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L’Italia rappresenta un punto di riferimento e riveste un ruolo di leadership in Europa e nel mondo per quanto riguarda la tutela e la conservazione del patrimonio culturale materiale. Non altrettanto può dirsi per tutto quell’insieme di espressioni, rappresentazioni, conoscenze, saperi e pratiche presenti nel territorio italiano o connessi a tradizioni italiane che vanno sotto il titolo di patrimonio culturale immateriale. È per questo che Giulia Narduolo alla Camera ed Elena Ferrara al Senato hanno portato avanti in tandem due proposte di legge che provano ad allineare l’Italia ad altri Paesi europei ed extra europei. La prima riguarda la ratifica della Convenzione di Faro, sottoscritta dall’Italia nel 2013 e ancora in attesa dell’adesione formale del Parlamento; la seconda è una legge quadro che introduce norme sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Questa seconda proposta rappresenta “una iniziativa un po’ sperimentale, su cui però la discussione accademica è molto avanzata”, spiega ad AgCult Giulia Narduolo.

La Convenzione di Faro

La Convenzione di Faro promuove una comprensione più ampia del patrimonio culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato. La partecipazione dei cittadini, in particolare, costituisce la chiave di volta per accrescere in Europa la consapevolezza del valore del patrimonio culturale e del suo contributo al benessere e alla qualità della vita. La Convenzione è stata adottata a Faro, in Portogallo, il 27 ottobre 2005, è entrata in vigore nell’ottobre 2011. Il documento è stato ad oggi ratificato da 17 Paesi membri del Consiglio d’Europa, l’Italia lo ha firmato il 27 febbraio 2013. Manca da allora, però, la ratifica del Parlamento.

Le due proposte gemelle di Narduolo e Ferrara puntano proprio a questo. Recentemente però anche il Consiglio dei ministri ha approvato un proprio ddl di ratifica della Convenzione, assegnato anch’esso al Senato. “Essendo un ddl di ratifica di trattato internazionale – spiega la deputata dem – sarà assegnato alla Commissione Esteri. Però il contenuto è strettamente culturale quindi penso che la Commissione Cultura darà un parere rafforzato”. L’iniziativa governativa darà certamente un impulso maggiore all’iter di ratifica della convenzione con l’auspicio verosimile “di portarla a casa entro questa legislatura”, dice la Narduolo.

Salvaguardia del patrimonio immateriale

Discorso diverso per il patrimonio immateriale. Anche in questo caso sono state depositate due pdl gemelle, una alla Camera e una al Senato, da Narduolo e da Ferrara. Per loro, però, la strada verso l’approvazione appare molto più in salita. “In Italia manca una legge quadro sul patrimonio immateriale rispetto ad altri paesi europei dove ci sono legislazioni molto avanzate in materia. Penso alla Spagna e alla Repubblica Ceca o, fuori dall’Europa, al Brasile o al Giappone. Abbiamo lavorato con un gruppo di esperti e di professori universitari che si sono ispirati proprio alle altre legislazioni”.

A differenza di quanto esiste per il patrimonio culturale materiale, per quello immateriale, appunto, manca ancora in Italia una disciplina unitaria, capace di fornire criteri sicuri di riconoscimento dei suoi elementi e di indicare tempi e modi per la loro salvaguardia. Nella assenza di una legislazione statale ad hoc le Regioni si sono mosse in ordine sparso, dando luogo a un quadro normativo fortemente disorganico.

“Qualcosa esiste nella legislazione italiana attraverso la ratifica della convenzione Unesco sul patrimonio immateriale, ma non basta. Io sono stata la relatrice di questa legge che di fatto dava soldi all’elenco Unesco del patrimonio immateriale, lasciando però tutto sotto l’etichetta Unesco. Ma non è che possiamo applicare l’etichetta Unesco a ogni cosa, altrimenti si perde anche il senso. Abbiamo quindi deciso di proporre questa legge quadro”.

Gli obiettivi della legge sul patrimonio immateriale

“L’obiettivo – spiega Narduolo – è quello di colmare questa lacuna legislativa e di dare una definizione (mutuando buona parte delle definizioni Unesco) al patrimonio immateriale, cosa che già di per sé non è semplice”. Il patrimonio immateriale, infatti, copre tantissimi ambiti: “Dalle lingue alle memorie storiche, dalle arti ai mestieri, dalle conoscenze naturalisti-che alle credenze religiose, dai saperi produttivi alle consuetudini sociali, dalle espressioni della cultura popolare alle tradizioni enogastronomiche. Si tratta – aggiunge – di pratiche, esperienze, saperi pratici che sono stati tramandati fino a oggi e che fanno parte del nostro dna. Penso ad esempio alle gondole di Venezia, sono un unicum. È giusto che facciano il percorso per essere riconosciute dall’Unesco, ma finché non raggiungono questo obiettivo, mancano di una tutela e appunto di un riconoscimento formale”.

Dal punto di vista pratico “la legge prova poi a fornire gli strumenti per tutelare e valorizzare il patrimonio immateriale. E lo fa attraverso finanziamenti che dovranno essere gestiti dal Mibact, albi regionali e affermando comunque quel principio di condivisione che viene proprio dalla Convenzione di Faro delle comunità di pratica che in Italia, purtroppo, manca ancora come ragionamento”. La legge sarà presentata a fine luglio insieme con esperti del settore. A pochi mesi dalla fine della legislatura il suo iter appare assai difficoltoso. “Non pensiamo di approvarla in ogni caso – conclude Narduolo -, resta però un segnale e un lavoro fatto per la prossima legislatura”.

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