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“E’ una vittoria del sindacato e la riaffermazione della necessità di condividere con noi alcune scelte sul piano organizzativo. L’ennesima brutta figura che si sarebbe potuta evitare”. Così Enzo Feliciani, segretario generale della Uilbac, ha commentato con AgCult la sentenza del Tar che ha accolto i ricorsi con i quali il Comune di Roma e la Uilbac contestavano l’istituzione del Parco Archeologico del Colosseo predisposto dal Mibact. Una sentenza che arriva a pochi giorni da quella, sempre del Tar del Lazio, che lo scorso 25 maggio aveva annullato la nomina di cinque direttori di musei statali, chiamati a guidare alcuni dei più prestigiosi musei italiani (Mantova, Museo archeologico di Napoli, Museo archeologico di Taranto, Museo archeologico di Reggio Calabria e Galleria Estense di Modena) in seguito a una selezione internazionale prevista da un decreto del dicembre 2014.

“Ora si ritorna indietro a com’era prima”, spiega Feliciani. “E’ necessario leggere la sentenza e vedere esattamente quello che hanno stabilito, però è l’ennesima dimostrazione che se si facessero le cose con più criterio e si confrontassero con noi, oggi non si troverebbero a fare l’ennesima brutta figura. Con tutto quello che comporta in dispendio di soldi e di energie”, ha concluso Feliciani

Il Mibact è però pronto a impugnare la sentenza, come annunciato dal ministro Dario Franceschini su Twitter: “Stesso Tar dei direttori stranieri boccia il Parco Archeologico del #Colosseo.31 Musei e Parchi in Italia vanno bene,il 32o no.. Impugneremo”.

Esulta la prima cittadina della Capitale, Virginia Raggi, che “cinguetta”: “Hanno vinto i cittadini. Bene TAR. Sconfitto tentativo governo. Roma resta di tutti”.

Il ricorso della Uil:

A fine aprile la Uil beni Culturali aveva presentato ricorso al Tar Lazio contro il nuovo assetto della Soprintendenza di Roma operato dal ministro Franceschini per creare il Parco archeologico autonomo del Colosseo e dei Fori imperiali: un’operazione definita “arbitraria, con gravi profili di illegittimità di merito e metodo, che frammenta la tutela del territorio della Capitale posto unitariamente sotto l’egida dell’Unesco e la depaupera della sua principale risorsa”.

Questi i punti principali del ricorso presentato dal sindacato:

“1 – il ricorso. La creazione del nuovo Parco è illegittima poiché la legge di Bilancio 2017, nella quale era stato inserito alla chetichella un apposito emendamento (comma 432), autorizza il ministro solo ad “adeguare le Soprintendenze (esistenti) agli standard museali internazionali” con un suo decreto e non a sopprimerle e istituire nuove entità di livello dirigenziale generale come il Parco, per la creazione delle quali occorre per legge un decreto del Presidente della Repubblica con i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari, che evidentemente il ministro voleva evitare”.

“Un metodo arbitrario ed opaco, tipico di altre operazioni ‘traumatiche’, effettuate dal ministro con fini pretestuosi molto dubbi a ‘colpi di mano’ inopinati, scoordinati tra loro e privi di una visione organica, pubblica e condivisa, su strutture già messe in crisi dalle precedenti riforme operate da pochi mesi”.

“Del tutto irregolare è anche la stranamente frettolosa nomina, in attesa dell’espletamento della selezione per il nuovo direttore, di un dirigente ad interim di un Parco ancora inesistente (non sono stati costituiti gli uffici e gli organi per farlo funzionare, compito che doveva ovviamente spettare alla Soprintendenza da cui provengono), effettuata in modo arbitrario, senza la dovuta selezione pubblica ed assegnata a una dirigente assai discussa che, come Soprintendente regionale del Lazio, si è vista sottrarre 5 milioni di euro dalle casse senza che se ne fosse accorta e alla quale adesso viene affidata la più importante cassa del Ministero dei Beni culturali.

Nasce il sospetto che ci sia molta fretta di portare avanti il bando affidato dal Ministero alla Consip per la ‘privatizzazione’ della vigilanza anche interna del Colosseo e dei Fori (in violazione del Codice dei beni culturali che la riserva al Ministero), che verrebbe affidata a una ditta specializzata e comporterebbe l’ingente spesa di 45 mln in due anni, contro la quale la UIL e gli altri Sindacati confederali hanno vivamente protestato, finora senza risposta”.

“2 – le motivazioni. La Soprintendenza Speciale di Roma perde la sua principale risorsa, l’80% delle entrate della bigliettazione del Colosseo, circa 60 mln. l’anno, che erano reinvestite sull’intera città e ora non spetteranno più alla Soprintendenza e andranno alla cassa centrale del Ministero. Il 30% di queste entrate che il ministro ha annunciato di voler riassegnare alla Soprintendenza sono una compensazione discrezionale di molto minor valore e del tutto incerto mantenimento nel futuro”.

“Il risultato è la frammentazione del territorio: il ricco Parco che copre appena 1,3 chilometri quadrati, per una fruizione redditizia e turistica da una parte e dall’altra la depauperata Soprintendenza, a cui rimangono i 1027 chilometri quadrati del prezioso territorio di Roma, bisognoso di tutela diffusa, ai quali sono sottratte le risorse necessarie”.

“3 – una riforma sbagliata. Oltre che impoverita, Roma viene burocratizzata e resa inefficiente: alla sottrazione delle risorse si aggiunge infatti la proliferazione delle direzioni e dei dirigenti, che prima delle riforme iniziate nel 2014 erano 3 soprintendenti di II fascia per le diverse materie su tutto il territorio e oggi sono diventati 10 a dividersi parchi, musei e zone in cui il territorio è stato frammentato, di cui 4 di I fascia e 6 di II fascia, con un esborso per l’erario quasi triplicato. Le riforme di Franceschini hanno d’altra parte prodotto un netto peggioramento dell’organizzazione complessiva del Ministero, che – come ora avviene a Roma – è rimasta dovunque depauperata delle risorse concentrate nei nuovi musei autonomi e direzioni regionali museali e continuano a creare gravi e irrisolti problemi di funzionamento e disagi al personale in quella che si profila come un’incessante fase ‘transitoria’, nella quale regna la confusione e l’incertezza.

Dato che i diversi dirigenti ancora non si sono divisi le competenze, gli uffici non sono stati ridefiniti e il Ministero non ha ancora fatto chiarezza in merito, lavoratori non sanno bene a chi devono rispondere e dove dovranno lavorare. Il decreto sul Parco raddoppia gli uffici e servizi di gestione fra i quali si deve dividere il personale esistente, senza assegnare nuove specifiche risorse umane necessarie per l’attivazione di quelli nuovi in un perverso gioco ‘a somma zero’ in cui nessuna delle due metà risultanti sarà più un tutto efficiente”.

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