skip to Main Content

 

 

Nuovo tentativo parlamentare di ottenere il riconoscimento dell’inno di Mameli quale inno ufficiale della Repubblica italiana. Sì, perché il Canto degli Italiani è, per la legge italiana, ancora provvisorio. In settimana verranno discusse presso la commissione Affari costituzionali della Camera le proposte di legge abbinate (e bipartisan) di Gaetano Nastri (Fdi) e Umberto D’Ottavio (Pd) che chiedono, al comma 1, il riconoscimento di “Fratelli d’Italia”, quale inno ufficiale della Repubblica. La proposta di D’Ottavio (comma 2) prevede, inoltre, che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, siano riconosciuti il testo integrale e lo spartito musicale originale dell’inno della Repubblica italiana “Fratelli d’Italia” e i relativi adattamenti musicali e stabilisca le modalità di esecuzione dell’inno nelle cerimonie ufficiali.

Goffredo Mameli scrisse l’inno il 10 settembre 1847, intitolandolo “Il canto degli Italiani”. Il testo fu musicato da Michele Novaro il 24 novembre dello stesso anno. Cantato per la prima volta a Genova durante una festa popolare, fu subito proibito dalla polizia, ma dopo i moti del 1848 fu suonato e cantato dalle bande musicali e dai soldati partenti per la guerra di Lombardia. In breve, divenne il canto più amato del Risorgimento italiano e degli anni successivi all’unificazione. Il Consiglio dei ministri del 12 ottobre 1946, presieduto da Alcide De Gasperi, acconsentì all’uso dell’inno di Mameli come inno nazionale della Repubblica Italiana. Questo il testo del comunicato stampa che annunciava il provvedimento: “(…) Su proposta del Ministro della Guerra si è stabilito che il giuramento delle Forze Armate alla Repubblica e al suo Capo si effettui il 4 novembre p.v. e che, provvisoriamente, si adotti come inno nazionale l’inno di Mameli”.

Successivamente non è stato adottato alcun provvedimento ufficiale di adozione del Canto quale inno nazionale, anche se sono state presentate nel tempo diverse proposte di legge in tal senso.

Nella XIV legislatura sono stati presentati al Senato due progetti di legge in materia, tutti e due nel 2003 a firma di Luigi Grillo (Pdl): il primo, di natura costituzionale (A.S. 1967), volto a modificare l’articolo 12 della Costituzione stabilendo che “Fratelli d’Italia” è l’inno nazionale; il secondo, di natura ordinaria (A.S. 1968), prevede che con decreto del Presidente della Repubblica sia emanato un disciplinare che riporti il testo integrale e lo spartito musicale originale dell’inno e i relativi adattamenti musicali e stabilisca, altresì, le modalità di esecuzione dell’inno nelle cerimonie ufficiali.

Entrambi i progetti di legge hanno iniziato l’esame parlamentare senza tuttavia essere approvati definitivamente. La 1a Commissione (Affari Costituzionali) del Senato ha iniziato l’esame dell’A.S. 1967 nella seduta del 26 luglio 2005, nel corso della quale sono emersi dubbi e perplessità, non ritenendosi opportuna una integrazione della Costituzione. La pdl A.S. 1968 è stata invece approvata dalla 1a Commissione il 16 novembre 2005; il 30 novembre 2005 la Commissione ha richiesto l’assegnazione in sede deliberante, ma l’iter non è proseguito oltre.

Anche nella XV legislatura è stato avviato, sempre al Senato, l’esame di alcuni progetti di legge in materia, senza giungere alla loro approvazione: si tratta di tre proposte di legge ordinaria, A.S. 688 (primo firmatario Gianni Nieddu), 820 (ancora Grillo) e 1660 (Antonio Gentile) e della petizione popolare n. 227 (1ª Commissione, sedute del 1 agosto 2007, 12 settembre 2007 e 5 dicembre 2007). In quest’ultima seduta è stato congiunto anche un progetto di legge costituzionale (A.S. 821) che riproduceva il contenuto dell’A.S. 1967 della XIV legislatura. Il 25 settembre 2006 è stata inoltre presentata una proposta di legge, primo firmatario Enrico La Loggia, ritirata però tre giorni dopo.

Nella XVI legislatura sono stati presentati, sia alla Camera sia al Senato diversi progetti di legge in materia, tuttavia per nessuno di questi è stato avviato l’esame. Tra questi, si ricordano: la proposta di legge prima firmataria Sereni, presentata il 29 aprile 2008; la pdl prima firmataria Beccalossi presentata il 17 giugno 2010; la pdl costituzionale Benamati del 15 ottobre 2010; la pdl presentata da Ghiglia poche settimane dopo.

Peraltro, nella medesima legislatura, l’inno di Mameli è stato implicitamente riconosciuto con l’approvazione della legge 23 novembre 2012, n. 222 recante norme sull’acquisizione di conoscenze e competenze in materia di “Cittadinanza e Costituzione” e sull’insegnamento dell’inno di Mameli nelle scuole. L’articolo 1, comma 2 della legge prescrive l’insegnamento nelle scuole dell’inno di Mameli nell’ambito di “percorsi didattici, iniziative e incontri celebrativi finalizzati ad informare e a suscitare la riflessione sugli eventi e sul significato del Risorgimento nonché sulle vicende che hanno condotto all’Unità nazionale, alla scelta dell’inno di Mameli e della bandiera nazionale e all’approvazione della Costituzione anche alla luce dell’evoluzione della storia europea” (art. 1, comma 1). Inoltre, la stessa legge ha riconosciuto il giorno 17 marzo, data della proclamazione a Torino, nel 1861, dell’Unità d’Italia, quale “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera” (art. 1, comma 3).

La pdl presentata da Franceschini

Il 3 maggio 2011 è stata anche presentata la proposta di legge a firma Rosa De Pasquale e dell’attuale ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, assegnata alla commissione Affari costituzionali il 31 maggio 2011. Nel testo si sottolinea che “il nostro inno è certamente tra i migliori delle varie nazioni, è un inno che va ‘alla carica’ come i loro giovani autori andavano alla conquista della libertà e dell’indipendenza, con entusiasmo, semplicità e spontaneità. In un mondo i cui simboli sono spesso solo cose che compriamo o usiamo, crediamo sia importante ed educativo per le giovani generazioni trovare simboli che diano il senso di appartenenza a una comunità, che abbiano il valore evocativo della propria storia, del proprio passato, consapevoli che un Paese che non ha memoria patria è come una persona senza passato. Non avere cognizione del proprio passato rende più difficile proiettarsi nel futuro. In quest’Italia che cambia, in un contesto internazionale che si modifica non senza gravi traumi, forse è giusto rivalutare i simboli, salvaguardare le matrici di un popolo, i riferimenti culturali e tra questi anche l’inno nazionale, che dal passato ci porta al futuro, senza retorica o malinteso nazionalismo”.

“Tutte le altre nazioni repubblicane hanno riconosciuto un posto speciale ai propri inni, è il caso della Germania, degli Stati Uniti d’America, del Portogallo che lo richiama nella Costituzione come d’altra parte fa anche la Francia, che aggiunge tutti i suoi simboli identificativi: il motto della Repubblica: ‘libertà, uguaglianza, fratellanza’, il suo principio ‘governo del popolo, attraverso il popolo e per il popolo’, il suo emblema nazionale e la sua lingua nazionale. Anche un’istituzione sovranazionale come l’Unione europea ha sentito la necessità di un simbolo musicale scegliendo formalmente come suo inno la musica della ‘Ode an die Freude’ (‘inno alla gioia’) tratta dalla Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven, nell’adattamento del maestro Herbert von Karajan. L’Italia è rimasta indietro ed è doveroso per noi colmare questo vuoto giuridico, doveroso nei confronti del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro”.

Articoli correlati:

Cultura, la settimana alla Camera: reati contro patrimonio in Aula, ddl concorrenza in commissione

© AgenziaCULT - Riproduzione riservata

Back To Top