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Non arrivano buone notizie dalla Commissione Bilancio della Camera che ha iniziato (per la seconda volta) l’esame della proposta di legge sulle imprese culturali e creative, a firma della deputata Pd Anna Ascani. La V Commissione era chiamata a formulare un nuovo parere al testo riformulato dalla Commissione Cultura cui è affidato in sede referente. Dopo i rilievi espressi dalla Bilancio e dal Governo alla prima versione del provvedimento poche settimane fa, la VII Commissione aveva licenziato la nuova pdl lasciando, in sostanza, soltanto la parte normativa ed eliminando quella che prevedeva incentivi fiscali ed economici.

L’illustrazione del relatore sulle imprese culturali

In particolare, come ha notato in commissione Bilancio il relatore Fabio Melilli del Pd, “sono state soppresse tutte le disposizioni ad eccezione dell’articolo 1, recante finalità, definizioni e pubblicità, e dell’articolo 5 – ora articolo 2, non modificato – che prevede che le imprese culturali e creative, per l’acquisizione della sede e per lo svolgimento delle attività sociali, possano chiedere la concessione di beni demaniali dismessi, non utilizzabili per altre finalità istituzionali e non trasferibili agli enti territoriali, e che detti beni siano concessi per un periodo non inferiore a dieci anni a un canone mensile simbolico non superiore a euro 150 con oneri di manutenzione ordinaria a carico del concessionario”.

I rilievi del governo

Alla seduta era presente anche la sottosegretaria Paola De Micheli che ha rilevato che le problematiche già segnalate dal governo sul precedente testo “relativamente alla concessione di immobili pubblici, non sono superate dall’attuale testo dell’articolo 2, il quale corrisponde all’articolo 5” della precedente versione. Un elemento segnalato anche dallo stesso relatore. Secondo Melilli, infatti, “andrebbe preliminarmente chiarito se per le amministrazioni interessate la destinazione di immobili alle finalità di cui al presente articolo si configuri come una mera facoltà o come un obbligo”. Inoltre, anche alla luce degli elementi già forniti dal Governo nel corso dell’esame parlamentare, andrebbe chiarito, a suo avviso, “se la disposizione possa avere riflessi sulla finanza pubblica, in termini di mancata valorizzazione, secondo criteri di mercato, degli immobili in questione. Ciò anche in considerazione della durata minima prevista per le concessioni e del limite di importo stabilito per il relativo canone, nonché della possibilità di imputare al concessionario i soli oneri di manutenzione ordinaria”.

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