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LETTURE LENTE - rubrica mensile di approfondimento
Nei progetti di “città dei 15 minuti” non possono mancare nuove biblioteche, concepite come luoghi di convivialità e di sperimentazione collettiva
© Rampa con il grande gong della biblioteca dì Aahrus: “un gong che suona ogni volta che ad Aahrus nasce un bambino. Questo rintocco si espande per tutto l’edificio e tutti sanno che qualche minuto prima una nuova vita è entrata nella comunità. Un fagottino è arrivato, nel cuore dei cittadini e nel cuore di questa biblioteca. Il gong suona, adesso posso tornare indietro, ricominciare da capo, parlarvi di Dokk1” (Antonella Agnoli).

Sono anni che a partire dalle prime riflessioni nate da Carlos Moreno si riflette sulla prossimità, ovvero sulla dimensione locale, sul bisogno di avere servizi e negozi di vicinato, di ritrovare e incrociare fisicamente le persone, di avere luoghi dove incontrarsi, di convivere con la natura. Tutto questo ci manca e ci è mancato immensamente. “Un quarto d’ora è l’unità di misura del progetto [di Moreno] di una città organizzata intorno a servizi e funzioni raggiungibili dai cittadini a piedi o in bicicletta entro quel lasso di tempo. È una metafora stimolante. Riporta la metropoli alla sua dimensione primigenia di villaggio, di comunità solidale; nel raggio di un quarto d’ora ogni cittadino deve poter raggiungere le scuole, i negozi, i servizi di base e tutto quello che giustifichi e renda confortevole l’abitare urbano, lasciando il più possibile a casa l’auto” [1].

La città dei 15 minuti è diventata un obiettivo politico e urbanistico di molte città, a partire prima da Barcellona e poi Parigi. Oggi, anche nel nostro Paese, molti hanno capito che queste sono strategie indispensabili, dopo il Covid 19 e con la crisi energetica in cui siamo sprofondati. Occorre sviluppare nuovi servizi, diminuire la circolazione delle automobili, incoraggiare il ritorno dei negozi di vicinato. È insostenibile un modello di città dove la maggior parte degli abitanti dorme in periferia e perde ore e ore per raggiungere il luogo di lavoro o il centro commerciale.

Dalla città delle distanze a quella della prossimità, che secondo Ezio Manzini deve prevedere 5 azioni:

  1. “localizzare (portare servizi e attività vicino ai cittadini); 2. socializzare (favorire la costruzione di comunità); 3. includere (estendere la rete degli attori coinvolti); 4. diversificare (coinvolgere attori inizialmente non previsti); 5. coordinare (connettere orizzontalmente diverse aree di intervento)” [2].

“La città da 15 minuti è un tentativo di riconciliare lo spazio urbano con gli esseri umani che lo abitano, luogo nel quale ritrovarci e riconoscerci come comunità, un grembo in grado di accogliere, dove sostare in pace… Essa ripropone un’idea di città integrata, dove il welfare locale può essere certamente ripensato come sistema di servizi in grado di sostenere il cittadino (i luoghi della cura, la sanità territoriale), ma anche come habitat che lo faciliti nelle sue attività quotidiane: muoversi, lavorare, avere relazioni, sentirsi sicuro nel proprio ambiente” [3].

LE BIBLIOTECHE PARTE DELLA RIVOLUZIONE URBANA

In questo dibattito le biblioteche vengono nominate raramente, non sono considerate tra i servizi strategici per le necessarie trasformazioni urbane, non rientrano tra i servizi essenziali da raggiungere a piedi, magari da una lettrice anziana (non dimentichiamo che 14 milioni di italiani hanno più di 65 anni e tra questi 7 milioni ne hanno più di 75, siamo il paese più vecchio d’Europa).

Occorre raccontarle e ripensarle in modo differente.

Mi piace pensare a biblioteche che siano luoghi facili da abitare e da vivere, luoghi accessibili in cui sentirsi bene, a proprio agio, luoghi di esperienze quotidiane dove la soglia psicologica è facile da attraversare, non solo perché rimuoviamo gli ostacoli fisici, ma perché lavoriamo per abbattere le barriere psicologiche, sociali, generazionali, linguistiche, religiose, tecnologiche e geografiche. Accessibilità anche come capacità individuale di accedere ai servizi quotidiani: lavoro, servizi culturali, per la salute, il tempo libero.

Penso a luoghi in cui trovare i libri, ma anche il cinema, il teatro, un aiuto nell’uso delle tecnologie. Luoghi che offrano opportunità di crescita ai cittadini da 0 a 99 anni, perché dobbiamo pensare anche alla popolazione anziana che ha difficoltà con le tecnologie, o meglio con le piattaforme per nulla user-friendly create negli ultimi anni.

Ci sono stati investimenti enormi compiuti dalla pubblica amministrazione sulle tecnologie che rischiano di essere vanificati, o di diventare controproducenti, se non rendiamo tutti i cittadini capaci di sfruttare Internet senza perdere tre ore per accedere allo SPID. Garantire un wi-fi gratuito significa anche offrire uno spazio in cui sentirsi meno soli, meno impauriti, più fiduciosi, un luogo dove impegnarci in attività comunitarie e costruire nuove, preziose, connessioni sociali.

La posizione geografica di una biblioteca incide più di quello che possiamo immaginare su quanto, come e da chi viene utilizzata. C’è un problema di equità legato alla sua collocazione: meno i servizi sono geograficamente accessibili più scoraggiano gli abitanti svantaggiati economicamente, socialmente, o fisicamente. Quindi sono da scartare gli edifici scelti casualmente solo perché inutilizzati o in aree disponibili. Al contrario, è necessario essere consapevoli di come e quanto l’ubicazione possa migliorare o limitare l’accesso a servizi e risorse che per molti cittadini sarebbero vitali.

L’ESEMPIO DI LONDRA

Riflettendo sui questi temi ho ripensato al progetto iniziale degli Idea Store a Londra: “Se vogliamo fare delle biblioteche che siano luoghi di incontro, dobbiamo pensare soprattutto a cose come:

  • la localizzazione è adatta, cioè non richiede uno sforzo particolare per andarci?
  • attorno all’edificio ci sono delle zone di interesse, come un parco ben tenuto, una strada pedonale, dei negozi interessanti, dei bar trendy?
  • la biblioteca dispone di ‘zone intermedie’ fra il dentro e il fuori, come un portico, dei tavolini all’aperto, un atrio dove si possa restare a fare cose diverse prima di entrare in biblioteca, o dove si possa scendere a fare una pausa?
  • cosa facciamo per favorire l’uso del luogo da parte di associazioni spontanee, club, gruppi, società che vorrebbero utilizzare i locali per iniziative culturali, di volontariato, di ricreazione” [4]?

Come sarà la biblioteca di domani? Come integrarla nella vita sociale, culturale ed educativa del comune, della città, della metropoli, della regione?

Queste sono le domande che i funzionari eletti e i decisori devono ovviamente porsi. E questo, con pragmatismo e senza eludere i temi che infastidiscono. Alcune indicazioni:

  • Allungare gli orari di apertura. Per fare della biblioteca un vero e proprio centro della vita sociale di un comune, per rafforzarne l’attrattività, per accrescerne la frequentazione e per promuoverne maggiormente i servizi, appare urgente estenderne l’orario di apertura
  • Abbinare gli orari di apertura allo stile di vita degli abitanti di quel luogo, questo dev’essere il grande progetto delle biblioteche. E per questo è necessario effettuare una diagnosi precisa con i principali interessati, per valutarne i bisogni, le aspirazioni, le aspettative, ma anche per misurare meglio i loro ritmi di lavoro, i loro centri di interesse e le loro priorità.

Molte biblioteche non funzionano perché le pensiamo in modo standard, cerchiamo di definire un modello unico, mentre le aspettative e le esigenze non sono affatto uguali. È diverso se abiti nel centro di una grande città, in una cittadina di montagna, campagna o di mare. Occorre progettarle come luogo di incontro e di scambio e non solo come luogo dove ognuno legge o studia nella propria bolla individuale.

La biblioteca deve essere più che mai un luogo di convivialità che si confronta con le realtà sociali, gli stili di vita e le abitudini dei suoi pubblici, perché non pensare che possano esistere il Biblio-café, il Biblio-bistro o il Biblio-pub? Molte biblioteche per fortuna ci hanno già pensato, mettendosi all’ascolto dei cittadini.

Nelle riflessioni sulla città dei 15 minuti un luogo così profondamente democratico come la biblioteca deve essere presente. Più di altri servizi può contribuire a soddisfare gli obiettivi di miglioramento della qualità della vita dei cittadini, promuovere l’inclusione sociale, reinventare le infrastrutture urbane per adattarsi alle questioni ambientali urbane più urgenti, a partire dal cambiamento climatico.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] E.Granata, Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo,

[2] E.Manzini, Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti

[3] Ivi Granata

[4] A.Agnoli, “Luoghi di incontro l’esperienza degli Idea store”, Biblioteche oggi.

 

Antonella Agnoli. Già assessora alla cultura Comune di Lecce, ex membro Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici Mibact, ex componente Cda Istituzione biblioteche, Comune di Bologna. Collabora con vari studi di architettura per progetti di rigenerazione urbana e ripensamento di luoghi culturali e Comuni per la costruzione e ristrutturazione di edifici e servizi di biblioteche di nuova concezione. Ha scritto La biblioteca per ragazzi, Le piazze del sapere, Caro Sindaco, parliamo di biblioteche, La biblioteca che vorrei, Un viaggio fra le biblioteche italiane, oltre a saggi in riviste e volumi collettivi.

ABSTRACT

We need libraries that would be places of serendipity, places in which to feel good, at ease, places of everyday experience where we work to break down the psychological, social, generational, linguistic, religious, technological and geographical barriers among the users. This is coherent with the projects of building a 15-minutes city, where all basic services are available at short distance.

 

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Antonella Agnoli

Antonella Agnoli

Già assessora alla cultura Comune di Lecce, ex membro Consiglio Superiore Beni Culturali e Paesaggistici Mibact, ex componente Cda Istituzione biblioteche, Comune di Bologna. Collabora con vari studi di architettura per progetti di rigenerazione urbana e ripensamento di luoghi culturali e Comuni per la costruzione e ristrutturazione di edifici e servizi di biblioteche di nuova concezione. Ha scritto La biblioteca per ragazzi, Le piazze del sapere, Caro Sindaco, parliamo di biblioteche, La biblioteca che vorrei, Un viaggio fra le biblioteche italiane, oltre a saggi in riviste e volumi collettivi.

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