
Sarebbe auspicabile “un soggetto strutturale in grado di accompagnare le amministrazioni locali a compiere scelte coraggiose per il patrimonio culturale. Un supporto stabile e non estemporaneo per valutare le migliori possibilità di gestione. Oltre a tanti milioni di euro utilmente spesi per restaurare luoghi storici”, andrebbero destinate risorse “per creare strutture amministrative stabili che accompagnino amministrazioni centrali e locali a compiere queste scelte”. Lo ha detto il capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della Cultura, Antonio Leo Tarasco, intervenendo al Cantiere Sostenibilità economica (Misure finanziarie e nuove forme collaborative per la sostenibilità della cultura) organizzato nell’ambito di Lubec 2023 – Effetto Cultura, incontro internazionale dedicato allo sviluppo e alla conoscenza della filiera che lega la cultura e l’innovazione in corso a Lucca. L’incontro ha approfondito le opportunità di sostenibilità economica per il settore culturale pubblico e privato, e le nuove forme collaborative che prevedono percorsi di co-progettazione e partenariati, con l’obiettivo di accrescere il potenziale della cultura per costruire economie creative e sostenibili. Dal Work Plan for Culture 23-26, al Piano Nazionale Cultura, dai prodotti dedicati al settore da parte degli istituti di credito, alle linee di finanziamento regionali, in un quadro strategico che chiede di inserire queste opportunità dentro accordi scaturiti da percorsi collaborativi pubblico-privato.
IMPRESE CULTURALI E CREATIVE
La spesa del settore culturale, ha spiegato Tarasco, “ha un effetto moltiplicativo importante tale da giustificare gli interventi pubblici. Il settore culturale però è un settore molto vasto dai confini non delimitati come ad esempio il concetto di impresa culturale e creativa che non è giuridicamente definito. Nel disegno di legge sul Made in Italy abbiamo inserito una parte proprio sulle imprese culturali e creative dove offriamo una definizione. Si tratta di un settore conteso tra la Cultura e l’Impresa. Per questo è necessario effettuare un’azione di delimitazione dei confini. Noi ci riferiamo istintivamente alle imprese culturali e creative come a quei luoghi di produzione e di innesco dei processi culturali. E’ quindi importante scrivere una definizione giuridica e ancorare a questa anche gli investimenti pubblici, altrimenti rischiamo di disperdere le risorse”.
EQUILIBRIO DI BILANCIO
Quanto alla sostenibilità economica, il capo dell’Ufficio legislativo del MiC ha ricordato come sia necessario “legare inevitabilmente il tema della spesa a quello delle entrate, come cioè far quadrare i conti. I finanziamenti nel settore della cultura non sono pochi e basta cercare di governare i meccanismi che regolano l’erogazione. Il punto, piuttosto, è che una volta ristrutturato un luogo bisogna farlo funzionare. Ci sono molti immobili pubblici perfettamente restaurati ma non offerti alla pubblica fruizione. Questa è la conseguenza di una convinzione diffusa che la cultura debba essere necessariamente in perdita e che quindi non si deve guardare al ritorno economico del settore stesso. Ma si tratta di una convinzione che porta dei guasti nel momento in cui non si va a misurare se effettivamente la spesa è in equilibrio rispetto alle entrate”.
LUOGHI DELLA CULTURA: FARE UNA SCELTA DI CAMPO
In Italia, ha ragionato ancora Tarasco, “abbiamo un problema quantitativo non solo qualitativo: abbiamo migliaia di luoghi tra musei, luoghi della cultura, aree archeologiche di cui il ministero della Cultura è proprietario in minima parte. Per quanto possano essere abbondanti i finanziamenti pubblici e semplificati i loro meccanismi di concessione, il pubblico non riuscirà mai a gestire in maniera ottimale tutti questi luoghi. Necessariamente si dovrebbe fare una scelta di campo tra luoghi che possono essere gestiti dal pubblico e luoghi per i quali non si può che ricorrere alle intelligenze, alle creatività e alle risorse private. Andrebbe fatta una selezione di luoghi a necessaria conduzione pubblica e luoghi che potrebbero essere affidati a soggetti privati. Un discorso di franchezza che andrebbe fatto. Possiamo avere la capacità di gestire migliaia e migliaia di luoghi della cultura come amministrazione pubblica? La risposta non è nelle mie parole ma nella realtà dei fatti. La massima parte di questi luoghi appartiene a enti locali che sono oberati da moltissime incombenze e le professionalità non sono tarate in maniera specifica per gestire beni e attività culturali”.
La finalità principe deve “restare la promozione e lo sviluppo della cultura, espressa nell’articolo 9 della Costituzione – spiega infine Tarasco -, ma poi c’è il metodo che non è indicato nell’articolo 9 ma nell’articolo 97 dove si parla di sostenibilità del debito pubblico e di equilibrio dei bilanci pubblici. Per cercare questo equilibrio bisogna far quadrare i conti. Questo vale non solo per lo Stato ma anche per gli Enti locali”.