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Il Governo attivi un tavolo istituzionale permanente che coinvolga attivamente la Società italiana per lo studio della storia contemporanea, gli atenei e gli enti di ricerca di riferimento, per un confronto aperto e metodologicamente fondato sui temi della storia nazionale. E’ quanto chiedono le deputate dem Irene Manzi (prima firmataria), Flavia Piccoli Nardelli, Manuela Ghizzoni e Giulia Narduolo in un’interrogazione indirizzata alla presidenza del Consiglio, al Mibact e al Miur.

A dare origine all’interrogazione è stata l’approvazione il 14 luglio 2017 da parte del consiglio regionale della Puglia di una mozione in cui si chiede di “indicare il 13 febbraio come giornata ufficiale in cui si possano commemorare i meridionali che perirono in occasione dell’unità, nonché i relativi paesi rasi al suolo”. Questa data è stata scelta in memoria del 13 febbraio 1861, giorno in cui ebbe fine l’assedio di Gaeta, ultimo baluardo borbonico, da parte delle truppe sabaude e Francesco II di Borbone fu costretto alla resa.

La mozione, nelle intenzioni dei proponenti, intende riannodare i fili della memoria e fare luce su una pagina controversa della storia italiana, che vide protagonisti da un lato chi si immolò per difendere il territorio e un ideale di libertà e, dall’altro, chi perse la vita in nome dell’unità d’Italia. Questo approccio, secondo molti studiosi, finisce con il riproporre una visione dicotomica del Risorgimento: di ‘buoni’ contro ‘cattivi’, di ‘vittime’ contro ‘carnefici’. La Società italiana per lo studio della storia contemporanea ritiene, in particolare, che la mozione si ponga in continuità con un filone culturale di interpretazione del Risorgimento, che negli ultimi anni ha proposto un uso pubblico della storia fortemente strumentale, basandosi su una lettura del momento dell’unificazione nazionale, in termini di ‘conquista piemontese’ delle regioni meridionali, di rapina delle loro ricchezze e di distruzione dei presunti primati borbonici.

La stessa Società fa notare, inoltre, come l’iniziativa del consiglio regionale della Puglia sia stata adottata nella totale esclusione delle istituzioni formative e culturali, in primo luogo universitarie e di ricerca scientifica, impedendo così loro di contribuire alla costruzione della memoria collettiva, e rischiando di dare una lettura dei fatti alterata e non veritiera; l’esempio della Puglia è stato seguito anche da altre regioni meridionali, e rischia dunque di validare a livello istituzionale una forma di delegittimazione degli studi storici.

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