportunità offerte delle imprese di industria e servizi

Una mappatura di oltre 180mila imprese culturali e creative in tutta Italia, Comune per Comune, distinte in 10 settori; un settore che occupa nel nostro Paese circa 830mila persone, che nel 2022 ha espresso una domanda di lavoro di quasi 280mila contratti a tempo determinato e indeterminato, pari a più del 5% della opportunità offerte delle imprese di industria e servizi; un comparto che contribuisce a creare oltre il 3% del valore aggiunto italiano ma che considerando l’indotto e l’effetto moltiplicatore arriva a rappresentare quasi il 16% del valore aggiunto italiano. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dall’Atlante delle Imprese Culturali e Creative, edito dall’Enciclopedia Italiana Treccani, frutto della partecipazione di Cultura Italiae, di Unioncamere, di AICI, dell’Istat, dell’Istituto per il Credito Sportivo e di Intesa Sanpaolo e della collaborazione di ANCI, Federculture e Fiztcarraldo. Il volume è stato presentato presso la sede del ministero della Cultura da Angelo Argento, presidente di Cultura Italiae, dal direttore generale della Treccani Massimo Bray, dal segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, dal direttore scientifico dell’Atlante, Roberto Grossi e dal consigliere del ministro, Giorgio Carlo Brugnoni.

Obiettivi dell’Atlante sono costruire una mappa degli ambiti produttivi, dei settori e delle categorie di attività, delimitare i parametri le dimensioni macroeconomiche e sociali, gli elementi di qualità del settore, proporre un modello definitorio condiviso, analizzare le dinamiche più recenti dell’intero comparto, approfondire il quadro analitico delle imprese e degli occupati su scala territoriale e realizzare una prima raccolta di esperienze e casi. La struttura del volume prevede tre sezioni: una prima di inquadramento generale del mondo delle Icc con 5 saggi sui temi generali e trasversali e 13 saggi di settore che illustrano queste realtà; la seconda sezione è dedicata ai dati relativi alle imprese e agli addetti, sulla loro dislocazione territoriale; la terza sezione è dedicata ai protagonisti con una selezione di alcune delle imprese ritenute “eccellenze” di questo comparto, a volte conosciute a volte meno.

“Un lavoro di indubbia qualità scientifica, un lavoro corale che accende un faro importante di approfondimento su un settore strategico”, ha evidenziato Brugnoni. “Le ICC sono una nicchia di eccellenza che rispetto alle altre imprese portano un dna culturale, lo rendono contemporaneo e lo portano nel futuro. La Dg Creatività contemporanea del MiC sta lavorando con l’Istat proprio per cercare di mappare in modo specifico e dettagliato il settore e per far emergere l’effettivo contributo al sistema nazionale. L’impegno del ministero è significativo, è cresciuto ed è crescente nel tempo”.

“Per noi – gli ha fatto eco Angelo Argento, presidente di Cultura Italiae – questo è un obiettivo fondamentale, si tratta del primo progetto che pensammo di sviluppare nel 2017 a Matera dove nacque la necessità di definire in maniera seria cosa fosse l’impresa creativa e culturale. Un progetto che è un contributo scientifico, che ha la finalità di definire soprattutto cosa non è impresa culturale e cosa invece merita di essere definita tale”.

Per Giuseppe Tripoli “questo volume è un libro per gli italiani perché mette bene in luce un dato di fondo, cioè che quella delle imprese culturali e creative è una realtà molto importante per il nostro paese, una realtà che crea valore per l’economia, per il paese ma anche per le persone. Questa realtà crea inoltre valore anche per il futuro, è diventata una direttrice per lo sviluppo a livello mondiale e per l’Europa è diventata una linea guida delle sue politiche industriali per il futuro, su cui far convergere le risorse. Una realtà su cui vale la pena investire: 1 euro investito ha infatti una ricaduta sul resto dell’economia di 1,8 euro”. Il valore della cultura per il nostro Paese, però, non è rappresentato solo dal patrimonio storico artistico o dalle nostre imprese. Risiede anche nel fatto che è una componente fondamentale del volto dell’Italia nel mondo. “La cultura fa parte di quello che chiamo il ‘soft power’ dell’Italia, che indica la capacità di attrazione e l’interesse che il nostro Paese suscita nel mondo”, ha aggiunto Tripoli. “Il soft power alimenta il successo delle eccellenze italiane, il sogno dei turisti di raggiungere il nostro Paese o il desiderio di acquistare un prodotto ‘made in Italy’. E questo è un patrimonio che dobbiamo saper curare e accrescere”.

“Tre anni di lavoro e di ricerca per realizzare l’Atlante. La prima riflessione organica e concettuale sull’impresa culturale e creativa in Italia. È un viaggio alla scoperta di quelle realtà, alcune sconosciute, che producono arte, bellezza, ricchezza economica e che rappresentano l’identità culturale del paese”, ha dichiarato Roberto Grossi. “Sono realtà fortemente radicate nei diversi tessuti territoriali, con caratteristiche di trasversalità tra comparti, con un elevato tasso di creatività e innovazione e orientate, prevalentemente, al benessere della collettività. La ricerca ne analizza le dinamiche, la loro diffusione nelle diverse aree del paese e ne identifica i tratti distintivi tra vocazione culturale, socialità e management. La grande novità consiste nella individuazione di una matrice che propone un modello di perimetrazione delle filiere di cultura e creatività, stabilendone i settori e le attività produttive che ne fanno parte e le interdipendenze tra loro. L’Atlante ci regala un suggestivo e approfondito racconto di realtà imprenditoriali, ma anche vicine al terzo settore, ricche di competenze, professionalità e di quelle energie creative che rendono il paese attraente e competitivo.”

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