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Tutelare il complesso termale dei bagni di Cefalà Diana, in provincia di Palermo, ed in particolare le vasche riconducibili al XII secolo che sarebbero state interrate. E’ quanto chiede in un’interrogazione al Mibact la deputata Chiara Di Benedetto (M5S), che ricorda come il Collegio Romano può esercitare il potere di indirizzo e vigilanza e il potere sostitutivo in caso di “perdurante inerzia” o “inadempienza da parte delle regioni”.

“I bagni di Cefalà Diana, ovvero le terme arabe risalenti al basso Medioevo, fanno parte dell’omonima Riserva naturale orientata, istituita nel 1997 dall’assessorato dell’ambiente del territorio della regione Siciliana. L’area protetta è ampia circa 140 ettari e ha l’obiettivo di tutelare la serie di sorgenti fredde che sgorgano nelle immediate vicinanze dell’unica calda, alle falde di Pizzo Chiarastella, e la componente algale termofila dei condotti e dei serbatoi delle acque termali. I bagni di Cefalà sono uno dei luoghi che ogni anno vengono visitati da turisti durante le visite guidate e rappresentano una rara testimonianza dell’architettura del periodo arabo con riprese in epoca normanna”.

In passato, ricorda la deputata pentastellata, è stato condotto un progetto di restauro dalla Soprintendenza di Palermo e “alcune vasche riconducibili al XII secolo sono state ricoperte da cumuli di terra. In data 18 maggio 2016 è stata presentata interrogazione (n. 3851), a prima firma La Rocca, in assemblea regionale siciliana, chiedendo spiegazioni in merito ai lavori di restauro intrapresi dalla Soprintendenza di Palermo e in merito alla copertura e all’interramento delle vasche su citate. Attualmente, l’interrogazione risulta ancora senza risposta”.

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