La Commissione Cultura della Camera ha approvato gli emendamenti al testo della proposta di legge “Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative”, presentata dalla deputata dem Anna Ascani. Il provvedimento, che ha recepito le tre proposte emendative della relatrice Irene Manzi (Pd), è stato inviato di nuovo alla Commissione Bilancio per avere il parere sul via libera alla copertura finanziaria. La proposta di legge, su cui si registra una convergenza ampia tra le forze politiche, tornerà presumibilmente in VII commissione la prossima settimana. Il Ministero dell’Economia, aveva bloccato la proposta di legge, nel rispetto delle “clausole di invarianza finanziaria”, nella parte che prevede agevolazioni e incentivi fiscali alle start-up culturali.
L’intento della commissione è quello di portare avanti comunque il provvedimento, mantenendo una legge di principio che inquadra e riconosce una tipologia di impresa che finora nell’ordinamento italiano non è ancora prevista. In questo senso vanno letti gli emendamenti della relatrice Manzi che sopprimono proprio la parte degli incentivi fiscali. L’obiettivo è quello di accelerare il più possibile i tempi dell’approvazione, nella speranza di concludere l’iter entro questa legislatura. La relatrice, illustrando i tre emendamenti, aveva infatti sottolineato che la “loro approvazione non potrà che favorire la conclusione del lungo iter del provvedimento cui è stato dedicato un intenso anno di lavoro, specialmente in sede di comitato ristretto”.
La proposta di legge
In sostanza la proposta di legge si prefigge di “favorire il rafforzamento e la qualificazione dell’offerta culturale nazionale, come mezzo di crescita sostenibile e inclusiva, e la nuova imprenditorialità e l’occupazione, con particolare riguardo a quella giovanile, mediante il sostegno alle imprese culturali e creative”. Per essere “Impresa culturale e creativa” occorre possedere inoltre alcuni requisiti.
Per esempio avere come “oggetto sociale” “in via prevalente o esclusiva, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegato”. Avere inoltre, “sede in Italia” o “in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbia una sede produttiva, una unità locale o una filiale in Italia” e svolgere “un’attività stabile e continuativa”.
Con decreto del ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il ministro dello Sviluppo Economico, da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, viene disciplinata infine “la procedura per l’acquisizione della qualifica di impresa culturale e creativa e la verifica della sussistenza dei requisiti” (qui interviene uno degli emendamenti della relatrice per inserire la previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni) e le “adeguate forme di pubblicità tramite costituzione di specifico elenco tenuto dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali”. Naturalmente il medesimo decreto, chiarisce il quarto e ultimo comma, “può essere riconosciuta la qualifica di impresa culturale e creativa anche a soggetti ricompresi nel Titolo II del Libro I del codice civile, purché rispettino i requisiti” previsti dalla proposta di legge.
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