L’Aula del Senato ha cominciato l’esame della manovra che contiene disposizioni urgenti in materia finanziaria. Dopo la relazione e respinte le pregiudiziali di costituzionalità, il ministro dei rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro ha posto la questione di fiducia sull’approvazione, senza emendamenti, dell’articolo unico del ddl di conversione del decreto-legge, nel testo approvato dalla Camera dei deputati. Il voto è previsto domani alle 11. Nel corso del dibattito generale si è fatto riferimento anche alle misure che interessano il settore della cultura. Contro le norme della manovra che incidono sulla cultura si è schierato il Movimento 5 Stelle con Michela Montevecchi e Vilma Moronese.
In particolare Michela Montevecchi ha notato che “questa manovrina” è “piena di tagli”. Anche laddove sembra che “piovano soldi – ha spiegato l’esponente pentastellata – in realtà scopriamo che si tratta, né più né meno, della famosa gag: se mi presti dieci euro, ti rendo i dieci euro che mi hai prestato ieri. Vi spiego il perché: ad esempio, all’articolo 22, comma 7-ter, è previsto lo stanziamento di cinque milioni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale: bellissimo, applausi. La copertura prevede però una riduzione dell’autorizzazione di spesa per l’assunzione a tempo indeterminato dei famosi 500 funzionari per il Ministero dei beni e delle attività culturali. Anche qui dobbiamo fare a capirci: quindi i funzionari non li assumiamo più a tempo indeterminato o forse sovrastimavamo quei soldi? Bah”.
Le biblioteche nella manovra
Montevecchi ha evidenziato ancora come sempre all’articolo 22, “al comma 7-quater viene istituito uno specifico fondo per il funzionamento dei sistemi bibliotecari locali. Che bello! Valorizziamo la lettura: bene. Ma al comma 7-quinquies istituiamo un’unità dirigenziale di livello generale”. Ma la copertura per istituire questo organo dirigenziale “viene individuata riducendo l’autorizzazione di spesa per il funzionamento degli istituti afferenti al settore archivi e biblioteche. Anche qui dobbiamo deciderci: la lettura la vogliamo promuovere e valorizzare o no?”.
L’alta formazione musicale
Montevecchi ha citato poi il caso dell’Afam, l’Alta formazione artistica e musicale, in particolare una norma “che avrebbe l’ambizione di portare finalmente alla statizzazione degli ex licei musicali e quindi sanare le problematiche legate a questi istituti”. Peccato però che questa norma, “a differenza di un disegno di legge che ancora marcisce in Commissione al Senato, forse dal 2014, è una norma generica, non prevedendo infatti i termini per l’emanazione dei decreti ministeriali”. Tale norma “non individua nemmeno le modalità di questa gradualità e quali saranno quindi i criteri per cui si statizzeranno prima certi istituti piuttosto che altri (magari in base alla simpatia del sindaco, non si sa)”. Questo, ha spiegato ancora Montevecchi, “chiaramente non vuol dire che siamo contro questo provvedimento parziale, ma che dietro a questa parzialità si nascondono molti rischi”.
Sul tema dell’Afam si era pronunciato nel corso della seduta antimeridiana anche il senatore del gruppo misto Fabrizio Bocchino. “Con questa manovra, noi ci troviamo di fronte a quella che dovrebbe essere – sottolineo dovrebbe essere perché è ancora da dimostrare che lo sia – la tanto auspicata e finale statizzazione. Dico dovrebbe esserlo innanzitutto perché le risorse sono del tutto insufficienti per una completa statizzazione di tutti gli istituti, e poi perché il processo di statizzazione viene demandato ad un successivo decreto ministeriale e noi, naturalmente, sappiamo che in questo campo – ahimè – la storia dei decreti attuativi delle leggi è stata quasi satirica”.
E anche in questo caso, ha sottolineato Bocchino, “tutto viene rimandato ad un successivo decreto e non siamo a conoscenza dei dettagli con i quali avverrà questa statizzazione, se mai avverrà, tanto che addirittura nello stesso articolo che parla della statizzazione vi è una clausola in cui si dice che, nelle more della statizzazione, si utilizzeranno i fondi stanziati per l’ordinaria amministrazione, quasi come se già si sapesse che il processo potrebbe non andare a buon fine, potrebbe non cominciare o cominciare e arenarsi per cui si mettono le mani avanti e si dice che questi fondi verranno usati per i salvataggi ordinari degli enti. Per carità, siamo tutti felici che ciò avvenga ma ancora una volta si mettono le mani avanti per dire che probabilmente non ce la faremo”, ha concluso Bocchino.
Teatro Eliseo e sentenza del Tar
Nel suo intervento Michela Montevecchi ha fatto riferimento ad altri due casi che interessano i beni e le attività culturali. “Per il Teatro Eliseo abbiamo introdotto il metodo Marchionne della contrattazione privata: se conosci il ministro giusto puoi contrattare sui soldi. Evviva! (Applausi dal Gruppo M5S). Senza nulla togliere al Teatro Eliseo, abbiamo introdotto il metodo della contrattazione e intanto i teatri in Italia arrancano”. In secondo luogo, “abbiamo introdotto la norma salva direttori, che è una pezza mascherata da interpretazione autentica ed è un fatto gravissimo, per una serie di ragioni: un ministro interviene per limitare i poteri di un giudice (c’è, infatti, una sentenza del Tar); lede i principi costituzionali della separazione dei poteri; lede il diritto di difesa per i procedimenti in corso”.
Il museo di Capua
Anche la collega di partito Vilma Moronese ha citato la cultura nel suo intervento incentrato sui danni causati dal dissesto economico della Provincia di Caserta. I beni culturali “stanno andando in rovina: ci sono musei, come il Museo campano di Capua, che sta cercando di resistere, ma che rischia la chiusura perché la Provincia non può provvedere alla più minima azione di gestione. È un museo su tre piani, grandissimo, straordinario, con reperti unici risalenti al 500 avanti Cristo”.