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Alla fine l’ha spuntata la linea dell’Italia e della Francia sulla quota minima di opere europee che devono essere presenti nei cataloghi dei fornitori di servizi on-demand a salvaguardia del cinema europeo. Il consiglio Cultura dell’Ue ha deciso di elevare questa quota minima dal 20 per cento al 30 per cento, in linea con la richiesta del Parlamento europeo e anche con il 27 per cento già adottato volontariamente, per esempio, da Netflix. Durante il dibattito a Bruxelles è stato per primo Dario Franceschini a chiedere un innalzamento della quota di film europei, una misura concreta per sostenere il cinema del Vecchio Continente.

Il Consiglio aveva infatti introdotto varie modifiche alla proposta della Commissione sulla revisione della direttiva sui servizi di media audiovisivi (AVMS). Tra queste, si prevedeva che la promozione delle opere europee si applicasse anche ai fornitori di servizi on-demand attraverso una quota minima del 20% di opere europee nei loro cataloghi e attraverso la possibilità di contributi finanziari, con esenzioni per start-up e piccole imprese.

Una quota minima che non ha però trovato d’accordo il nostro ministro dei Beni culturali, che insieme ad altri cinque paesi ha presentato un emendamento sul tema. “Apprezziamo il lavoro molto importante di mediazione che è stato fatto dalla presidenza, probabilmente oggi serve fare un passo in più. Quasi tre anni fa, durante il semestre di presidenza italiana, ci siamo trovati di fronte a una situazione simile sul tema dell’ebook e della parificazione dell’Iva con il libro normale, e siamo riusciti a trovare in questa sede una mediazione successiva”.

“L’Europa è il più grande consumatore e produttore di contenuti culturali”

Per l’Italia, spiega Franceschini, “ci sono due punti: il primo è condivisione e apprezzamento per l’allargamento del campo d’applicazione al video sharing, ma noi vorremmo estendere di più il live streaming. Non serve su questo un impegno a livello di legislazione nazionale, non sarebbe efficace”, ma soprattutto, ricorda Franceschini, “l’Europa insieme è il più grande consumatore e produttore di contenuti culturali e quindi come tale dobbiamo muoverci, non affidarci a legislazioni nazionali differenziate. Quindi serve più coraggio”.

In Italia, ricorda, “abbiamo appena approvato una legge sul cinema e sull’audiovisivo, con nuove regole e nuove risorse, ma non abbiamo pensato di mettere regole difensive all’industria nazionale italiana, perché vogliamo che ci siano regole comuni europee, dal momento che queste solo possono essere efficaci”.

Il secondo tema “è l’introduzione di una quota minima per le opere europee: il 20 per cento non è abbastanza. Il Parlamento europeo ha indicato il 30 per cento e soprattutto Netflix già in maniera volontaria e unilaterale applica una quota del 27 per cento. Quindi che segnale sarebbe indicare una quota minore rispetto a quella che ci suggerisce il Parlamento europeo e rispetto a quella che già applica Netflix in questo campo? Noi abbiamo presentato con altri cinque paesi un emendamento, riteniamo che sia un passo necessario perché la decisione di oggi sia utile e coraggiosa” ha concluso Franceschini.

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